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Questo sito tratta in maggior parte del Culto Tradizionale Romano.

Spesso si sente definire la Tradizione: “vecchio culto”, oppure “antica religione”,

il nome di questo spazio tende a sottolineare che il Culto degli Dèi, essendo Essi per definizione “Eterni, Impassibili e Immutabili” non può che essere tale.

Il Fuoco è quello interno in ognuno di noi, il Fuoco di Vesta, ma non solo quello fisico, il ponte cioè che permise a Roma di divenire un vero e proprio Santuario a cielo aperto, spento dal tiranno Teodosio nel 391, è soprattutto la nostra anima.

“Il Fuoco Eterno” si prefigge non solo di raccontare e divulgare la Tradizione dei Padri, ma anche la storia dei nostri Popoli e della nostra Nazione.


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sabato 9 dicembre 2023

Decreti Teodosiani, post archivio


Il 27 febbraio 380 e.v. - 1133 A.U.C. viene emanato il famigerato Editto di Tessalonica dagli imperatori profani Graziano e Teodosio consigliati dalle eminenze grigie vescovo di Milano Ambrogio, papa Damaso e il patriarca di Alessandria Pietro II (elogiati all'interno dell'editto stesso).È il primo documento che sancisce de facto una teocrazia, la prima della storia, in quanto l'unica ammessa all'interno dell'Impero è la religione cristiana ortodossa (nella forma cioè decisa nel concilio di Nicea) e addita come stupidi e pazzi chi non la segue ciecamente, negando anche di poter essere cittadini dell'Impero indipendentemente dal luogo di nascita o dalla propria discendenza.Si parla anche di imperatori profani perché Graziano poco tempo prima rifiutò il titolo di Pontefice Massimo, perdendo ogni autorità sacrale e ponendosi al di fuori dello Ius, nonché negò i finanziamenti statali al Culto pubblico romano.È il preciso spartiacque che segna la storia, da questo momento iniziarono ad essere autorizzate bande armate di vescovi, monaci, funzionari o anche semplici cittadini cristiani a compiere violenza nei confronti di Gentili, statue o templi. Riporto il testo dell'Editto:«GLI IMPERATORI GRAZIANO, VALENTINIANO E TEODOSIO AUGUSTI. EDITTO AL POPOLO DELLA CITTÀ DI COSTANTINOPOLI.Vogliamo che tutti i popoli che ci degniamo di tenere sotto il nostro dominio seguano la religione che san Pietro apostolo ha insegnato ai Romani, oggi professata dal Pontefice Damaso e da Pietro, vescovo di Alessandria, uomo di santità apostolica; cioè che, conformemente all'insegnamento apostolico e alla dottrina evangelica, si creda nell’unica divinità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo in tre persone uguali. Chi segue questa norma sarà chiamato cristiano cattolico, gli altri invece saranno considerati stolti eretici; alle loro riunioni non attribuiremo il nome di chiesa. Costoro saranno condannati anzitutto dal castigo divino, poi dalla nostra autorità, che ci viene dal Giudice Celeste.DATO IN TESSALONICA NEL TERZO GIORNO DALLE CALENDE DI MARZO, NEL CONSOLATO QUINTO DI GRAZIANO AUGUSTO E PRIMO DI TEODOSIO AUGUSTO»(Codice teodosiano, XVI.1.2)Dal 380 al 391 poi ci furono tentativi di far desistere Graziano prima (il senatore Simmaco provò a chiedere di riposizionare l'Ara della Vittoria in Curia a Graziano ma Ambrogio negò qualsiasi apertura) che infine venne eliminato da Magno Massimo, aspirante imperatore e mediatore tra le due componenti, e poi Teodosio che tuttavia non desistette e anzi vedendo che l'editto non fu abbastanza efficace e scarsamente rispettato promulgò i tremendi decreti attuativi teodosiani a partire dal 391 (di cui abbiamo già parlato) che insanguinarono l'impero innescando convulsioni che portarono alla fine di lì a poco.


 

