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Questo sito tratta in maggior parte del Culto Tradizionale Romano.

Spesso si sente definire la Tradizione: “vecchio culto”, oppure “antica religione”,

il nome di questo spazio tende a sottolineare che il Culto degli Dèi, essendo Essi per definizione “Eterni, Impassibili e Immutabili” non può che essere tale.

Il Fuoco è quello interno in ognuno di noi, il Fuoco di Vesta, ma non solo quello fisico, il ponte cioè che permise a Roma di divenire un vero e proprio Santuario a cielo aperto, spento dal tiranno Teodosio nel 391, è soprattutto la nostra anima.

“Il Fuoco Eterno” si prefigge non solo di raccontare e divulgare la Tradizione dei Padri, ma anche la storia dei nostri Popoli e della nostra Nazione.


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domenica 25 dicembre 2022

Il mistero di Santa Colomba

Dopo aver indagato sull'origine di uno dei 4 patroni antichi di Rimini in questo articolo, qui  parleremo della più antica e misteriosa patrona della città, ovvero Santa Colomba di Sens. Essa infatti risulta come la prima e più antica protettrice cristiana di Ariminum, sebbene le fonti siano piuttosto tarde, come al solito.

La leggenda agiografica

Iniziamo quindi analizzando l'agiografia di questa santa:

Eporita, nobile sedicenne originaria di Cordova in Hispania Romana, abbandonò la famiglia, si recò in Gallia precisamente ad Agendicum (Sens) dove convertitasi venne battezzata e assunse come nuovo nome Colomba per via della sua innocenza.

Il 25 dicembre venne arrestata e condotta davanti all'Imperatore Aureliano in persona che, a quanto pare, non aveva niente di meglio da fare secondo la storia di convincere Colomba a mettersi con Lui e ad abiurare il cristianesimo.

Irritato poi dal rifiuto della giovane la rinchiuse in cella dove un malintenzionato cercò di abusare di lei ma un'orsa corse subito in suo aiuto mettendo in fuga l'uomo.

Poco dopo Aureliano, sempre secondo l'agiografia, dette l'ordine di metterla al rogo ma un acquazzone salvò la futura santa. L'Imperatore allora avrebbe dato ordine di decapitarla, cosa che avvenne nei pressi di una fontana detta di Azon.

Il tutto mentre il Divo Aureliano era impegnato, in quel periodo storico (e questo certamente) nelle guerre in Gallia.

Colomba di Sens davanti ad Aureliano

Ma non è finita qui, infatti come divenne patrona di Rimini essendo una giovane spagnola martirizzata in Gallia? Ebbene secondo la tradizione locale della città alcuni mercanti che navigavano nell'Adriatico avevano trafugato una reliquia del corpo di Santa Colomba quando nel 313 furono costretti ad approdare a Rimini causa una tempesta, dove il proto-vescovo (leggendario anch'esso) Stemnio pose la reliquia nella cattedrale di Santa Colomba, appena costruita sul Tempio di Ercole che il proto-vescovo stesso secondo la storia avrebbe demolito, eleggendo così Santa Colomba prima patrona della città, decretandone la ricorrenza il 29 dicembre.


La storicità di questi racconti è, per usare un eufemismo, improbabile dato che l'Imperatore Aureliano, il Restitutor Orbis, impegnato nelle guerre galliche avrebbe avuto ben altro a cui pensare che convincere una giovane  all'abiura e infine a sposarlo.

Per quanto riguarda Stemnio, della cui esistenza non abbiamo prove tanto che anche secondo la diocesi il primo vescovo fu Gaudenzo (fatto patrono) invece è praticamente impossibile che già nel 313 avesse potuto abbattere il Tempio di Ercole nella piazza del mercato (attuale piazza Malatesta).

La Cattedrale riminese

La cattedrale di Santa Colomba però è esistita, fino al 1815 quando durante il governo napoleonico della città fu acquistata da un privato che decise di demolirla.

Essa era il Duomo cittadino quindi sede vescovile e fu restaurata diverse volte, una sotto Malatesta e un'altra volta in epoca barocca. Abbiamo però certezza della sua esistenza solo a partire dal X secolo e non prima. Inoltre almeno a Rimini nel Medioevo Santa Colomba era identificata con lo Spirito Santo stesso (rappresentato come una colomba) fino al 1300 e solo successivamente la figura di Santa Colomba ne fu separata, creando probabilmente varie favole e leggende tant'è che nei documenti altomedievali appaiono entrambe le dediche per quanto riguarda la cattedrale.

quel che resta della cattedrale
Nella torre del campanile, unica parte della grande cattedrale sopravvissuta, appare in una lunetta una simbologia ermetica ma eloquente.

