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Questo sito tratta in maggior parte del Culto Tradizionale Romano.

Spesso si sente definire la Tradizione: “vecchio culto”, oppure “antica religione”,

il nome di questo spazio tende a sottolineare che il Culto degli Dèi, essendo Essi per definizione “Eterni, Impassibili e Immutabili” non può che essere tale.

Il Fuoco è quello interno in ognuno di noi, il Fuoco di Vesta, ma non solo quello fisico, il ponte cioè che permise a Roma di divenire un vero e proprio Santuario a cielo aperto, spento dal tiranno Teodosio nel 391, è soprattutto la nostra anima.

“Il Fuoco Eterno” si prefigge non solo di raccontare e divulgare la Tradizione dei Padri, ma anche la storia dei nostri Popoli e della nostra Nazione.


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venerdì 19 gennaio 2024

San Sebastiano, il sacrificio necessario

 


Il 20 gennaio i cristiani celebrano San Sebastiano, la sua storia ci perviene da fonti agiogrfiche e molto poco credibili sebbene sia attestato fra i primi santi adorati dai cristiani.

Le scarse info sono basate sostanzialmente sulla Passio – fantasioso racconto del V secolo – e sulla Legenda Aurea di Iacopo da Varazze, commissionata dalla chiesa nel tardo Medio Evo. 

Nato forse a Narbona poi trasferito a Milano e arruolato nell’esercito romano, dove aveva fatto carriera anche grazie alla simpatia e all’appoggio degli imperatori Massimiano e Diocleziano. Malauguratamente però era cristiano e non ci volle molto perché fosse scoperto e condannato a morte: legato a un palo, fu bersagliato da tante frecce “da sembrare un riccio” e lasciato sul luogo del supplizio; tuttavia il giovane respirava ancora quando tale Irene andò a raccoglierlo per curarlo nella sua casa. 

Così, una volta guarito, l’aspirante martire cercò lui stesso gli imperatori che questa volta lo fecero ammazzare a frustate nell’ippodromo del Palatino e buttare nella Cloaca massima, certi che in quella fogna puzzolente nessuno l’avrebbe trovato (come se Diocleziano avesse tempo da perdere).

Sebastiano poi comparì sogno a un’altra pia matrona per ordinarle di raccogliere i resti e dare loro degna sepoltura presso una catacomba sulla via Appia, da allora chiamata col suo nome. 


Traslate in seguito in una basilica, le spoglie diventarono popolarissime  in seguito le sue reliquie furono smembrate e distribuite, mentre il suo culto si estese in tutta Italia e in particolare in meridione e in Trentino, caratterizzato come per quello di Antonio Abate dall'accensione di falò e la preparazione di dolci e pani. 


L'iconografia di Sebastiano dagli albori del cristianesimo lo rappresentava come un militare(come compare in Sant’Apollinare nuovo a Ravenna e nella più tarda basilica di San Pietro in Vincoli a Roma: un uomo di mezza età in buona salute e senza frecce conficcate nel corpo) tuttavia dopo l'imposizione forzata del cristianesimo niceano da parte di Teodosio e con lo svilupparsi del suo culto in varie zone d'Europa l'aspetto del santo cambiò radiclamente nelle raffigurazioni.


San Sebastiano, San Pietro in Vincoli, Roma


Nel medioevo, venne dipinto con una freccia, attributo che lo caratterizzerà d'ora in poi, dopo il 680 quando la fine di una pestilenza a Roma fu attribuita all’intervento miracoloso del Santo.

La raffigurazione di Sebastiano cambiò radicalmente, divenne un giovane bello e con frecce in mano, oppure con la riscoperta delle proporzioni dell'arte classica durante il Rinascimento, rifacendosi alle statue e ai mosaici di Adone e Apollo venne raffigurato seminudo e con frecce nel costato. Tanto da spingere nel 1624 l’arcivescovo di Milano Federico Borromeo nel suo “De Pictura sacra”, a raccomandare invano agli artisti di trascurare la bellezza del Santo per concentrarsi sulle sue ferite e sul significato salvifico del martirio, facendo pure notare che Sebastiano era stato ammazzato in età adulta.


Jaume Ferrer, Museu nacional d’art de Catalunya


Tutte queste considerazioni possono condurci alla prosecuzione di un culto antico, la Divinità che scongiurava peste e malattie e per giunta munita di frecce è Apollo, molto venerato appunto in tutta Italia ma specificatamente al sud.

Emblematico il fatto che grazie a una intercessione di Sebastiano sarebbe stata scongiurata una tremenda ondata di peste.