Il 24 febbraio del 391 e.v. - 1114 A.U.C. si da inizio alla pagina più nefasta dell'Impero (ne avrebbe procurato di lì a poco la caduta) e, a mio parere, della storia umana. Viene infatti promulgato dall'imperatore profano Teodosio il primo dei 4 cosiddetti decreti teodosiani.Una serie di norme atte a mettere in pratica quanto affermato dall'editto di Tessalonica del 380, che definitiva "stupidi e pazzi" chi non seguiva i dogmi della chiesa e puniva con la morte chi rifiutasse di convertirsi alla religione cristiana.Infatti il tiranno e le sue eminenze grigie notarono che l'editto non ebbe molto seguito spontaneo e perfino molti magistrati erano restii ad applicare le norme che bandivano il Culto dei Padri sia esso ellenico, italico-romano o qualunque altro.Dal 382 l'imperatore profano d'Occidente Graziano aveva ritirato i fondi statali alla Religione Romana pubblica ma i Senatori avevano continuato a finanziarla di tasca loro acquisendo i terreni dei templi in alcuni casi.Vennero così emanati una serie di decreti attuativi il primo dei quali è il cosiddetto"Nemo se hostiis polluat"Di cui riporto l'abominevole testo:«L'Augusto Imperatore (Teodosio) ad Albino, prefetto del pretorio.Nessuno violi la propria purezza con riti sacrificali, nessuno immoli vittime innocenti, nessuno si avvicini ai santuari, entri nei templi e volga lo sguardo alle statue scolpite da mano mortale perché non si renda meritevole di sanzioni divine ed umane. Questo decreto moderi anche i giudici, in modo che, se qualcuno dedito a un rito profano entra nel tempio di qualche località, mentre è in viaggio o nella sua stessa città, con l'intenzione di pregare, venga questi costretto a pagare immediatamente 15 libbre d'oro e tale pena non venga estinta se non si trova innanzi a un giudice e consegna tale somma subito con pubblica attestazione. Vigilino sull'esecuzione di tale norma, con egual esito, i sei governatori consolari, i quattro presidi e i loro subalterni.Milano, in data VI calende di marzo sotto il consolato di Taziano e Simmaco.»Codice teodosiano, XVI 10.10Molto probabilmente in quello stesso giorno sotto ordine dell'empio Teodosio venne spento per sempre il Sacro Fuoco di Vesta che, acceso ininterrottamente dalle Vestali dalla Fondazione rendeva l'Urbe un gigantesco santuario a cielo aperto e ponte di collegamento spirituale con Gli Dèi.Per questo motivo è stata scelta questa data per commemorare il Giorno Pagano della Memoria.Lungi dal piangersi addosso è utile ricordare il genocidio programmato che seguì questi decreti e il crimine immondo commesso nei confronti dei nostri Padri e il loro culto.Immmensi templi furono rasi al suolo, statue vandalizzate con croci e migliaia di persone uccise ree di seguire il culto degli antenati piuttosto che un hyksos o l'imperatore profano.Il mondo precipitò in una spirale di ignoranza buia dimenticando gli antenati, l'arte, la filosofia e il senso stesso dell'esistenza.Ma non tutto andò perduto. Vi sono prove infatti che la fiamma dei Lari fu tenuta segretamente accesa da alcune persone e che questa, sotterraneamente insieme al culto tradizionale sopravvisse per riemergere ogni tanto nel corso della storia fino alla riaccensione rituale del Fuoco, avvenuta negli anni '70 (e non solo poco fa come qualcuno da ad intendere) e tenuta nascosta nei recessi appenninici.Siamo qui, in piedi fra le rovine.

 

Teodosio

 

L'11 maggio (data solarmente emblematica dato che era il secondo giorno di Lemuria nel calendario arcaico romano...) 391 Teodosio emana, dopo il Nemo se hostiis pulluat, il secondo decreto teodosiano
Dopo aver dichiarato religione unica di stato il cristianesimo niceano il secondo decreto teodosiano tende ad entrare nel privato dei cittadini, punendoli qualora dovessero ricadere, dopo il battesimo quindi la formalità cristiana, nel ritorno al paganesimo e ne stabilisce le pene che sono tremende, vanno dall'esclusione dalla società civile dell'epoca, all'impossibilità per i non cristiani di fare testamento o ereditare, col risultato che molte di queste proprietà finirono nelle mani della Chiesa, sempre più società parallela allo Stato simile a ciò che è attualmente.
Il testo del decreto è il seguente:
«Gli augusti imperatori Valentiniano II, Teodosio e Arcadio a Flaviano, prefetto del pretorio.Coloro che hanno tradito la santa fede [cristiana] e hanno profanato il santo battesimo, siano banditi dalla comune società: dalla testimonianza [in tribunale] siano esentati, e come già abbiamo sancito non abbiano parte nei testamenti, non ereditino nulla, da nessuno siano indicati come eredi. Coloro ai quali era stato comandato di andarsene lontano ed essere esiliati per lungo tempo, se non sono stati visti versare un compenso maggiore tra gli uomini, anche dell'intercessione degli uomini siano privati.Se casomai nello stato precedente [il paganesimo] ritornano [i neo-convertiti], non sia cancellata la vergogna dei costumi con la penitenza, né sia riservata loro alcuna particolare protezione di difesa o di riparo, poiché certamente coloro i quali contaminarono la fede, con la quale Dio hanno riconosciuto, e orgogliosamente trasformarono i divini misteri in cose profane, non possono conservare le cose che sono immaginarie e a proprio comodo. Ai lapsi ed anche ai girovaghi, certamente perduti, in quanto profanatori del santo battesimo, non si viene in soccorso con alcun rimedio di penitenza, alla quale si ricorre ed è solita giovare negli altri peccati.
A Concordia, in data V idi di maggio sotto il consolato di Taziano e Simmaco»(Codice Teodosiano, XVI.7.4)

 

busto di Teodosio

 

Il 16 giugno 391 Teodosio emana il terzo dei suoi quattro famigerati decreti, che sostanzialmente ribadisce il divieto di entrare nei templi o anche solo guardarli e avvicinarsi, segno oltre della sua possessione da parte della larva hyksos del fatto che la popolazione continuasse a farlo infischiandosene.