Il Fiore della Vita simbolo cosmico universale e delLa Dea, Anima Mundi, a fianco troviamo invece la Ruota solare, solitamente appannaggio, soprattutto in ambito gallo-romano di Iuppiter Taranis. Al centro l'Axis Mundi sottoforma di giglio.

Sopra a tutto il Sole e la Luna e due stelle, come nei rilievi antichi, a simboleggiare i Dioscuri custodi.

lunetta del campanile della cattedrale

I doppioni di Santa Colomba

A supportare l'ipotesi che Santa Colomba non sia mai esistita ci sono inoltre altri dettagli:

La seconda patrona riminese, Innocenza festeggiata il 17 settembre, è praticamente un suo doppione, la storia agiografica è identica tranne per l'ambientazione temporale, essa infatti è situata all'epoca di Diocleziano invece che di Aureliano, ma per il resto non differisce dal racconto di Colomba di Sens di quasi niente. Una giovane nobile perseguitata dall'imperatore che viene in seguito martirizzata e anche qui il vescovo, stavolta Gaudenzo costruisce la sua chiesa (anch'essa oggi scomparsa) a pochi passi dal Tempio di Diana Trivia oggi Tempio Malatestiano.

Vi è poi un'altra Santa Colomba, di Cordova (stessa cittadina d'origine di Colomba di Sens) stavolta però in epoca altomedievale, in piena occupazione musulmana della Spagna.

Anch'essa abbandonò la città dedicandosi alla vita cristiana e in pieno spregio alle leggi moresche si dichiarò cristiana inanzi ad un tribunale che la decapitò il 17 settembre 853, stesso giorno di Santa Innocenza.

Analisi e conclusione

Mettendo insieme i dettagli delle varie agiografie nonché le simbologie della Santa possiamo analizzare, riguardo al suo culto nella città di Rimini, che:

Santa Colomba è di Sens, Rimini era città dei Senoni che provenivano proprio originariamente dalla zona di Sens;

Si chiamava originariamente Eporita, un epiteto di Epona, Dea gallica (quindi dei Senoni);

Viene raffigurata insieme ad un'Orsa (animale sacro ad Artemide ma anche Artio La Dea gallica) la cui relazione è spiegata nell'agiografia, e al contrario di altri martiri con una piuma di pavone invece che una palma ed era invocata principalmente per la pioggia e contro gli incendi (attributo a cui Giunone è legata) e pare sia legata alle tempeste, a causa di una di queste arriva a Rimini (le funzioni di Iside, protettrice della navigazione e all'interno del Tempio Malatestiano probabilmente vi era un Suo culto sotto l'effige della cosiddetta Madonna dell'acqua).

Inoltre il racconto di come le sue reliquie arrivarono a Rimini ricorda una storia di Ostia antica: una statua di Ercole portata dal mare e rinvenuta tra le reti di pescatori, fu collocata in un tempio avente funzione oracolare e protettrice del commercio.

Le reliquie di Colomba sarebbero arrivate tramite dei marinai grazie ad una tempesta e poste dallo pseudo-vescovo Stemnio nella cattedrale a lei dedicata costruita al posto del Tempio di Ercole, che sorgeva nella piazza del mercato.


Tutto ciò fa pensare ad una riemersione, a livello di inconscio collettivo, di una Divinità gallica molto presente in zona. Una Forma, un archetipo che torna ciclicamente, magari attraverso l'ausilio di favole e nuovi "miti" adatti ad epoche oscure, perchè corrispondente ad un Genio che abita quel determinato luogo.

Come delle fiabe si creano (forse anche senza interventi ecclesiali) storie che corrispondono in qualche modo ad archetipi precedenti.

Questa Eporita, il cui nome ricorda Epona La Dea che cavalca tra i mondi che fu identificata con lo Spirito Santo e che ha l'Orsa, la Madre Celeste simboleggiata nella costellazione, come simbolo altri non è che appunto l'Anima Mundi, Hecate-Diana.

Come già detto in questo articolo poi, tra Gli Dèi protettori di Rimini vi è Diana Arimina, un culto ch fu proprio traslato qui da Ariccia in epoca romana.

