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Questo sito tratta in maggior parte del Culto Tradizionale Romano.

Spesso si sente definire la Tradizione: “vecchio culto”, oppure “antica religione”,

il nome di questo spazio tende a sottolineare che il Culto degli Dèi, essendo Essi per definizione “Eterni, Impassibili e Immutabili” non può che essere tale.

Il Fuoco è quello interno in ognuno di noi, il Fuoco di Vesta, ma non solo quello fisico, il ponte cioè che permise a Roma di divenire un vero e proprio Santuario a cielo aperto, spento dal tiranno Teodosio nel 391, è soprattutto la nostra anima.

“Il Fuoco Eterno” si prefigge non solo di raccontare e divulgare la Tradizione dei Padri, ma anche la storia dei nostri Popoli e della nostra Nazione.


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venerdì 6 novembre 2020

Sukellos, il Dis Pater gallico

 

Letteralmente "Colui che ben colpisce", abbiamo riferimenti del Suo culto in tutte le gallie (transalpina, cisalpina) e finanche in Britannia e Spagna presso i celtiberi.

Signore dell'Antumnos, ha come attributi la pelle di lupo, il maglio che da la vita o la toglie, l'olla dell'abbondanza ed è spesso in compagnia di un cane, in modo molto simile a Plutone, o Dis Pater.



Egli infatti è il "Ricco Padre", il responsabile della ricchezza minerale della terra, che deriva dal Suo recipiente. Sukellos è un Dio bonario, è anche l'inventore delle botti di legno, per contenere il vino.

Il nostro vino infatti è di derivazione gallica cisalpina e provenzale, più puro di quello che era in uso presso i Romani che infatti abbandonarono in età imperiale.

Feste sfrenate si celebravano in Suo onore nelle luminose notti di Plenilunio nel folto delle foreste secondo Strabone.

Ma la Sua olla è anche il Calderone della rinascita dove le anime dei soldati finiscono dopo essere state "colpite" dalla mazza del Dis Pater gallico e da dove, come raffigurato nel calderone di Gundestrup, rinascono con un altro colpo di maglio a miglior esistenza, più nobile, come gaesati o cavalieri.



In questo senso come dice il Divo Giulio "i Galli discendono tutti da Dis Pater" .         
Numerose iscrizioni di soldati galli e successivamente delle legioni romane in Gallia pregano "Deo Sucellos" di essere loro propizio in battaglia. Pur non essendo una Divinità guerriera, evidentemente per il Suo potere decisivo di "battitore", di datore o privatore di vita e garante di una Rinascita, Colui che consegna i guerrieri al loro Fato.

Dopotutto anche presso i giochi gladiatori troviamo una figura rappresentante Dis Pater che, armato di martello, dava il colpo di grazia al combattente morente.

Il Calderone della Rinascita lo ritroviamo poi come Santo Graal arturiano.



Tutto ciò è molto più chiaro se equipariamo Sukellos alla Sua ipostasi irlandese più tarda: il Dagda. Anch'Egli possiede un calderone mai vuoto, un'arpa di legno di quercia che accorda le stagioni e una mazza che da un lato uccide dall'altro resuscita, ed è riconosciuto come il più autorevole tra i Tùata dé Dannan, Ollathair “il Padre di tutti” .


Un Dio dall'ampia sfera d'influenza, che ricorda un po' Gerione o Serapide, ha infatti funzioni indubbiamente infere, liminali, ma anche agresti e solari, un Sole ctonio però.

Sarà per questo che i Romani lo identificarono anche con Silvanus, il Dio delle selve date le feste in onore a Sukellos nei boschi, ma anche dei confini, tra ciò che è ordinato e civile e ciò che è selvaggio, sconosciuto, Selva-tico.. e quindi anche il confine tra la vita e la morte.


Il Dio col mazzuolo è spesso in compagnia di due figure femminili:

Nantosuelta è la più frequente: una Dea della  fertilità della terra, il fuoco occulto e la Signora del Fiume (dei fiumi datori di civiltà, abbondanza e vita appunto il Suo nome significa "fiume ventoso e sinuoso" oppure "valle assolata") dato che le sorgenti fuoriescono dalla terra gravida. Viene raffigurata, oltre che con una cesta o cornucopia, con un'asta con sopra una casa tipicamente gallica in quanto protettrice delle lustrazioni casalinghe, della famiglia, delle purificazioni e del fuoco dell'officiante casalingo, similmente alla Vesta romana in questo aspetto. Come simbolo ha anche il corvo, pare infatti che Nantosuelta potesse assumerne le sembianze e volare sui campi di battaglia o al sugellare di una nuova alleanza. La Morrigan irlandese, anch'Essa moglie del Dagda, non sarebbe altro che una Sua ipostasi successiva.

In alcuni rilievi inoltre la casetta sull'asta prende le sembianze di un alveare a celle. Le api nel simbolismo rappresentano le anime verso la generazione (alveare), ciò anche in Grecia, dove sono messaggere di Demetra o hanno a che fare con una forma ctonia di Zeus.



Conferma ulteriormente il carattere, proprio di Nantosuelta, di Dea della fertilità ma anche dell'aldilà, se quella casa sull'asta la interpretiamo come una “casa” per le anime.

La “valle luminosa” del Suo nome potrebbe essere un eufemismo riguardante i Campi Elisi, riposo per le anime giuste. 

Ricorda inoltre la Dea Freya, custode del Folkvangr, il campo dove la parte di anime dei guerrieri deceduti destinata a Lei (l'altra metà a Wodan) trova ristoro, una valle assolata.



La seconda sposa del Dis Pater gallico è Aerecura, adorata fino in Umbria in tempi arcaici e poi in Cisalpina fino alla Germania meridionale e Francia. Suoi monumenti e rilievi si trovano quasi sempre nei pressi di cimiteri, ed è spesso raffigurata insieme a Dis Pater, seduta con una cesta ricolma dei beni della terra. Legata a un altro degli aspetti che saranno poi della successiva Morrigan cioè alle profezie, al fato dei guerrieri in battaglia. Il Suo nome ha a che fare con le "schiere dei vinti", cosa che la porterebbe a identificarsi come una sorta di Freya infera.

La Sua presenza a fianco del Dispater gallico è complementare a quella di Nantosuelta con Sucellos.




Gianluca Vannucci



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