Stabilisce inoltre le pene per i giudici che chiudono un occhio su queste assurde leggi.

15 libbre d'oro erano una somma veramente spropositata (parimenti a 250mila euro circa o forse più) e vi lascio immaginare cosa succedeva se non pagavi durante la tirannia di Teodosio.

Insomma il Mos Maiorum è "scomparso da solo" per dirla come certi, senza contare che col decreto successivo se avessi guardato un tempio o acceso un lume ti avrebbero ammazzato. Così.

 

«L'Augusto Imperatore (Teodosio) al prefetto Evagrio e a Romano conte d'Egitto. A nessuno sia accordata facoltà di compiere riti sacrificali, nessuno si aggiri attorno ai templi, nessuno volga lo sguardo verso i santuari. Si identifichino, in particolar modo, quegli ingressi profani che rimangono chiusi in ostacolo alla nostra legge così che, se qualcosa incita chicchessia ad infrangere tali divieti riguardanti gli dèi e le cose sacre, riconosca il trasgressore di doversi spogliare di alcuna indulgenza. Anche il giudice, se durante l'esercizio della sua carica ha fatto ingresso come sacrilego trasgressore in quei luoghi corrotti confidando nei privilegi che derivano dalla sua posizione, sia costretto a versare nelle nostre casse una somma pari a 15 libbre d'oro a meno che non abbia ovviato alla sua colpa una volta riunitesi le truppe militari.

 

Aquileia, in data XVI calende di luglio, sotto il consolato di Taziano e Simmaco.»

(Codice Teodosiano, XVI.10.11)

 

 

 

In uno dei giorni più nefasti dell'anno per i Gentili Romani, si apre infatti la fossa del Mundus per la terza volta, e si entra nella parte più oscura e caotica dell'anno, Teodosio emana l'8 novembre 392 il suo quarto e più tremendo decreto, che trasformò il mondo come lo conosciamo oggi, oscuro e adharmico il "Gentilicia constiterit superstitione". Ora anche accendere una semplice candela ai Lari familiari, ai Penati e ai Genii, quindi culto privato, comportava la perdita dei diritti civili ed era prevista anche la pena di morte per lesa maestà del tiranno. Le case in cui avessero avuto luogo tali cerimonie erano confiscate e pene pecuniarie considerevoli erano fissate (25-30 libbre auree) per i decurioni che non avessero fatto osservare il decreto.Di seguito il testo del decreto, fuoriuscito dalla mente di persone malate e larvate nonché telecomandate."Gli augusti imperatori Teodosio, Arcadio e Onorio a Rufino prefetto del pretorio.Nessuno, di qualunque genere, ordine, classe o posizione sociale o ruolo onorifico, sia di nascita nobile sia di condizione umile, in alcun luogo per quanto lontano, in nessuna città scolpisca simulacri mancanti di sensazioni o offra (alcuna) vittima innocente (agli Dèi) o bruci segretamente un sacrificio ai Lari, ai Geni, ai Penati, accenda fuochi, offra incensi, apponga corone (a questi idoli). Poiché se si ascolterà che qualcuna avrà immolato una vittima sacrificale o avrà consultato viscere, sia accusato di reato di lesa maestà e accolga la sentenza competente, benché non abbia cercato nulla contro il principio della salvezza o contro la sua salvezza. È sufficiente infatti per l’accusa di crimine il volere contrastare la stessa legge, perseguire le azioni illecite, manifestare le cose occulte, tentare di fare le cose interdette, cercare una salvezza diversa da quella cristiana, promettere una speranza diversa.Se qualcuno poi ha venerato opere mortali e simulacri mondani con incenso e, ridicolo esempio, teme anche coloro che essi rappresentano, o ha incoronato alberi con fasce, o eretto altari con zolle scavate alle vane immagini, più umilmente è possibile un castigo di multa: ha tentato una ingiuria alla piena religione (cristiana), è reo di violata religione. Sia multato nelle cose di casa o nel possesso, essendosi reso servo della superstizione pagana. Tutti i luoghi poi nei quali siano stati offerti sacrifici d’incenso, se il fatto viene comprovato, siano associati al nostro fisco. Se poi in templi e luoghi di culto pubblici o in edifici rurali qualcuno cerca di sacrificare ai Geni, se il padrone di casa non ne è a conoscenza, 25 libbre di oro di multa si propone di infliggere (al sacrificante), è bene poi essere indulgenti verso lui (il padrone) e la pena trattenere.Poiché poi vogliamo custodire l’integrità di giudici o difensori e ufficiali delle varie città, siano subito denunciati coloro scoperti (negligenti), quelli accusati siano puniti. Se questi infatti sono creduti nascondenti favori o negligenze, saranno sotto giudizio. Coloro poi che assolvono (gli accusati di idolatria) con finzione, saranno multati di 30 libbre di oro, sottostando anche agli obblighi che derivano da un loro simile comportamento dannoso.Costantinopoli, in data VI idi di novembre, sotto il consolato di Arcadio e Rufino".(Codice Teodosiano, XVI.10.12)


Gianluca Vannucci


Teodosio nel Tartaro, mia creazione ©




sabato 2 dicembre 2023

Ambrogio: l'eminenza grigia dietro il golpe che trasformò l'Impero Romano

Ambrogio è forse la personalità più importante della chiesa del IV secolo, secolo nel quale di fatto prese forma appoggiata prima dalla legalità di Costantino e successivamente da una rapida ascesa.

