venerdì 9 dicembre 2022

San Giuliano e Il Genio Ariminensis


Rimini per i cristiani ha 4 antichi patroni (in epoca moderna ne aggiunsero altri): Santa Colomba, della quale parleremo molto probabilmente più avanti; Innocenza, sostanzialmente un doppione di Colomba; Gaudenzio, il primo vescovo e patrono della diocesi e l’unico attualmente festeggiato e San Giuliano, oggetto di questo articolo e accennato in precedenza in quello sugli antichi templi.


Perché dovremmo interessarci di un santo cristiano in questo spazio? Inanzitutto questa è la rubrica riguardante la storia di Rimini, in secundis è bene analizzare la sua storia in quanto non è un semplice patrono appiccicato dalla diocesi come Gaudenzio, analizziamo quindi la sua agiografia.


La leggenda agiografica


San Giuliano di Anazarbo (in Cilicia), questo è il nome completo, di cui non si è nemmeno sicuri, taluni infatti dicono che questo martire fosse istriano (e avrebbe più senso data la storia) vi sono infatti 22 “San Giuliano” venerati dalla chiesa dalla storia pressoché identica.

Possiamo intuire quindi che, come la stragrande maggioranza dei santi antichi, tale San Giuliano non sia mai esistito in realtà.



Comunque sia l’agiografia dice che intorno al governo dell’Imperatore Decio (o Diocleziano secondo gli ortodossi, come vedete l’indecisione è regina) Giuliano, figlio di un senatore pagano e di una madre che lo educò al cristianesimo, tale Asclepiodora (nome emblematico, sul quale torneremo) venne denunciato e rifiutando di abiurare la sua fede venne condotto appunto ad Anazarbo dove fu torturato e gettato in mare dentro un sacco riempito di serpenti.


Finisce qui l’improbabile agiografia e inizia la storia riminese.


Patrono di Rimini


Nel 962 nel giorno di mezz’estate approdò sulle spiagge di Viserba, a nord di Rimini miracolosamente il suo sarcofago, che aveva viaggiato in mare dalla Cilicia (o dall’Istria) per 6 secoli e passa in un punto dove sgorgava una sorgente, la Sacramora, tutt’ora utilizzata.


Al momento però di trasportare l’arca del santo alla Cattedrale di Santa Colomba, sede vescovile riminese, i buoi che la trascinavano si rifiutarono di attraversare il Ponte di Tiberio, che collegava il borgo sorto nel Medioevo alla città antica.

Le reliquie furono quindi poste nell’abbazia di Pietro e Paolo (che, come specificato nell’articolo sui Templi riminesi fu costruita dai benedettini sopra un tempio) che da quel momento venne dedicata a San Giuliano.


l'episodio raccontato nella Pala di Bitino da Faenza, chiesa di San Giuliano, Rimini


Il 962 fu un anno molto importante, venne infatti fondato da Ottone il Sacro Romano Impero e crebbe sempre maggiore l’autonomia comunale che Rimini raggiunse nel XII secolo a guida ghibellina grazie all’Imperatore Barbarossa.


Nel frattempo presso il popolo riminese crebbe sempre più il culto e la figura di San Giuliano quanto protettore cittadino a dispetto di Gaudenzio, il patrono della diocesi.

I riminesi non sapevano niente dell’agiografia e dell’improbabile cristiano denunciato da un funzionario di Decio e perseguitato perché cristiano, per i cittadini era semplicemente San Giuliano, colui che donò la fonte Sacramora a beneficio e sostentamento di tutti i riminesi e che aveva salvato il Ponte dell’Imperatore Tiberio (ancora ricordato e amato come sovrano giusto) dal diavolo in una leggenda.


Già alla proclamazione del libero comune i patroni vescovili vennero declassati rispetto a San Giuliano, vero e proprio simbolo imperiale cittadino.

Fu così che, nel 1228 venne definitivamente proclamato Santo Patrono della città, ma non uno dei tanti, l’unico “protettore e avvocato celeste” ignorando Gaudenzio, Colomba e Innocenza, già patroni da secoli.

Il libero comune ghibellino, evidentemente in rotta con la diocesi, non gradiva un patrono come Gaudenzio il primo vescovo e quindi simbolo dell’autorità papale su quella comunale e imperiale.