Aureliano, che tra l'altro rappresenta il Sol Invictus, culto da Lui stesso istituito il 25 dicembre (giorno della presunta convocazione di Colomba davanti all'Imperatore nella storia) come in una fiaba, chi altro sarebbe se non il Sole, da sempre innamorato della Luna che rincorre incessantemente nel moto apparente?

Insieme ad un altro patrono quindi, San Giuliano di cui abbiamo parlato in questo articolo, i nostri Avi medievali sono riusciti ad onorare, nonostante la pesante oppressione ed ignoranza, due Numi Tutelari della città che si ritrovano: Apollo e Diana.

La simbologia della cattedrale dice tutto a chi sa vedere poi. Cattedrale che fu abbattuta nel 1815. Immediatamente dopo venne decretato duomo, che è quello attuale, il Tempio Malatestiano che curiosamente era un Tempio a Diana Trivia in epoca romana e una chiesa di Santa Maria in Trivio in alto medioevo, come abbiamo già parlato nell'articolo sui templi di Rimini e in quello proprio sul Tempio Malatestiano.

Provvidenza volle quindi che il Tempio Malatestiano fu in pieno ottocento dedicato a Santa Colomba, tutt'ora è così chiamato dalla diocesi. Nello stesso tempio dove Sigismondo Pandolfo Malatesta pose la cosiddetta Madonna dell'acqua invocata per la pioggia e in cui in epoca moderna  curiosamente fu posizionata proprio al centro della Cappella dello Zodiaco, fra Gli Dèi antichi, una bellissima effige di Santa Colomba, come un'antica Dea tornata Anima Mundi. Proprio nel Tempio dove, in epoca rinascimentale fu venerata Iside sotto le sembianze della cosiddetta Madonna dell'acqua.

Il cerchio si chiude. 

Santa Colomba, Cappella dello Zodiaco, Tempio Malatestiano

Gianluca Vannucci

 

venerdì 9 dicembre 2022

San Giuliano e Il Genio Ariminensis


Rimini per i cristiani ha 4 antichi patroni (in epoca moderna ne aggiunsero altri): Santa Colomba, della quale parleremo molto probabilmente più avanti; Innocenza, sostanzialmente un doppione di Colomba; Gaudenzio, il primo vescovo e patrono della diocesi e l’unico attualmente festeggiato e San Giuliano, oggetto di questo articolo e accennato in precedenza in quello sugli antichi templi.


Perché dovremmo interessarci di un santo cristiano in questo spazio? Inanzitutto questa è la rubrica riguardante la storia di Rimini, in secundis è bene analizzare la sua storia in quanto non è un semplice patrono appiccicato dalla diocesi come Gaudenzio, analizziamo quindi la sua agiografia.


La leggenda agiografica


San Giuliano di Anazarbo (in Cilicia), questo è il nome completo, di cui non si è nemmeno sicuri, taluni infatti dicono che questo martire fosse istriano (e avrebbe più senso data la storia) vi sono infatti 22 “San Giuliano” venerati dalla chiesa dalla storia pressoché identica.

Possiamo intuire quindi che, come la stragrande maggioranza dei santi antichi, tale San Giuliano non sia mai esistito in realtà.



Comunque sia l’agiografia dice che intorno al governo dell’Imperatore Decio (o Diocleziano secondo gli ortodossi, come vedete l’indecisione è regina) Giuliano, figlio di un senatore pagano e di una madre che lo educò al cristianesimo, tale Asclepiodora (nome emblematico, sul quale torneremo) venne denunciato e rifiutando di abiurare la sua fede venne condotto appunto ad Anazarbo dove fu torturato e gettato in mare dentro un sacco riempito di serpenti.


Finisce qui l’improbabile agiografia e inizia la storia riminese.


Patrono di Rimini


Nel 962 nel giorno di mezz’estate approdò sulle spiagge di Viserba, a nord di Rimini miracolosamente il suo sarcofago, che aveva viaggiato in mare dalla Cilicia (o dall’Istria) per 6 secoli e passa in un punto dove sgorgava una sorgente, la Sacramora, tutt’ora utilizzata.


Al momento però di trasportare l’arca del santo alla Cattedrale di Santa Colomba, sede vescovile riminese, i buoi che la trascinavano si rifiutarono di attraversare il Ponte di Tiberio, che collegava il borgo sorto nel Medioevo alla città antica.