Venerato come santo e dottore della chiesa da tutte le chiese il giorno del 7 dicembre, fu anche scrittore, pensatore, vescovo di Milano ma soprattutto direi colui che diede il colpo di grazia definitivo al mondo antico e ci fece sprofondare nell’oscurità.


In questo articolo infatti mi dedicherò a sviscerare la storia e la biografia di Ambrogio, vera e propria eminenza grigia dietro i fatti che colpirono l’Impero sul finire del IV secolo e che influirono sulla storia mondiale, ovvero la fine del culto pubblico Gentile e i decreti teodosiani, insomma il golpe teocratico che trasformò l’Impero Romano da stato di diritto e faro di civiltà, emanazione del Logos sulla Terra in un’oscura teocrazia tirannica e senza diritti per chi non fosse stato cristiano niceano(cattolico).


Andando con ordine, Ambrogio innanzitutto nacque a Treviri, importante città della Gallia Belgica attualmente in Germania circa nel 340 da un’importante famiglia senatoriale romana appartenente alla gens Aurelia, il padre infatti era prefetto del pretorio.

La famiglia di Ambrogio tuttavia era già da generazioni convertita al cristianesimo pare.

Dopo una brillantissima carriera nell’amministrazione pubblica si cimentò nel placare i contrasti tra le correnti cristiane dell’epoca, ariana e cattolica/niceana fino a che per acclamazione popolare nel 374 divenne vescovo di Milano.

Inizialmente restio, infatti di teologia non sapeva assolutamente nulla e non era nemmeno battezzato fu presto convinto dai cattolici milanesi e venne battezzato proprio il 7 dicembre 374, giorno in cui divenne vescovo.



mosaico del giovane Ambrogio

Ottenuta la carica Ambrogio iniziò presto la sua opera di cristianizzazione della città che divenne in breve tempo la più cristiana d’Italia.

Ad un solo anno dalla sua nomina a vescovo infatti l’Imperatore Valentiniano morì e venne divinizzato. Assunse la porpora d’Occidente a soli 16 anni Graziano, suo figlio, che ebbe come precettore proprio Ambrogio. 

Due anni dopo anche l’imperatore d’oriente Valente morì nella disfatta di Adrianopoli e Graziano nominò suo collega orientale Teodosio nel 379.

Approfittando di una malattia di Teodosio Ambrogio loscamentente gli propose la guarigione in cambio del battesimo, il neo-imperatore profano accetta e da allora sarà anch’esso argilla nelle sue mani.


Fu in questo momento che Ambrogio ebbe la strada spianata, non essendoci più né Valentiniano né Valente. Pur essendo cristiani infatti l’uno era poco incline alla manipolazione ed emanò perfino un editto che vietava ai membri del clero di circuire fanciulle e vedove, come era prassi al fine di ottenere cospicue eredità a beneficio della chiesa, mentre Valente era ariano.

Probabilmente si insinuò nella mente di Ambrogio e anche delle altre élite ecclesiastiche dell’epoca il timore della perdita di privilegi, era del resto già successo con Giuliano che un imperatore togliesse alcune concessioni ai cristiani sebbene non li avesse perseguitati e come abbiamo detto anche altri imperatori come Valentiniano non erano totalmente in mano alla chiesa. Bisognava insomma ottenere il controllo dell’apparato statale imperiale, e Ambrogio da navigato amministratore pubblico sapeva come fare certamente.

Graziano infatti consigliato da Ambrogio dapprima rifiutò la carica di Pontefice Massimo, ovvero responsabile del culto pubblico, di ogni religione lecita statale quindi sia Gentile che cristiana ormai dal 313, rendendo il titolo vacante ed era la prima volta dato che da Augusto in poi gli imperatori tutti erano anche Pontefici Massimi, persino Costantino come ribadisco nell'articolo Costantino: un falso mito cristiano.

È proprio qui infatti la furbizia. Delegando l'imperatore questo compito la chiesa non doveva più sottostare ad un potere imperiale, non era più come ai tempi di Costantino, l’Imperatore che convocava concili ma eventualmente il massimo esponente della chiesa, il vescovo di Roma. Inoltre in assenza di un Pontefice Massimo che li tutelasse anche i culti pubblici gentili rimanevano scoperti di protezione.

L'imperatore inoltre non era più nel diritto giuridico-sacrale, garante della Pax deorum hominumque in qualità di Pontifex Maximus. Diveniva un mero regnante profano, cosa unica e prima volta nella storia. Si venne insomma a creare quella spaccatura, tutta cristiana e occidentale, tra lo spirituale e il profano. 

Anche Damaso, l’allora papa, collaborò con Ambrogio, e anche i patriarchi di Alessandria Pietro prima e successivamente Teofilo.