Inoltre i detti popolari fanno riferimento a San Sebastiano come un santo solare, "San Sebastiano un'ora buona", legandolo anche qui ad Apollo e all'avanzamento del Sol nascente nel ciclo annuale.


Il racconto agiografico poi delle frecce e anche la storia commissionata nel 1200 a Jacopo da Varazze sa tanto di copertura di qualcos altro. Al tempo furono da poco cristianizzati i popoli norreni, tra i popoli norreni e germanici era molto diffuso il culto di Baldr. Divinità solare che, come Sebastiano, fu bersagliata di frecce.


Andrea Mantegna, Galleria Franchetti Cà d’oro, Venezia



Infatti le fonti narrano che Odino trovò che il Fato aveva già decretato la morte di Baldr, quindi Frigg raduna ogni essere vivente facendogli giurare che nessuno potrà mai essere nocivo al Buon Dio.

Decretato ciò Gli Dèi in circolo tirano frecce a Balder (vi ricorda il martirio di Sebastiano) se non che Loki, avendo scoperto che l'unico essere in grado di danneggiare Balder era il vischio convinse Hodr l'arcere cieco a scoccarlo contro Il Dio, uccidendolo e creato profondo sgomento fra tutti Gli Dèi.

Baldur tornerà in seguito dopo il Ragnarok per ricreare una nuova età dell'oro.

Infatti come tramanda Snorri: "Questa storia ebbe inizio quando Baldr il buono fece terribili sogni premonitori che riguardavano la sua vita. Egli raccontò questi sogni agli Æsir, quindi essi si riunirono in consiglio e fu deciso di proteggere Baldr da ogni tipo di pericolo. Frigg si fece giurare dal fuoco, dall'acqua, dal ferro e da ogni specie di metallo, pietre, terra, alberi, malanni, belve, uccelli, veleno e serpenti, che non avrebbero fatto alcun male a Baldr.

Quando ciò fu stabilito e garantito, Baldr e gli Æsir si misero a fare un gioco nel quale lui stava in piedi al centro del þing, mentre tutti gli altri dovevano colpirlo, trafiggerlo [con armi] o lanciargli pietre. Ma qualunque cosa gli si facesse, [Baldr] non veniva ferito, e questo parve a tutti un grande vantaggio... "

Snorri Sturluson, Gylfaginning


Baldr

La leggenda aurea di Jacopo da Varazze sembra accuratamente studiata per soppiantare il culto di Baldr, diffuso anche in Germania e Italia e in generale in tutta l'area Sveva come dimostrato dalla Sua citazione negli incantesimi del codice di Merseburgo. Tuttora infatti il culto di San Sebastiano è diffuso anche in Trentino Aldo Adige ed è patrono degli schutzen.


Baldr poi è un altro Dio solare, come Apollo greco-italico, e il blot germanico a Lui sacro cadeva proprio nel periodo di Yule, tra dicembre e fine febbraio (quando cadeva il blot di Donar/Thor) ed era un sacrificio necessario al ritorno della luce e del periodo luminoso dell'anno. Proprio come indicato anche dagli odierni detti popolari su San Sebastiano.


Alla luce di tutte queste considerazioni possiamo considerare il ponte creato con San Sebastiano un Genio della schiera apollinea e soprattutto legato a Baldr per i sodali gentili germanici (ma non solo).


Gianluca Vannucci



sabato 30 dicembre 2023

Epifania, l'ultima notte dell'incenso


Sebbene è innegabile che l'Epifania sia una festa cristiana, ebbene altrettanto non si può negare che sia a ben vedere in realtà multiconfessionale, moltissime tradizioni sono infatti collegate a questa importante data del 6 gennaio.

Cominciando col dato più evidente a tutti noi, nel folklore e nella tradizione italiana la notte tra il 5 e il 6 gennaio è quella in cui giunge la Befana, una strega buona che porta doni ai bambini, mettendoli in delle calze spesso appese ai camini, ai cattivi porta carbone, mentre ai buoni dolcetti e frutta secca tradizionalmente.

La calza è un elemento oltre che di fertilità, da simbolismo luminoso, sono passate infatti 12 notti dalla notte di Natale e la luce torna ormai a essere visibilmente aumentata giornalmente, anche se ancora di pochi minuti ("per la Befana un passo da strega", dice il proverbio riferendosi alla poca luce in più). La calza inoltre, come anche la scarpa è un simbolo de "La Sandalata", uno degli epiteti legati a Proserpina che guardacaso oltre a concedere la fertilità nel nuovo anno con la primavera giudica anche le anime in modo simile a come fa la Befana più bonariamente. 

