domenica 2 ottobre 2022

Il Tempio Gentile Malatestiano



Forte di diversi successi: militari, familiari nonché economici, allo scoccare dei 30 anni Sigismondo Pandolfo, coadiuvato dagli intellettuali che lo circondavano a corte,

probabilmente anche dal maestro Pletone e soprattutto dalla compagna, vero e unico amore della sua vita, pensò di dar vita al più grande progetto di restaurazione del culto Gentile in Italia.

Al fine di sciogliere un voto riguardante “i moltissimi e gravissimi pericoli scampati e le vittorie riportate nella guerra italica” riferendosi probabilmente alle campagne di Toscana conclusesi col trionfo fiorentino, nel 1447 commissionò dei lavori nell'allora chiesa di San Francesco, da più di un secolo sede dei sepolcri della famiglia Malatesta.

Essa era un edificio duecentesco ormai diroccato e decadente, nel IX secolo era chiesa di Santa Maria in Trivio (probabilmente un vecchio tempio romano dedicato a Diana Trivia) fu poi ristrutturato nel 1257 dai francescani in modo spartano e semplice.

Il primo intento fu quello di costruire una cappella a San Sigismondo, suo santo protettore

come dimora delle spoglie di Pandolfo Malatesta e nel 1447 ottenne autorizzazione papale per costruire all'interno della chiesa un'ulteriore cappella sepolcrale per Isotta.

La posa solenne della prima pietra avvenne il 31 ottobre 1447.

I migliori artisti e architetti dell'epoca furono chiamati dal Signore di Rimini, che ora come priorità dopo le tante battaglie pareva solo aver la realizzazione di questo progetto: il futuro Tempio Malatestiano.

La realizzazione dell'esterno fu affidata a Leon Battista Alberti e doveva essere nelle forme simile alle costruzioni romane, prendendo spunto quindi dall'Arco costruito dal Divo Augusto, che Sigismondo ammirava e in cui onore fece battere moneta commemorativa proprio in quegli anni.

L'involucro in marmo che ricopre la vecchia chiesa agisce come un cappotto e l'effetto dell'opera incompiuta che lascia trapelare la cima della chiesetta antica riassume involontariamente la storia del Rinascimento, strozzato dalla reazione oscurantista ecclesiastica quindi rimasto purtroppo incompiuto negli intenti di rinascita culturale e religiosa.


Il progetto non è un mero restauro della vecchia chiesetta di San Francesco, cancellata totalmente dal progetto dell'Alberti e nemmeno, come dissero le calunnie successive, di pura vanagloria personale.

Non sarebbe possibile ciò a dimostrazione del fatto che agli artisti fu da Pandolfo vietato firmarsi.

Bensì l'idea di ricostruire l'antico Pantheon presente in epoca romana e almeno fino al VI secolo ai tempi della dominazione giustinianea nella città, poco distante proprio dal Tempio.

Infatti ad opera compiuta sarebbe risultato dotato di una cupola con foro in modo identico a quello del Pantheon, come mostra una moneta celebrativa dell'opera.

In esso si nota, dall'ingresso fino al cammino, purtroppo incompiuto, tra le 6 cappelle originali malatestiane, un raffinato percorso iniziatico, incomprensibile ai più.

Tutto è disseminato di simboli e figure allegoriche, oltre che esplicite, di Deità.

Dalla ricorrenza degli elefanti, simbolo della stirpe malatestiana, alle lettere SI, che sono certamente le iniziali di Sigismondo ma la I ricorda un bastone e la S un serpente

formando il bastone di Esculapio, inoltre le lettere, ossessivamente ripetute a coppie SI formano Isis, davvero esplicativo.


Descrivendo l'interno del Tempio “dedicato al Dio Immortale” dall'ingresso la prima cappella a destra è quella dedicata a San Sigismondo, inteso come il Genio di Sigismondo Pandolfo Malatesta (e infatti troviamo il suo sepolcro personale nella stessa) detta anche cappella delle Virtù. 