Nel 380 poi con Teodosio in oriente venne emanato su suggerimento di Ambrogio, Papa Damaso e Pietro d’Alessandria, tutti citati e ringraziati l’Egitto di Tessalonica che delinea come il cristianesimo niceano cattolico sia l’unica religione di Stato, sebbene ancora non venisse proclamata la totale teocrazia si procedette quindi a revocare i benefici e soprattutto i contributi statali ai sacerdozi gentili.

Con grande sforzo dei Senatori, che finanziarono di propria tasca la continuazione dei culti e delle attività dei templi, continuò fino all’arrivo dei decreti teodosiani il culto pubblico anche se non più patrocinato dallo Stato, insomma da qui inizia l’autorizzazione anche imperiale, dato che gli imperatori erano ormai due marionette, ai cristiani di prevalere rispetto ai culti pagani. 

Sempre nel 382 e istigato da Ambrogio, Graziano rimosse l’Altare della Vittoria dalla Curia Iulia, sede del Senato romano, scatenando la notissima battaglia tra il Senatore Quinto Aurelio Simmaco e Ambrogio. In questa battaglia Graziano fu continuamente sostenuto da Ambrogio che lo incitava a non cedere dinanzi ai nemici del dio di Abramo.

Contemporaneamente Damaso ideò in sostituzione del culto imperiale quello di san Cesario come trattato nell'articolo. 

Era in atto una delegittimazione da parte delle cariche statali, in mano alla chiesa, delle Tradizioni dei Padri, del Mos Maiorum grazie al quale Roma era divenuta grande.



Ma concentrandoci su Ambrogio e la sua cristianizzazione di Mediolanum e per non ritornare a discorsi già fatti più volte torniamo a vedere nel dettaglio cosa fece in concreto.

Studiando quelle che ritengo operazioni di natura magica eresse in modo sospetto delle basiliche ai 4 lati della città, come a creare un perimetro, un quadrilatero murario, una sorta di barriera goetica.

Le basiliche nel progetto di Ambrogio dovevano essere suddivise: una per i profeti, una agli apostoli; una ai martiri; una alle vergini.

Immediatamente nel 379, anno della nomina di Teodosio, iniziò la costruzione della Basilica martyrum (attuale basilica di sant’Ambrogio) a sud-ovest poco fuori dalla Porta Vercellina in un luogo sepolcrale, che venne da lui consacrata nel 386 e vi pose le reliquie dei martiri Gervasio e Protasio, ritrovati in uno scavo da Ambrogio stesso commissionato perchè “presagiva qualcosa”. Chissà come mai nessuno aveva mai sentito parlare di questi due martiri. I nomi furono pare “rivelati” ad Ambrogio da un presentimento e sia lui che papa Damaso (altro autore di versi sui martiri) scrissero dei versi che ne descrivevano il martirio, probabilmente inventato al momento, e ne elogiavano le qualità. Ma la riempì anche di salme di altri innumerevoli martiri.

Contemporaneamente la basilica prophetarum (basilica di San Dionigi, distrutta nel settecento per creare i Giardini di Porta venezia)perchè Ambrogio diede ordine fosse recuperata la sua salma e postavi all’interno nel 381.

Nel 382 fu la volta della basilica apostolorum (attuale San Nazaro) realizzata sempre fuori dalle mura e vi seppellì innumerevoli reliquie degli apostoli.

In ultimo la basilica virginum (attuale basilica di San Simpliciano).



3 basiliche rimaste: martyrum (sant'Ambrogio), apostolorum (Nazaro), virginum (san Simpliciano)



Fu poi autore di diversi inni liturgici e preghiere compiendo varie riforme, insomma de facto costruì quasi la chiesa dell’epoca come impostazione.

Al concilio di Aquileia del 381 fece dichiarare fuorilegge i cristianesimi che non si rifacevano all' ortodossia nicena/cattolica.

Si sentiva inoltre anche responsabile oltre che ecclesiastico temporale della città e delle sue basiliche, e forse dello stesso impero.

Nel 383 Graziano fu ucciso da Magno Massimo, ostile ad Ambrogio e gli ariani iniziarono a chiedere una basilica per il loro culto, allora il vescovo occupò la basilica destinata ad essi fino a che l’altra parte fu costretta a cedere.

Lo stesso ritrovamento dei presunti martiri Gervasio e Protasio fu determinante per la sconfitta degli ariani e per il marketing di Ambrogio come campione assoluto della fede, guadagnando il consenso dei cristiani di Milano.

Nel 386 poi converte Agostino d’Ippona arrivato a Milano su indicazione di Simmaco, da dissoluto manicheo quale era, che divenne suo fedele collaboratore  nella creazione del culto di martiri e nell’attacco frontale contro il paganesimo.


Nel 388 i cristiani di Callinico bruciarono la sinagoga locale. Teodosio condanna, in quanto imperatore, la comunità cristiana a pagare i danni agli ebrei.

Ambrogio, approfittando del percorso penitenziale iniziato da Teodosio col battesimo glielo vieta minacciandolo di interruzione delle funzioni e Teodosio è costretto a ritrattare.