Ci troviamo quindi di fronte ad un altro giudizio karmico, simile a quello di Babbo Natale, ovvero finito l'anno Il Signore karmico (Wodan per i tradizionalisti germanici, Saturnus per gli italici-romani e perfino San Nicola per i cristiani) concede ad ognuno ciò che si merita.

La Befania, corruzione di Epifania ha numerosissimi nomi a seconda del luogo. Nel Medio Evo tra i tanti nomi troviamo in Francia Abundia e Satia, in quanto Signora dell'Abbondanza ma anche Sataera e Saeter in Inghilterra, con evidente analogia a Satres, Saturno, e alla semina. In Germania è anche Holle/Holda. Alcuni la ricollegano alLa Dea romana Strenua, dalla quale derivano le strenne natalizie, in origine rametti d'alloro prelevati dal Suo bosco sacro e scambiati come regalo di buon auspicio. Il nome che ricomprende tutti però è Perchta, "La Splendente" e fu identificata nel Medio Evo anche con Bertrada di Leon, ovvero Berta dai gran piè nelle filastrocche, la madre di Carlo Magno (in certe aree a capo della caccia selvaggia, il corteo notturno di Diana dei morti in processione).

Chi è realmente questa figura? La Perchta si confonde con varie figure divine, in quanto "moglie di Babbo Natale" nel folklore (quindi Wodan) è ricollegabile a Frea, La Filatrice che tesse le karman di ogni uomo e si cura dell'inizio dell'anno in modo simile alle Fatae e a Giunone, a cui sono sacre le Kalendae e i primi giorni dell'anno. È anche poi una Signora degli animali come Diana, che significa sempre La Splendente, come Perchta che infatti ha due volti, uno è sempre anziano (come la nostra Befana) e talvolta mostruoso, l'altro giovane e bello proprio come La Dea Hela germanica, tornando al richiamo della calza con Proserpina.

Nella tradizione retica ma anche celto-italica le 12 notti tra il 25 dicembre e il 6 gennaio sono dette Notti dell'incenso. In Alto Adige tutt'ora in queste notti (più spesso le 3 Grandi Notti ovvero quella tra 25 e 26, tra 31 e 1 e tra 5 e 6) il capofamiglia percorre i masi e le baite con dei ramoscelli e acqua benedetta accompagnato da un membro della famiglia con un incensiere che diffonde incenso, al fine di purificare le dimore e le stalle in vista del nuovo anno. Queste sono infatti notti critiche e si dice che ognuna di essere corrisponda a uno dei dodici mesi del futuro anno ancora in formazione. Si lascia poi, questo un po' ovunque almeno in Italia, un'offerta di cibo in cucina o sul davanzale per la Perchta, che altrimenti se la sarebbe presa per non aver trovato la casa in ordine e qualcosa da mangiare. Nello stesso periodo si fa lo stesso per Cailleach in Scozia e altre zone celtiche come la Galizia, Cailleach è una bonaria Dea anziana che in inverno è in grado di portare acqua e abbondanza ai più meritevoli, proprio come Perchta.

Cailleach

Era inoltre una notte nella quale gli animali parlavano nelle stalle e quindi bisognava trattarli bene onde evitare che parlassero male del padrone.

In Austria il 5 gennaio per le strade di alcuni paesi arrivano facendo schiamazzi le Schnabelperchten, figure con becco e lunghi capelli bianchi con un cesto sulla schiena, con cui porterebbero via i bambini capricciosi, e delle enormi forbici di legno con cui girano armate. Con questi utensili, secondo le leggende, aprirebbero il ventre dei malvagi, di coloro che non rispettano le prescrizioni delle feste e degli sfaticati, sostituendo poi le loro viscere con degli stracci, dei rami o dei ciottoli.

Schnabelperchten a Rauris, Austria

In Friuli la notte dell'Epifania vengono accesi dei falò, detti pignarùl, grosse cataste di legna simili alla fogheraccia romagnola di marzo. Al calar della sera una stella viene issata su una pertica e i re magi in costume portando fiaccole guidano un corteo.

Infatti in alcuni paesi soprattutto della Lombardia sono i magi a portare i doni nell' Epifania.

Mentre in Veneto con la festa del "pan e vin" si brucia una figura della Befana in falò nelle piazze.

La Vecia, che è poi sempre la stessa figura viene bruciata l'ultimo giovedì di gennaio nelle piazze lombarde e per questo chiamata Giovia, nome che connette a Giove e Giunione.