Giuliano, giovane laico e cavaliere, era raffigurato nelle monete della zecca riminese (e questo fino a quando non cadde la signoria dei Malatesta e la città torno sotto dominazione papale) e sugli stendardi di guerra cittadini.

La stessa storia di San Giuliano negava al vescovo qualsiasi primato (l’arca si rifiutò di essere trainata fino alla sede della diocesi).


Bolognino di Sigismondo con effige di San Giuliano lucifero con la stella


Il 22 giugno inoltre, festa di San Giuliano, fu istituito per legge il Palio in Suo onore: cavalli di pregio, il cui valore non fosse inferiore a 50 lire, correvano da Viserba a Piazza Giulio Cesare in pieno centro cittadino.


Il primo premio consisteva in uno stendardo scarlatto, al secondo un’ambita porchetta ma è all’ultimo arrivato che curiosamente andava il premio più interessante: un gallo, con al collo un sacchetto contenente una libbra di pepe, che considerandone il valore dell’epoca era un premio di assoluto rispetto che condizionava paradossalmente l’andamento della gara.


Fonte Sacramora, Viserba di Rimini. Evidente raffigurazione apollinea

Analisi e conclusione


Ma al di là del mero interesse storico, analizziamo dal nostro punto di vista sia la leggenda che la storia del patrono.

Giuliano (quindi appartenente almeno nel nome alla Gens Iulia) figlio di Asclepiodora viene costretto a subire torture, potremmo dire delle prove e poi gettato negli abissi con dei serpenti.

Navigando per secoli con la sua “arca” approda presso una fonte sacra a Rimini proprio il 22 giugno, giorno del Solstizio (o immediatamente successivo) e sceglie come Sua dimora il Borgo, che in epoca romana era sede oltre che della necropoli del Sacello al Genio Ariminensis, il Genio protettore di Ariminum.

Rapidamente attraverso leggende cresce in popolarità, viene invocato dai cittadini contro le malattie e gli attacchi del “diavolo” inoltre si utilizza l’acqua della fonte Sacramora (sacra dimora) dalle proprietà curative. Viene eletto patrono del comune da parte imperiale e per tutta la durata dell’autonomia cittadina che coincide con la Signoria Malatestiana.

Nel giorno della Sua festa, il 22 giugno, l’ultimo arrivato della corsa di cavalli vince un gallo.


Ora, analizzando appare chiara la natura solare di San Giuliano.

I serpenti, la madre Asclepiodora, attraversa il mare su una barca solare e giunge proprio nel giorno del Solstizio, superando diverse prove e donando sorgenti curative. Sceglie come dimora l’antico sacello del Genio cittadino e l’ultimo arrivato al Suo palio (una corsa di Cavalli, Apollo è anche Atepomaros, Signore dei cavalli) vince un gallo, sacro anche ad Asclepio. L’analogia con l’ultimo arrivato alla corsa ricorda inoltre a me personalmente il sacrificio del gallo ad Asclepio in punto di morte da parte del Divino Socrate.

Nelle monete comunali è rappresentato lucifero, portatore di luce attraverso una stella.

Apollo è uno degli Dèi Penati di Rimini, venerato da prima della ri-fondazione romana.


San Giuliano, Bitino da Faenza, chiesa di San Giuliano, Rimini


San Giuliano è, a mio parere, una riemersione attraverso inconscio collettivo del Genio Ariminensis. Un Genio della famiglia di Apollo e Asclepio e a Loro strettamente connesso.

Inoltre il suo stesso nome, Giuliano della gens Iulia, il collegamento di protettore della città del Divo Iulio, il fatto che protettore degli Imperatori era Apollo e le leggende che lo legano al Ponte di Tiberio in quanto tutelare dello stesso fanno pensare anche alla sovrapposizione del culto imperiale, che avrebbe senso ulteriormente in quanto patrono di Rimini soprattutto dal punto di vista del SRI nel basso medioevo.


Il culto di San Giuliano e la Sua popolarità crebbero enormemente durante l’epoca comunale ghibellina, e durò per tutto il periodo della Signoria dei Malatesta.

Con la riconquista papale andò sempre più scemando, con l’aggiunta in epoca moderna di altri patroni, sempre più a favore di Gaudenzio, simbolo vescovile.

Oggigiorno è ricordato nel nome del famoso Borgo, che prese il Suo nome e l’abbazia in esso e per poco altro.



Gianluca Vannucci




Nessun commento:

Posta un commento