Seppur fedele servitore del dio dell’antico testamento, che riteneva imprescindibile, infatti Ambrogio era quel che oggi non si lesinerebbe nel definire un violento antisemita. Proprio per l’occasione dell’episodio di Callinico e del rogo della sinagoga, protestando contro le decisioni dell’imperatore che richiese ai cristiani il pagamento dei danni, Ambrogio rispose a Teodosio con questa lettera: 

«Il luogo che ospita l'incredulità giudaica sarà ricostruito con le spoglie della Chiesa? Il patrimonio acquistato dai cristiani con la protezione di Cristo sarà trasmesso ai templi degli increduli?... Questa iscrizione porranno i giudei sul frontone della loro sinagoga: - Tempio dell'empietà ricostruito col bottino dei cristiani -... Il popolo giudeo introdurrà questa solennità fra i suoi giorni festivi...»


Citando dalla lettera di Ambrogio a Teodosio (Epistulae variae 40,11):


«Ma ti muove la ragione della disciplina. Che cosa dunque è più importante, l'idea di disciplina o il motivo della religione?»


Nell'epistola Ambrogio si attribuì la responsabilità dell'incendio, del quale forse fu pure il mandante effettivamente:


«Io dichiaro di aver dato alle fiamme la sinagoga, sì, sono stato io che ho dato l'incarico, perché non ci sia più nessun luogo dove Cristo venga negato.»


L'antisemitismo di Ambrogio è testimoniato da altri suoi scritti e commenti ai Vangeli, e quindi non circoscritto all'episodio dell'incendio della sinagoga di Callinico. Viene da domandarsi come mai di questi tempi, in cui si cercano personaggi scomodi del passato Ambrogio e altre personalità della chiesa vengano categoricamente esclusi dai processi di cancel culture e colpiti invece solo esponenti della cultura europea tradizionale. Ci si aspetterebbe insomma quantomeno una condanna pubblica del personaggio e non un'adorazione spudorata che secondo quei parametri è completamente incompatibile coi tempi odierni, ma non desiniamo oltre.


Nel 390 Teodosio ordina l’eccidio indiscriminato della popolazione di Tessalonica dopo una rivolta.

Qui Ambrogio, deciso sprezzantemente a dimostrare tutta la superiorità di fronte a Teodosio e di riflesso all’Impero e la sua autorità, gli impedisce di entrare in chiesa nella notte di Natale e lo costringe a inginocchiarsi dinanzi a lui pubblicamente.





Teodosio quindi riconosce la superiorità della chiesa sull’Impero e l’anno dopo, nel 391 emana i decreti teodosiani convinto definitivamente dal vescovo; in sostanza decreti attuativi dell’editto di Tessalonica che autorizzano, con tanto di indicazioni, l’eradicazione dei culti Gentili, la distruzione dei templi e la messa a morte dei praticanti degli stessi da parte di cristiani e autorità ecclesiali nonché il favore di quelle imperiali.

L’impero è definitivamente trasformato in una teocrazia, al pari dell’Afghanistan Talebano o dell’Arabia Saudita attuali. 

L’opera ordita dall’eminenza grigia è ormai compiuta.

In questa cornice ha luogo l’ultimo sussulto degli eroi gentili che, disconosciuto un imperatore ormai reietto e profano eleggono Eugenio Flavio che pur cristiano concede anzi patrocina il culto pubblico nella pars occidentalis nel 392.

Ambrogio fuggì per questo periodo tornando a Milano nel 394, quando purtroppo la fazione Gentile comandata dall’imperatore Eugenio e Arbogast fu sconfitta nella battaglia del Frigido dalle truppe teodosiane con un atto di tradimento. 

L’impero era ormai saldamente nelle mani di Teodosio, che pose i suoi giovanissimi figli come eredi e, ammalatosi di idropisia (una malattia che gli antichi pontefici ritenevano legata all’azione delle larvae) poco dopo la battaglia del Frigido, nel 395 morì, osannato da Ambrogio che ne celebrò un solenne funerale con rito cristiano (la prima volta per un imperatore) nel quale elogiò (nel suo scritto “in morte di Teodosio”) la sottomissione dell’imperatore a scapito dei suoi predecessori.

Poco dopo il vescovo, compiuta la sua opera lo seguì nel 397 facendosi tumulare nella basilica che prese il suo nome.


Queste son le vicende e la mente che portarono alla fine dell’Impero Romano dopo qualche decennio e con esso alla conclusione del mondo antico, un soffio mortale spirò su Roma e venne il Medioevo.

Abbiamo visto quindi come la conversione al cristianesimo e lo smantellamento del culto pubblico gentile non fu un evento naturale e graduale, ma fu conseguenza di un vero e proprio colpo di stato, ordito dalle più alte élites ecclesiastiche dell’epoca. 


Gianluca Vannucci

sabato 3 settembre 2022

4 settembre 1229 A.U.C. : La caduta


4 settembre 476 e.v. 1229 A.U.C. è una data storica, cade infatti ufficialmente l'Impero Romano d'Occidente. L'ultimo avvoltoio, il dodicesimo, di Roma era volato.