In altri paesi si taglia a metà la Veccia e ne escono doni, caramelle e frutta secca. È la Signora dell'inverno che morendo dona abbondanza proprio come Abundia e Calleach scozzese. Questi riti della vecchia continuano fino a marzo, retaggio della fine dell'anno vecchio romano.

Si noti come queste usanze siano tutto fuorché cattoliche o gradite a "santa madre chiesa", ma non è finita qui. 


Infatti il 6 gennaio ad Alessandria d'Egitto i Gentili festeggiavano la nascita di Aion da parte delLa Kore e la notizia ci giunge proprio da Epifanio, vescovo di Salamina nel IV secolo che scrive:

"Prima, ad Alessandria, nel Koreum, come lo chiamano; è un tempio molto grande, il santuario di Kore. Stanno svegli tutta la notte cantando inni all'idolo con un accompagnamento di flauto. E quando hanno concluso la loro veglia notturna , i tedofori scendono in un'edicola sotterranea dopo il canto del gallo e portano su un simulacro di legno che è seduto nudo su una lettiga, ha un segno di croce intarsiato d'oro sulla fronte, altri due segni simili, uno per mano e altri due segni , uno in realtà su ciascuna delle sue due ginocchia - in tutto cinque segni con un'impronta d'oro. E portano l'immagine stessa sette volte intorno al santuario più interno con flauti, tamburelli e inni, fanno una festa e la riportano al suo posto sottoterra E quando chiedi loro cosa significa questo mistero, ti rispondono che oggi, a quest'ora, Kore, cioè la Vergine, ha partorito Aion".


Aion è veramente il Dorato Infante, Phanes Figlio delLa più alta Kore, quelLa Noetica, ovvero l'Eternità stessa. Secondo gli oracoli Aion è in posizione intermedia fra l'Essere e gli Dei, il Divino Maestro Proclo cita un importante Oracolo al tal proposito: "perciò l'ordine dell'Etrenità è detto essere 'Luce generata dal Padre' dagli Oracoli, poichè infatti una luce unificante brilla su tutte le cose: 'perchè Aion da solo, copiosamente cogliendo i fiori della mente con la forza del Padre, ha il potere di percepire l'Intelletto paterno e di impartire l'Intelletto a tutte le Fonti e i Principi, e ad intrecciarli e tenerli per sempre in movimento incessante.."


Appare quindi logico che all'inizio di un nuovo anno si celebrasse il parto, da parte della Kore, Vergine primigenea e Aeternitas, del nuovo Anno, questa l'usanza degli egiziani ellenisti di Alessandria.


Iside allatta Horus, affresco 


Nella tradizione egizia invece, dopo aver celebrato il 2 gennaio (7 del mese di Tybi) l'arrivo di Iside dalla Fenicia dove era andata in cerca di Osiris, il giorno 11 del mese di Tybi (quindi il 6 gennaio) si celebrava l'Epifania di Arpocrate, Il Divin Bambino, come ci tramanda Plutarco: "All'epoca del Solstizio d'inverno Iside partorisce Arpocrate, ancora imperfetto e immaturo, in mezzo ai primi fiori e frutti spuntati in anticipo. Pertanto a questo Dio si offrono i novelli frutti delle lenticchie". Riprendevano poi i riti di irrigazione con l'aratura, una sorta di battesimo del grano nuovo.


Per i copti infatti il 6 gennaio è rimasto la festa dell'acqua, l'Udreusis il battesimo di Gesù.


Anche noi Romani abbiamo una festa legata alle acque, Iuturnalia sacra a Iuturna Dea delle sorgenti l' 11esimo giorno di Ianuarius e verso la fine del mese le Ferie Sementive.


Gli gnostici non celebravano il Natale, infatti questa fu una psy-op delle gerarchie ecclesiastiche del IV e V secolo al fine di celebrare la nascita di Cristo quando i Gentili celebravano quella di Sol Invictus. 

La festa certamente più importante per gli gnostici era l'Epifania, nella quale si celebrava oltre alla nascita e l'arrivo dei Re Magi, anche e soprattutto il battesimo di Cristo nel Giordano e il miracolo di Cana. 

Gli gnostici del maestro Basilide in Alessandria celebravano nel II secolo l'Epifania come riporta Clemente Alessandrino:

"festeggiano anche il giorno del suo battesimo trascorrendo tutta la notte in letture". Infatti per gli gnostici Cristo era sceso su Gesù con la colomba, durante il battesimo. Era dunque secondo gli gnostici una Epiphaneia, da qui deriva il nome della ricorrenza.