Sono infatti, oltre alla statua di San Sigismondo sorretto da due elefanti al centro, rappresentate magistralmente da Agostino di Duccio le varie Virtù eccetto la Giustizia, infatti secondo Platone esse sono la base, necessarie all'uomo pio (e quindi anche all'iniziato) soprattutto se principe e sommando le 3 Saggezza, Coraggio e Temperanza;  padroneggiandole si può raggiungere alla suprema Virtù: la Giustizia, degna del governante (o dell'uomo) giusto.

Vengono altresì aggiunte le cristiane Speranza, Fede, Carità e Prudenza.

Cappella delle Virtù

Nello spazio tra la prima e seconda cappella vi è la celletta delle reliquie, il penus del Tempio sovrastato dalla raffigurazione della virtù della Fortezza, cui Sigismondo era molto legato.

In origine vi era l'uscita laterale della chiesetta di San Francesco, venne realizzata per custodire come i pignora fatali, gli oggetti più sacri e preziosi della città.

Al suo interno troviamo anche il famoso affresco di Piero della Francesca, “Sigismondo in preghiera davanti a San Sigismondo” l'interpretazione ufficiale riporta il San Sigismondo raffigurato come in realtà l'Imperatore Sigismondo del SRI, che conferì il titolo di cavaliere a Sigismondo Pandolfo Malatesta, ma la particolare raffigurazione del santo ovvero globo

e scettro farebbe pensare alla rappresentazione di Dio Padre e il Signore di Rimini al Suo cospetto accompagnato dal suo Genio: il cane bianco-nero. Oppure, ma questa è una mia interpretazione, Sigismondo Pandolfo iniziato davanti al suo maestro: Gemisto Pletone.

Proseguendo, la seconda cappella è quella degli Angeli, ove riposa Isotta degli Atti, sul cui sepolcro, sorretto da elefantini bianchi è inciso “tempus loquendi tempus tacendi” la dedica "Diva Isotta" e la data del 1450, che è puramente simbolica in quanto essa morì nel 1478.

Al centro della cappella poi vi è una statua di San Michele Arcangelo e nelle colonne vari angeli che suonano trombe e portano stemmi.

Cappella degli Angeli

Il numero 1450 è ripetuto quasi ossessivamente all'interno del Tempio e nelle medaglie

fatte coniare dal Sigismondo. Oltre alla data in cui avrebbe dovuto essere completato il

Tempio esso cela un altro significato.

1450 è una cifra infatti progressiva, ovvero ogni numero che la compone è superiore al

precedente, fino allo 0, che rappresenta il concetto di vuoto ma anche pieno.

Sommando ogni numero che compone la cifra 1450 si arriva a 10, la sacra Decade

pitagorica.


La terza cappella, l'ultima di destra, è quella più spettacolare ed enigmatica ovvero la

cosiddetta cappella dello Zodiaco. Qui infatti sono raffigurati magistralmente grazie al Di

Duccio nelle colonne (e in modo esplicito) diverse Divinità romane.

Troviamo ad esempio nella colonna di sinistra alla base il segno del Cancro, che domina la

città di Rimini, segno di Pandolfo quindi del protettore della città nonché sovrano, a fianco

La Dea Luna e ancora gli effetti della Luna sulla Terra, raffigurante un uomo in balia delle

acque.

Troviamo poi Mercurio, Venere e a destra Giove con l'aquila, Saturno con la falce e Marte

con a fianco nei rilievi i vari segni dello zodiaco governati dagli Stessi.

Solo il Sole col Leone sono nel punto centrale, in alto, dell'arcata.

In modo molto curioso Provvidenza ha voluto poi che in epoca moderna, dopo che l'antica cattedrale di S. Colomba, sede vescovile, fu abbattuta nel 1815 da un privato sotto il governo napoleonico, un rilievo bronzeo proprio di Santa Colomba (identificata con lo Spirito Santo, quindi l'Anima Mundi) fosse posto proprio al centro di questa cappella.