Sebbene questa data sia ormai considerata simbolica da tutti gli storici, e anche di fatto dal sottoscritto, non si può negare il suo alto valore intrinseco.

L'Imperium era ormai divenuto un monstrum, una oscura teocrazia da diversi decenni, dai tempi del regno dei tiranni Gratiano e Teodosio almeno, quando venne rinnegata la natura intrinseca di Roma e la Pax Deorum Hominumque fu spezzata per sempre.

Nonostante tutto questa data sancisce il fulcro dell'intera storia umana, praticamente alla pari della Fondazione dell'Urbe.

Ma diamo un'occhiata ai fatti: l'Impero era da decenni l'ombra di sé stesso, e l'ultimo imperatore degno di nota fu Antemio che cercò di riportare terre e conquiste sottratte a Roma dai vandali, fu assassinato a tradimento dal visigoto Ricimero, all'epoca magister militum e vero e proprio burattinaio alla guida di imperatori fantoccio e non riconosciuti né da Oriente tantomeno dal Senato e i Padri Coscritti, che tra l'altro permise ai suoi barbari un altro sacco, devastante dell'Urbe per poi piazzare sul seggio imperiale Anicio Olibrio, fantoccio di Ricimero oltre che di comodo alle elite ecclesiastiche romane.

Morto Ricimero e pochi mesi dopo anche il fantoccio Olibrio, fu la volta del fantoccio del magister militum burgundo Gundobado: Glicerio. Ennesimo imperatore non riconosciuto da alcuno se non da elite ecclesiastiche e barbari che de facto governavano la Penisola (ormai l'impero d'occidente era ridotto a questo). Subito Leone, l'Imperatore d'Oriente si premurò di legittimare Giulio Nepote, di ascendenza dalmata Gentile. Egli era infatti nipote di Marcellino, governatore della Dalmazia, rimasto Gentile e fedele agli Imperatori Maggioriano prima e Antemio poi.

In poco tempo Nepote, sbarcato ad Ostia depose senza colpo ferire il molle Glicerio, che si fece vescovo ritirandosi.

Nepote nel suo breve regno cercò di consolidare i territori d'Italia e Gallia, i pochi rimasti all'impero, nominando anche come magister militum il figlio dell'ex imperatore Avito.

Ma dopo solo un anno il generale Flavio Oreste lo costrinse al ritiro e nominò imperatore suo figlio appena 14enne Romolo Augusto, chiamato Augustolo spregiativamente data la sua giovane età e assente esperienza in qualsivoglia ambito.

Ovviamente non era che un fantoccio, l'imperatore d'oriente Zenone continuò a riconoscere Nepote legittimo Imperatore d'Occidente e Odoacre, nel frattempo divenuto re degli Eruli e comandante dei barbari che cercavano terre in Italia approfittando della situazione, dato che Oreste aveva negato loro ricompense in breve tempo lo attaccò e giustiziò a Pavia demolendo la chiesa nella quale si rifugiò. Si recò poi a Ravenna dove, incredulo nel trovare un ragazzino a capo dell'Impero fondato da Augusto, formalmente lo depose dandogli un indennizzo e mandò le insegne imperiali a Costantinopoli.

Iniziò quindi ufficialmente il Regno d'Italia, Odoacre regnò infatti riprendendo il titolo di Rex Italiae, titolo che fu storicamente di Enea, sebbene governasse in vece di Nepote e dell'Imperatore d'Oriente. La caduta di Romolo Augustolo è ritenuta simbolica per via del suo nome fatale che raccoglie in sé i nomi del Fondatore e Padre di Roma e di Augusto, primo Imperatore e patrono d'Italia. Sebbene sancisca semplicemente una situazione in atto da decenni.

Contrariamente alla vulgata il regno di Odoacre non fu affatto oscuro ma sicuro e prospero, molto più del tardo impero. In accordo col Senato romano, oltre che con Giulio Nepote e l'Impero d'Oriente infatti governò saggiamente, non discriminando i Gentili e riacquisendo territori come la Sicilia a scapito dei vandali e, dopo l'uccisione di Giulio Nepote da parte di consiglieri in combutta col vescovo di Salona nonchè ex-imperatore Glicerio, annesse anche la Dalmazia al Regnum Italiae.

Nel 484 in Oriente ci fu un tentativo di usurpazione contro l'imperatore Zenone, attuato da Gentili discepoli di Proclo quali il poeta Pamprepio attraverso il generale Ilio e l'imperatrice vedova di Leone Verina che poi elessero Leonzio imperatore dal 484 al 488 in opposizione alla teocrazia asfissiante di Zenone.

Sotto ordine di Ilio, Romolo figlio dell'imperatore d'occidente Antemio si recò in Italia a chiedere appoggio a Leonzio da parte di Odoacre, che acconsentì. Ciò spinse Zenone, una volta riacquisito potere eliminando Leonzio, Illo e perseguitando i Gentili accusati della congiura, a “punire” Odoacre invitando Teodorico Magno, futuro Re d'Italia ad invadere il Regno di Odoacre.