Gli ortodossi eliminarono gli elementi gnostici e si appropriarono della festa, che tuttavia mantenne la ricorrenza del battesimo.

I cattolici eliminarono anche quello, relegandola alla mera manifestazione ai pagani e celebrando con una poco sentita e minore celebrazione, il battesimo di Cristo la prima domenica dopo l'Epifania. 


Battesimo di Cristo, battistero degli ariani, notare il Genio del fiume Giordano

I cristiani niceni una volta ottenuto il dominio dell'Impero e imposto la teocrazia sia sui Gentili che sugli Gnostici nel IV secolo divisero le date e sminuirono l'Epifania (ai tempi di Giuliano ancora la festa maggiore, tant'è che lo stesso Imperatore fu costretto a partecipare come sappiamo dai Suoi scritti) ridotta a mera ricorrenza dell'apparizione ai Gentili, dando più importanza al Natale dal V secolo, come conferma Jacob Bar-Salibi, un vescovo siriano del XII secolo: "La ragione per cui i padri della chiesa spostarono la celebrazione dell'Epifania dal 6 gennaio al 25 dicembre fu questa, dicono: era consuetudine dei pagani festeggiare proprio il 25 dicembre il compleanno del Sole, e accendevano luci per esaltare il giorno, invitando e ammettendo i cristiani a questi riti. Quando, quindi, i maestri della chiesa videro che i cristiani propendevano per questa consuetudine, escogitarono una strategia, fissando la celebrazione del vero Sorgere del Sole in questo giorno, e ordinarono che l'Epifania fosse festeggiata il 6 gennaio; e questa prassi è stata mantenuta fino ai giorni nostri insieme all'accensione delle luci."


Ma il significato dell'Epifania gnostica sarebbe rimasto intatto tra alcuni cristiani come quelli armeni e siriani, che scendevano in quel giorno al Giordano immergendosi in una cerimonia molto simile a quella del Gange in India.

Da queste tradizioni dell'Epifania gnostica deriverebbero anche i tuffi nei fiumi nel periodo natalizio, tipici di alcuni paesi ortodossi come la Russia. 

Nel cristianesimo orientale infatti si è mantenuta la tradizione che festeggia il 6 gennaio il battesimo di Cristo nonché il miracolo di Cana, e pure a Recanati in Italia si cantava questa filastrocca dall'evidente retaggio dionisiaco oltre che gnostico e insolitamente orientale:

"Sulle rive del Giordano, 

dove l'acqua diventa vino 

per lavar Gesù Bambino

 per lavar la faccia bella,

 giunti siamo alla Pasquella."


Inoltre citando Pierre Saintyves dal suo studio "I Santi successori degli Dei": "L'origine egizia di questa festa dell'acqua divenuta rigenerante grazie al ritorno di Iside e alla venuta di Arpocrate sembra certa. La chiesa cattolica commemora in tal giorno non solo l'adorazione del nuovo Arpocrate che sortisce dalle acque ma pure il battesimo di Gesù che, del tutto pronto per la sua nuova missione e per il miracolo delle nozze di Cana ovvero la trasformazione dell'acqua in vino. "I cristiani orientali - scrive l'abate Martigny - avevano l'abitudine di recarsi nel notte dell'Epifania a raccogliere acqua presso le fonti, la quale si c servava senza guastarsi per un anno intero e anche per due o tre. Crisostomo lo attesta specialmente per i greci, mentre per gli altri Epifanio".


Questo vescovo ci assicura che grazie a un eclatante portento, si vedevano ai suoi tempi in diversi luoghi molte sorgenti e qualche fume la cui acqua si era cambiata in vino o ne aveva assunto gusto e colore, nel giorno anniversario del miracolo compiuto da Gesù Cristo. Asserisce di aver gustato lui stesso vino da una di quelle fonti che stanno a Cibyra, in Asia Minore, e afferma che monaci di sua conoscenza avevano provato la stessa cosa in un'altra fonte vicino la città di Gerasa in Arabia aggiunge che qualcuno ha scritto la stessa cosa delle acque del Nilo di una certa zona e che gli egiziani raccoglievano dell'acqua il giorno del l'Epifania per tenersela in casa (Baillet).

Plinio (II, 103) afferma che l'acqua di una fonte dell'isola di Andros, scaturente all'interno di un tempio di Dioniso prendeva sapore vinoso il 5 gennaio. Si noti la data. È evidente che da un antico rito si era passati a un miracolo privo di significato, miracolo a cui i cristiani credettero di dover opporre ciò che il Vangelo riferisce fece Gesù. Questa commemorazione ci appare dunque come la sopravvivenza di un rito greco-alessandrino, così come il nostro dolce del re con la sua fava testimonia del doppio sacrificio di dolci e fave che si offrivano un tempo a Iside e a suo figlio Arpocrate."

