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Questo sito tratta in maggior parte del Culto Tradizionale Romano.

Spesso si sente definire la Tradizione: “vecchio culto”, oppure “antica religione”,

il nome di questo spazio tende a sottolineare che il Culto degli Dèi, essendo Essi per definizione “Eterni, Impassibili e Immutabili” non può che essere tale.

Il Fuoco è quello interno in ognuno di noi, il Fuoco di Vesta, ma non solo quello fisico, il ponte cioè che permise a Roma di divenire un vero e proprio Santuario a cielo aperto, spento dal tiranno Teodosio nel 391, è soprattutto la nostra anima.

“Il Fuoco Eterno” si prefigge non solo di raccontare e divulgare la Tradizione dei Padri, ma anche la storia dei nostri Popoli e della nostra Nazione.


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mercoledì 13 marzo 2024

Quinto Fabio Massimo esempio di Virtus, Pietas e Gravitas

Quinto Fabio Massimo - STORIE ROMANE

Quinto Fabio Massimo, fu un patrizio appartenente alla nobile gens Fabia che divenne meglio noto col soprannome di Cunctator, ovvero "Temporeggiatore", per la sua tattica di guerra contro la potenza cartaginese.

Analizziamo meglio la sua storia per comprenderne l'esempio di Virtus.

Temprato da numerosi successi sui Liguri (nel 233 a.e.v.) che gli permisero di dedicare un tempio ad Honos et Virtus, dalla nomina a dictator nel 221 a.e.v. fu quindi inviato come ambasciatore presso i Cartaginesi nel 219 a.e.v. e divenne dapprima noto per il suo discorso al senato cittadino nel quale chiese ai Punici:

«Qui noi portiamo guerra e pace, scegliete voi quale delle due volete.»

(Livio, XXI, 18.13.) 


durante il viaggio di ritorno verso Roma non trovarono poi nessun popolo in Spagna e Gallia disposto ad aiutare i quiriti contro la potenza cartaginese quindi assunse, dopo la disfatta del Trasimeno nel 217 a.e.v. - 536 A.U.C. la dittatura.


Divenne ben presto esempio di saggezza e Gravitas in quanto decise astutamente vista la sbaragliante potenza di Annibale di non affrontare le truppe puniche apertamente ma di sfiancarle attraverso imboscate.


Una scelta che lì per lì costò molte critiche al Temporeggiatore da parte dei suoi detrattori.


Fu persino sospettato di voler prolungare la guerra di cui avrebbe potuto mantenere il comando, di viltà, di inettitudine e perfino di tradimento, quando Annibale incendiò i terreni circostanti, risparmiando i poderi di Fabio, per far cadere su di lui il sospetto e sebbene, dopo, lo stesso dittatore romano avesse donato i prodotti dei suoi possedimenti per riscattare alcuni prigionieri romani. Solo il grande Generale cartaginese paradossalmente apprezzò il comportamento di Fabio.


Quinto Fabio Massimo, da vero Vir Romanus, non si curò delle critiche della plebe e dei suoi oppositori, poiché conscio che quel suo agire stava salvando la Res Publica. Come ebbe poi da dire Ennio infatti "qui cunctando restituit rem" ("temporeggiando ripristinò lo Stato")

Perseverò quindi nella sua strategia e al contempo offrì solennemente aGli Dèi quasi come un redivivo Numa Pompilio.


Per non infiammare ulteriormente gli animi dell'Urbe inoltre Fabio aspettò la cessazione della dittatura di sei mesi nonostante la minaccia di Annibale fosse ancora concreta.

L'anno successivo infatti fu eletto Pontefice (era già membro del collegio augurale, carica che ricoprì per 62 anni) e si occupò del mantenimento del tempio di Venere Ericina.


Fabio divenne poi console per la quinta volta nel 209 a.e.v. e gli venne conferito il titolo di Princeps senatus, e durante il consolato inflisse un duro colpo ad Annibale riconquistando Taranto.


Quandò morì non riuscendo ad assistere alla fine della guerra, nonostante fosse benestante il popolo quirita assunse le spese funebri appellandolo quale "Pater" e "Magnus Dictator".


Nella sua vicenda umana possiamo quindi individuare l'esempio di come dovrebbe comportarsi un vero Vir romano, oltre che la Pietas nei confronti della Patria e deGli Dèi nonché la Gravitas nell'agire senza farsi prendere da istinti e tracotanza.


“Un solo uomo ha risollevato le sorti della Patria col prendere tempo, anteponendo la salvezza di lei a ogni calunnia. Ecco  perché la gloria di questo grande risplende sempre più nel tempo.” 

(Cicerone – De Senectute)  


Gianluca Vannucci 

lunedì 8 maggio 2023

Atto Navio

 Atto Navio, augure durante il regno di Tarquinio Prisco, grazie alla sua fama di esperto nell'arte etrusca, fu convocato dal Re in quanto Egli voleva raddoppiare il numero degli Equites.

A questo poposito occorre ricordare che la classe dell'ordine equestre fu formata e suddivisa da Romolo in 3 centurie (quindi 300 unità) una per ognuna delle Gens originarie: Ramnes, Tities e Luceres.

Tarquinio Prisco, ottenuto il favore di corte propose di aggiungerne altre 3 col Suo nome e altre due col nome dei Suoi sostenitori. Ma poiché il Divino Romolo aveva posto sotto la tutela degli aruspici l'ordine equestre nessuna modifica poteva essere fatta senza il loro consenso.

Alla richiesta Navio rispose: "non è lecito cambiare o rinnovare l'ordinamento di Romolo ,perché ogni cosa è stata da lui sancita attraverso un Augurium è per volere divino, per mutare qualcosa è necessario interrogare di nuovo gli Dei ed osservare se il volo degli uccelli concede il permesso".

Il Re, per mettere alla prova a validità della scienza augurale, chiese allora a Navio di consultare gli auspici per capire se ciò che aveva in mente il Re potesse essere fatto.

Alla risposta positiva dell'augure Tarquinio Prisco fece portare una pietra e un rasoio chiedendo a Navio di tagliarla allora, poiché stava pensando a questo.

Preso il rasoio Atto Navio senza indugi tagliò in due parti la pietra. Tarquinio Prisco dovette chiamare le centurie Ramnes, Tities e Luceres posteriores, inoltre fece erigere una statua nel Comizio del Senato in onore dell'augure, dietro la quale fu conservata la pietra tagliata.

Atto Navio ci è esempio di come la Pietas, unita alla Fides siano valori imprescindibili e che, nel pieno esercizio di queste Virtù non possiamo essere nel torto.

Tarquinio Prisco consulta Atto Nevio, Sebastiano Ricci, 1690



Gianluca Vannucci



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