In conclusione il 4 settembre 476 è sì una data cruciale ma, al contrario di quanto si può pensare, non produsse effetti notevoli per le popolazioni di Hesperia-Italia anzi, forse fu l'inizio di un periodo maggiormente florido. Il regno di Odoacre prima e quello di Teodorico Magno successivamente portarono decenni di prosperità, finchè il tiranno Giustiniano non decise che l'Italia doveva essere una sua colonia e nient'altro scatenando le orrende guerre cosiddette greco-gotiche.


Gianluca Vannucci

lunedì 5 luglio 2021

Prisco Attalo: una tragica figura romantica nel Tardo Impero

Solidus di Prisco Attalo, sul retro la Dea Roma



Ben pochi conoscono Prisco Attalo, personalità del tardo Impero Romano. Per i libri di storia scolastici praticamente non esiste (come quasi tutto questo periodo a dire il vero) e anche i testi accademici spesso lo nominano in maniera sfuggente e poco chiara.


A mio parere rappresentò uno dei pochi barlumi di speranza in un'epoca oscura e tumultuosa.

Prisco Attalo era un greco della Ionia ma cresciuto e vissuto sempre in Roma, dove raggiunse l'alto rango senatoriale e la fama di oratore e poeta particolarmente dotato. Come il suo caro amico, Aurelio Simmaco, anch'egli era Gentile e ricoprì diverse cariche cittadine.

Nel 408 e.v. l'Urbe, e a dire il vero l'Italia e l'Impero, giacevano in rovina a causa dell'abbandono della Pax Deorum Hominumque e dei Mores arcaici oltre che dalla mancanza di Pietas e la politica scellerata degli imperatori profani: negli anni precedenti Teodosio l'Empio, ora i suoi due inetti figli Arcadio ad est, Onorio ad ovest.

Sotto minaccia di incursione barbara visigota Onorio non riusciva a prendere una decisione decente.

Stanco dei continui tentennamenti da parte dell'imperatore, il Senato decise di farne le veci trattando coi visigoti e mandando poi una delegazione, con a capo Attalo, da Onorio al fine di portare le ragioni dei sudditi di Alarico, i quali chiedevano terra di confine per stabilirsi.

Onorio respinse tutte le richieste ma nominò presto Prisco praefectus urbi di Roma.

Insoddisfatto, Alarico, nel 409 in accordo coi senatori proclamò il nostro Attalo imperatore, che pur di poter far qualcosa per la Tradizione e la Patria accettò di farsi battezzare come ariano da un vescovo barbaro(la condizione posta da Alarico), pur rimanendo Gentile.

Tra i suoi primi atti ci furono: la concessione di cariche ai Gentili e gli stessi diritti  dei cattolici a loro e agli ariani; l'elevazione a magister equitum di Alarico.


Iniziò poi la marcia verso Ravenna, Prisco venne acclamato imperatore dai Gentili di molte città e in ultimo a Rimini, dove entrò il 5 settembre e si stabilì, simbolicamente nella città di Giulio Cesare, con esercito metà italico metà visigoto.

Rintanato a Ravenna Onorio, atterrito, propose ad Attalo la divisione dell'impero, offerta che ad uno come Attalo parve ridicola e che rigettò, pretendendo il ritiro da parte dell'imperatore.

Purtroppo però i destini non volgevano a favore di Prisco Attalo: Eracliano, comes d'Africa fedele ad Onorio, bloccò rifornimenti di grano all'Urbe, causando una brutta carestia:

L'impero d'oriente come se non bastasse stava inviando rinforzi all'imperatore. In tutto questo Alarico, confabulando con Onorio tradì Attalo, spoglindolo della porpora, incarcerandolo e riconoscendo Onorio. Pochi giorni dopo i visigoti diedero inizio al catastrofico sacco di Roma, il che lascia il sospetto di accordi tra il capo barbaro e Onorio, in cambio della rimozione del di lui odiato usurpatore. Anche alla luce del fatto che sua sorella Galla Placidia andò in sposa al futuro re visigoto, Ataulfo.

Alarico morì comunque pochi mesi dopo il saccheggio dell'Urbe, poichè un'empietà del genere non poteva essere perdonata.


Il nostro Attalo non rinunciò ai suoi piani e nel 414, dopo aver composto dei versi per il matrimonio di Galla Placidia e Ataulfo, quest'ultimo lo proclamò nuovamente imperatore nella Gallia Narbonense. Purtroppo però un po' forse a causa di Galla e poi della orvinosa sconfitta subita dai visigoti costretti a ritirarsi in Hispania,  ad opera del generale Costanzo, Attalo venne catturato nel 415.

Onorio lo fece mutilare di due dita e sfilare al suo trionfo in Ravenna, dopodichè fu esiliato nell'isola di Lipari.


Si perdono così le tracce di Prisco Attalo, tragica figura romantica, legata alla Tradizione e alla Patria ma anche di quello che fu, seppur per breve tempo, un imperatore... troppo spesso dimenticato dalla storiografia.


Gianluca Vannucci

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