In Grecia poi a dicembre prima con le Dionisia rurali e poi proprio in gennaio con le Lenee, in Atene le feste terminavano con l'Epifania (la manifestazione) di Dioniso tra le genti.

Quindi l'Epifania è una festa prima egizia ed ellenica, poi anche gnostica e solo successivamente cristianizzata, con un impatto molto minore rispetto ad altre feste.

mosaico dei tre Magi, sant'Apollinare nuovo

Nel significato poi esoterico possiamo quindi analizzare i 3 (non a caso) avvenimenti festeggiati nell'Epifania gnostica. La visita dei Magi ha diversi significati ed è contemplata anche in oriente, secondo il racconto evangelico alcuni re dall'oriente giunsero a chiedere a Erode dov'era il re dei giudei appena nato e che portarono poi a Gesù bambino oro, incenso e mirra come doni (notare che ritorna l'incenso, nell'ultima delle 12 notti dell'incenso).

Uno di questi magi fu un re indiano-partico, Vindhapharna, tradotto in armeno Gathaspar e Gondofarne in greco e pare fosse un alchimista, del resto era un "mago" oltre che un astrologo e secondo alcuni racconti apocrifi venne in seguito ad una predizione di Zoroastro.

Senza contare i numerosi racconti che parlano del fatto che i Magi fossero in possesso del libro di Seth (identificato con Zoroastro) da donare a Cristo alcuni racconti interessanti ci vengono da Marco Polo, che li avrebbe ascoltati in Persia durante i suoi viaggi. 

Si narra che arrivati al luogo dove il bambino era nato da poco, il più giovane dei magi andò a vederlo da solo: e lo trovò che somigliava a lui stesso e pareva avesse la sua età e la sua fisionomia. Uscì stupefatto. Dopo di lui entrò quello di media età, e il bambino gli parve della sua età e della sua fisionomia. Anche lui uscì stupefatto. Poi entrò il terzo che era di età maggiore, e gli accaddeli stessa cosa che agli altri due. Uscì fuori tutto pensoso. Quando si trovarono insieme, i tre si raccontarono quello che avevano visto dopo essersi molto stupiti, decisero di andarci tutti insieme. E ora tutti insieme davanti al bambino, e lo trovarono dell'aspetto e dell'età che egli aveva, essendo nato da tredici giorni.

Appare ovvio da questa storia come Cristo qui sia letteralmente Aion, il tempo eterno infinito, festeggiato ad Alessandria insieme a Kore il 6 gennaio e, riconnettendosi allo zoroastrismo, ricorda anche Zurvan.

I 3 doni poi: oro, incenso e mirra, che secondo i cristiani simboleggerebbero Dio, l'uomo e il re invece a mio parere simboleggiano le tre fasi dell'Opera alchemica, la mirra infatti corrisponde alla nigredo, l'incenso all'albedo e l'oro infine, la realizzazione dell'iniziato, alla citredo/rubedo.

Per quanto riguarda il battesimo di Cristo come ci tramandano gli Gnostici secondo loro lo spirito divino scese su Gesù durante il battesimo e per questo ci si purificava e battezzava nel fiume Giordano in quella data o in altri fiumi a seconda della località, tradizione che è rimasta presso i Mandei. La chiesa cattolica non lo celebra durante l'Epifania e non gli da questa importanza.

Il miracolo di Cana invece è una trasmutazione alchemica, ed è il terzo e ultimo avvenimento ricorda l'opera finale per il colore della rubedo.

Inoltre si rifà anche al ricordo dell'episodio dell'epopea di Dioniso, che da bambino giocando con gli acini d’uva tra le mani, ne fece scorrere il liquido dolciastro e, una volta assaggiatolo, fu colto da uno stato di allegria ed ebrezza, più tardi decise di fare dono agli uomini di questa bevanda e nelle città ovunque andò insegnò l'arte vinicola e tramutò l'acqua di un fiume in vino per far assaporare il divino nettare agli increduli abitanti.

Epifania di Dioniso, Cipro IV secolo

L'Epifania insomma è tutt'altro che una festa unicamente cristiana ma multiconfessionale e ricca di tantissime tradizioni nonché densa di simbolismo legato all'inizio del nuovo anno.

La creazione dell'Anno nuovo, dopo il Solstizio e dopo 12 notti, tante quanti i mesi, è compiuta alchemicamente e si appresta a cominciare dopo il sacrificio propizio a Giano durante Agonalia del 9 gennaio, che pongono termine al periodo solstiziale.