Le reliquie furono quindi poste nell’abbazia di Pietro e Paolo (che, come specificato nell’articolo sui Templi riminesi fu costruita dai benedettini sopra un tempio) che da quel momento venne dedicata a San Giuliano.


l'episodio raccontato nella Pala di Bitino da Faenza, chiesa di San Giuliano, Rimini


Il 962 fu un anno molto importante, venne infatti fondato da Ottone il Sacro Romano Impero e crebbe sempre maggiore l’autonomia comunale che Rimini raggiunse nel XII secolo a guida ghibellina grazie all’Imperatore Barbarossa.


Nel frattempo presso il popolo riminese crebbe sempre più il culto e la figura di San Giuliano quanto protettore cittadino a dispetto di Gaudenzio, il patrono della diocesi.

I riminesi non sapevano niente dell’agiografia e dell’improbabile cristiano denunciato da un funzionario di Decio e perseguitato perché cristiano, per i cittadini era semplicemente San Giuliano, colui che donò la fonte Sacramora a beneficio e sostentamento di tutti i riminesi e che aveva salvato il Ponte dell’Imperatore Tiberio (ancora ricordato e amato come sovrano giusto) dal diavolo in una leggenda.


Già alla proclamazione del libero comune i patroni vescovili vennero declassati rispetto a San Giuliano, vero e proprio simbolo imperiale cittadino.

Fu così che, nel 1228 venne definitivamente proclamato Santo Patrono della città, ma non uno dei tanti, l’unico “protettore e avvocato celeste” ignorando Gaudenzio, Colomba e Innocenza, già patroni da secoli.

Il libero comune ghibellino, evidentemente in rotta con la diocesi, non gradiva un patrono come Gaudenzio il primo vescovo e quindi simbolo dell’autorità papale su quella comunale e imperiale.

Giuliano, giovane laico e cavaliere, era raffigurato nelle monete della zecca riminese (e questo fino a quando non cadde la signoria dei Malatesta e la città torno sotto dominazione papale) e sugli stendardi di guerra cittadini.

La stessa storia di San Giuliano negava al vescovo qualsiasi primato (l’arca si rifiutò di essere trainata fino alla sede della diocesi).


Bolognino di Sigismondo con effige di San Giuliano lucifero con la stella


Il 22 giugno inoltre, festa di San Giuliano, fu istituito per legge il Palio in Suo onore: cavalli di pregio, il cui valore non fosse inferiore a 50 lire, correvano da Viserba a Piazza Giulio Cesare in pieno centro cittadino.


Il primo premio consisteva in uno stendardo scarlatto, al secondo un’ambita porchetta ma è all’ultimo arrivato che curiosamente andava il premio più interessante: un gallo, con al collo un sacchetto contenente una libbra di pepe, che considerandone il valore dell’epoca era un premio di assoluto rispetto che condizionava paradossalmente l’andamento della gara.


Fonte Sacramora, Viserba di Rimini. Evidente raffigurazione apollinea

Analisi e conclusione


Ma al di là del mero interesse storico, analizziamo dal nostro punto di vista sia la leggenda che la storia del patrono.

Giuliano (quindi appartenente almeno nel nome alla Gens Iulia) figlio di Asclepiodora viene costretto a subire torture, potremmo dire delle prove e poi gettato negli abissi con dei serpenti.

Navigando per secoli con la sua “arca” approda presso una fonte sacra a Rimini proprio il 22 giugno, giorno del Solstizio (o immediatamente successivo) e sceglie come Sua dimora il Borgo, che in epoca romana era sede oltre che della necropoli del Sacello al Genio Ariminensis, il Genio protettore di Ariminum.

Rapidamente attraverso leggende cresce in popolarità, viene invocato dai cittadini contro le malattie e gli attacchi del “diavolo” inoltre si utilizza l’acqua della fonte Sacramora (sacra dimora) dalle proprietà curative. Viene eletto patrono del comune da parte imperiale e per tutta la durata dell’autonomia cittadina che coincide con la Signoria Malatestiana.

Nel giorno della Sua festa, il 22 giugno, l’ultimo arrivato della corsa di cavalli vince un gallo.


Ora, analizzando appare chiara la natura solare di San Giuliano.