Cappella dello Zodiaco

Iuppiter
     
Saturnus
Mercurius
 
       
Santa Colomba

Veniamo ora alle cappelle di sinistra, con quella delLe Muse, ove sono raffigurati in vari

rilievi Apollo e Le Muse che rappresentano le arti umane.

A mio avviso al centro di questa cappella sarebbe potuto trovarsi la statua di Orfeo, magari una simile a quella romana ritrovata negli scavi della domus del chirurgo greco Eutyche. Oggi purtroppo dedicata dal vescovo locale a san Giuseppe, che però ha una insolita posa. 

Cappella delLe Muse

Apollo

Vi è poi la cosiddetta cappella dei giochi infantili, coi sepolcri delle due prime mogli del

Malatesta: Ginevra d'Este e Polissena Sforza, con rilievi di piccoli Genii che giocano.

Oggi al centro campeggia una pacchiana statua di Gaudenzo, il patrono della diocesi.

Cappella dei giochi infantili

Infine la prima cappella a sinistra, quella degli Antenati. Qui riposano tutti gli antenati

Malatesta, accolti insieme in un unico sarcofago funebre ove campeggiano, oltre ai rilievi

di Sigismondo Pandolfo anche quello del trionfo di Publio Cornelio Scipione, da cui la

famiglia Malatesta riteneva di discendere e di cui Pandolfo si riteneva personalmente la reincarnazione, nonché il trionfo della saggezza con Minerva tra le colonne di un tempio, probabilmente quello antico riminese dedicato alLa Dea.

Il recinto di questa cappella è ornato da una notevole quantità di Genietti e dalla

ripetizione delle lettere SI, che oltre ad essere le iniziali di Sigismondo (ma anche di

Sigismondo e Isotta) ricorda per la forma della S il bastone di Esculapio, e ripetuta a

gruppi di due forma “Isis”.

Curioso dato che al centro di questa cappella vi è la statua della Madonna della pietà, meglio nota al popolo riminese come Madonna dell'acqua poiché invocata e portata in processione nei

momenti di siccità e tale venne ritenuta sempre sia dal clero locale che dalla popolazione

tanto che nel 1584 in occasione di una tremenda siccità diverse persone cominciarono a

raccomandarsi e a portare degli ex-voto presso la statua e poco dopo avvenne una pioggia

leggera e fluente riportando serenità e benessere. Lo stesso miracolo si ripetè nel 1620 e da

allora fu profondamente venerata. L'idolo consiste in una statua in alabastro del 1400

raffigurante una Madonna della Pietà col Cristo e una mandorla mistica raffigurata alla

base del dado, posta sin da subito da Pandolfo in questa cappella.

Per le sue caratteristiche, simboliche e cultuali nonché per il curioso ripetersi del simbolo

SI anche in prossimità (Malatesta non faceva le cose a caso) appare evidente come dietro

questa Madonna dell'Acqua si celi la Dea Iside, il cui culto a Rimini ebbe diffusione già

dal II secolo e che doveva avere culto proprio qui, il Cristo morto è facilmente

interpretabile poi con Osiride.

La cappella poi è detta anche delle Sibille poiché è contornata dai rilievi di dieci Sibille, da

quella Cumana a quella Delfica nonché da due profeti biblici dall'oscuro significato: Michea e

Isaia.

Cappella degli Antenati

Madonna dell'acqua


Sembrava procedere bene per Sigismondo Pandolfo, il pontefice umanista Nicolò V gli

aveva concesso il benestare nel 1450, compiaciuto dell'opera, riconfermandogli vicariato e

successione dei figli ricevendolo con onore.

Nel 1456 sposò sontuosamente Isotta coronando il loro sogno di matrimonio non

traendone alcun vantaggio politico. [continua...]


Gianluca Vannucci

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