Gianluca Vannucci

 

lunedì 30 ottobre 2023

San Demetrio e la settimana dei morti


Nessuna descrizione della foto disponibile.



Il 26 ottobre soprattutto in territori ortodossi come l'est Europa, la Grecia ma anche il sud Italia si festeggia San Demetrio e con esso inizia il periodo dei morti.


Chi sarebbe Demetrio? L'agiografia è vaghissima e la prima prova della sua esistenza si ha soltanto 175 anni dopo il suo presunto martirio (sotto Diocleziano, povero Princeps quante calunnie da parte dei cristiani...) infatti in realtà questo San Demetrio non è mai esistito, è un'idea.

È patrono dei crociati e dei militari in maniera speculare a San Giorgio e come esso è legato ai Misteri Eleusini.

Infatti come San Giorgio il 23 aprile presiede ai Misteri Minori San Demetrio (guardacaso patrono insieme a Giorgio di Eleusi e grandemente onorato e festeggiato) presiede a quelli Maggiori.


I morti erano chiamati Demetrii in Grecia perché sotto la tutela di Demetra così come in latino Kerriti, riferendosi a Keres, La Dea oltre che delle messi anche del Mundus.

San Demetrio altri non è che uno sdoppiamento del Cavaliere Trace che abbiamo già visto come ipostasi in San Giorgio.

Infatti i "cavalieri" sono 3 e si dipanano tra i mondi, i 3 Coribanti appunto.

Quello bianco è stato identificato con San Giorgio ed è il più"alto" il Cureta delLa Magna Mater e rappresentante anche dell' albedo;

Quello rosso, Demetrio appunto si identificherebbe col drago che difende Eleusi dai saccheggiatori, il drago di Demetra.

Il terzo sarebbe identificato Teodoro un terzo cavaliere martire dal cavallo scuro, la nigredo.

Ex patrono di Venezia e quindi in qualche modo legato anche a Reitia come Belos Equorios.

Proprio nel periodo che anticamente era delle purificazioni (febbraio).

Così fino al dopoguerra è rimasta l'eco dell'antico periodo dei morti con le feste, che partivano da San Demetrio (il 26 ottobre) in poi e, con buona pace dei neo-cristiani tradizionalisti alle prese con turbe isteriche protestanti, con tanto di zucche e rape intagliate. 

Come fra le altre cose documentato da un sito romeno:

"Nella notte di San Demetrio c'è l'usanza dei falò accesi sulle colline, su ruote di carri o alberi in fiamme, che simboleggiano la morte e la rinascita della natura. Il fuoco di San Demetrio richiama la purificazione, la fertilità e fa persino da oracolo, in quanto si fanno le previsioni del tempo", spiega Natalia Lazăr, etnologa presso il Museo della Contrada di Oaş (Muzeul Ţării Oaşului).

I falò alla vigilia di San Demetrio commemorano in ugual misura gli antenati. Nei villaggi tradizionali, c'era l'usanza di mettersi attorno al fuoco, cantare e offrire cibo e bevande alla memoria dei defunti. Si credeva che i morti alla memoria dei quali non fossero stati offerti cibi, si sarebbero trasformati in fantasmi che avrebbero poi tormentato i parenti in vita. Toccava soprattutto alle donne andare a trovare la gente seduta attorno ai falò, per offrire frutta autunnale: prugne secche, uva, noci e pere.

Sempre la fine del mese di ottobre segna anche un momento importante nella trasformazione del tempo, aggiunge Natalia Lazăr. "Se San Giorgio apre i campi, segnando l'arrivo della primavera, la rinascita della natura e l'inizio della stagione della pastorizia, sei mesi dopo arriva San Demetrio, portando l'autunno e il freddo, e chiudendo i campi e il periodo della pastorizia. Il folclore ritiene fratelli i due santi, e nell'iconografia romena vengono a volte raffigurati insieme. Una leggenda della contrada del Maramureş fa riferimento al fatto che Dio ha consegnato ai due santi le chiavi del tempo. San Giorgio fa inverdire le foreste, mentre San Demetrio porta via le foglie. Con la stessa chiave, i due santi chiudono e schiudono le porte del cielo e il calore del Sole"


Insomma la Tradizione, lungi dall'essere estirpata brutalente ha trovato una via per resistere anche attraverso le insidie di quelle epoche buie. Il nostro Fuoco Eterno dovrà aiutarla a resistere in questi, per certi versi ancor più tremendi, tempi materialisti.