I serpenti, la madre Asclepiodora, attraversa il mare su una barca solare e giunge proprio nel giorno del Solstizio, superando diverse prove e donando sorgenti curative. Sceglie come dimora l’antico sacello del Genio cittadino e l’ultimo arrivato al Suo palio (una corsa di Cavalli, Apollo è anche Atepomaros, Signore dei cavalli) vince un gallo, sacro anche ad Asclepio. L’analogia con l’ultimo arrivato alla corsa ricorda inoltre a me personalmente il sacrificio del gallo ad Asclepio in punto di morte da parte del Divino Socrate.

Nelle monete comunali è rappresentato lucifero, portatore di luce attraverso una stella.

Apollo è uno degli Dèi Penati di Rimini, venerato da prima della ri-fondazione romana.


San Giuliano, Bitino da Faenza, chiesa di San Giuliano, Rimini


San Giuliano è, a mio parere, una riemersione attraverso inconscio collettivo del Genio Ariminensis. Un Genio della famiglia di Apollo e Asclepio e a Loro strettamente connesso.

Inoltre il suo stesso nome, Giuliano della gens Iulia, il collegamento di protettore della città del Divo Iulio, il fatto che protettore degli Imperatori era Apollo e le leggende che lo legano al Ponte di Tiberio in quanto tutelare dello stesso fanno pensare anche alla sovrapposizione del culto imperiale, che avrebbe senso ulteriormente in quanto patrono di Rimini soprattutto dal punto di vista del SRI nel basso medioevo.


Il culto di San Giuliano e la Sua popolarità crebbero enormemente durante l’epoca comunale ghibellina, e durò per tutto il periodo della Signoria dei Malatesta.

Con la riconquista papale andò sempre più scemando, con l’aggiunta in epoca moderna di altri patroni, sempre più a favore di Gaudenzio, simbolo vescovile.

Oggigiorno è ricordato nel nome del famoso Borgo, che prese il Suo nome e l’abbazia in esso e per poco altro.



Gianluca Vannucci




sabato 6 agosto 2022

Ariminvm: le origini e la Fondazione

 



Inaugurando con questo articolo una rubrica, dedicata alla mia città natale, appunto Rimini chiedo il favore delLe Camene e delLe Muse.

Città purtroppo poco conosciuta nella sua vera essenza a causa degli ultimi decenni di impronta turistica meramente edonista piuttosto che culturale.

Essa fu infatti un importantissimo Municipium in epoca romana, città fondamentale per il Regno d'Italia ostrogoto e per l'Esarcato bizantino. Infine fu uno dei poli Rinascimentali, praticamente secondo solo a Firenze per importanza.


Ma venendo all'articolo, è communis opinio pensare che Ariminum fu fondata dai Romani, completamente falso.

La zona della città risulta infatti abitata fin dal paleolitico e in prima età del ferro sappiamo come si sia sviluppata nella regione, in particolar modo in Verucchio la civiltà villanoviana di cui abbiamo ampie prove archeologiche, custodite nel Museo della città.

Catone, in un frammento delle Origines, riferisce “Ercole e i suoi compagni da cui tiene il nome” come fondatori di Ariminum.


Storicamente sappiamo che il primo popolo ad abitare Ariminum fu quello degli Umbri, anche Strabone conferma Rimini colonia degli Umbri, stirpe antichissima e cuore d'Italia già secondo gli autori antichi e che, attraverso il Ver Sacrum hanno popolato poi tutta la nostra Nazione e probabilmente non solo.


Gli Umbri furono poi spodestati dall'espansione etrusca, che dilagò occupando tutta la regione, Plinio ci tramanda che occuparono addirittura 300 città, secondo Dionigi di Alicarnasso 5 secoli prima della Fondazione dell'Urbe, ovvero intorno al 1200 a.e.v.



A questi secoli probabilmente risale la fondazione ufficiale di Ariminum. Pausania infatti ci tramanda che quello che fu un Lucumone etrusco, tale Arimno, fu “il primo a mandare offerte a Giove” in un imprecisato periodo tra Enea e la Fondazione di Roma. Questa fonte significa che probabilmente Arimno deve essere il mitico fondatore, una figura simile ad Ocno per la città, anch'essa etrusca, di Mantova ad esempio.

L'esistenza di Arimno è confermata dal Lanzi, che lo attesta come Re in Toscana nel suo “Saggio di Lingua Etrusca” (T.III pag. 645).

Quel che è certo, e questo anche in epoca romana, è che il vero nome del fiume Marecchia fu Ariminus, di qui anche il nome della città come sostiene del resto anche Festo. [continua...]


Gianluca Vannucci


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