Gianluca Vannucci


lunedì 5 luglio 2021

Prisco Attalo: una tragica figura romantica nel Tardo Impero

Solidus di Prisco Attalo, sul retro la Dea Roma



Ben pochi conoscono Prisco Attalo, personalità del tardo Impero Romano. Per i libri di storia scolastici praticamente non esiste (come quasi tutto questo periodo a dire il vero) e anche i testi accademici spesso lo nominano in maniera sfuggente e poco chiara.


A mio parere rappresentò uno dei pochi barlumi di speranza in un'epoca oscura e tumultuosa.

Prisco Attalo era un greco della Ionia ma cresciuto e vissuto sempre in Roma, dove raggiunse l'alto rango senatoriale e la fama di oratore e poeta particolarmente dotato. Come il suo caro amico, Aurelio Simmaco, anch'egli era Gentile e ricoprì diverse cariche cittadine.

Nel 408 e.v. l'Urbe, e a dire il vero l'Italia e l'Impero, giacevano in rovina a causa dell'abbandono della Pax Deorum Hominumque e dei Mores arcaici oltre che dalla mancanza di Pietas e la politica scellerata degli imperatori profani: negli anni precedenti Teodosio l'Empio, ora i suoi due inetti figli Arcadio ad est, Onorio ad ovest.

Sotto minaccia di incursione barbara visigota Onorio non riusciva a prendere una decisione decente.

Stanco dei continui tentennamenti da parte dell'imperatore, il Senato decise di farne le veci trattando coi visigoti e mandando poi una delegazione, con a capo Attalo, da Onorio al fine di portare le ragioni dei sudditi di Alarico, i quali chiedevano terra di confine per stabilirsi.

Onorio respinse tutte le richieste ma nominò presto Prisco praefectus urbi di Roma.

Insoddisfatto, Alarico, nel 409 in accordo coi senatori proclamò il nostro Attalo imperatore, che pur di poter far qualcosa per la Tradizione e la Patria accettò di farsi battezzare come ariano da un vescovo barbaro(la condizione posta da Alarico), pur rimanendo Gentile.

Tra i suoi primi atti ci furono: la concessione di cariche ai Gentili e gli stessi diritti  dei cattolici a loro e agli ariani; l'elevazione a magister equitum di Alarico.


Iniziò poi la marcia verso Ravenna, Prisco venne acclamato imperatore dai Gentili di molte città e in ultimo a Rimini, dove entrò il 5 settembre e si stabilì, simbolicamente nella città di Giulio Cesare, con esercito metà italico metà visigoto.

Rintanato a Ravenna Onorio, atterrito, propose ad Attalo la divisione dell'impero, offerta che ad uno come Attalo parve ridicola e che rigettò, pretendendo il ritiro da parte dell'imperatore.

Purtroppo però i destini non volgevano a favore di Prisco Attalo: Eracliano, comes d'Africa fedele ad Onorio, bloccò rifornimenti di grano all'Urbe, causando una brutta carestia:

L'impero d'oriente come se non bastasse stava inviando rinforzi all'imperatore. In tutto questo Alarico, confabulando con Onorio tradì Attalo, spoglindolo della porpora, incarcerandolo e riconoscendo Onorio. Pochi giorni dopo i visigoti diedero inizio al catastrofico sacco di Roma, il che lascia il sospetto di accordi tra il capo barbaro e Onorio, in cambio della rimozione del di lui odiato usurpatore. Anche alla luce del fatto che sua sorella Galla Placidia andò in sposa al futuro re visigoto, Ataulfo.

Alarico morì comunque pochi mesi dopo il saccheggio dell'Urbe, poichè un'empietà del genere non poteva essere perdonata.


Il nostro Attalo non rinunciò ai suoi piani e nel 414, dopo aver composto dei versi per il matrimonio di Galla Placidia e Ataulfo, quest'ultimo lo proclamò nuovamente imperatore nella Gallia Narbonense. Purtroppo però un po' forse a causa di Galla e poi della orvinosa sconfitta subita dai visigoti costretti a ritirarsi in Hispania,  ad opera del generale Costanzo, Attalo venne catturato nel 415.

Onorio lo fece mutilare di due dita e sfilare al suo trionfo in Ravenna, dopodichè fu esiliato nell'isola di Lipari.


Si perdono così le tracce di Prisco Attalo, tragica figura romantica, legata alla Tradizione e alla Patria ma anche di quello che fu, seppur per breve tempo, un imperatore... troppo spesso dimenticato dalla storiografia.


Gianluca Vannucci

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