Chi siamo:

Questo sito tratta in maggior parte del Culto Tradizionale Romano.

Spesso si sente definire la Tradizione: “vecchio culto”, oppure “antica religione”,

il nome di questo spazio tende a sottolineare che il Culto degli Dèi, essendo Essi per definizione “Eterni, Impassibili e Immutabili” non può che essere tale.

Il Fuoco è quello interno in ognuno di noi, il Fuoco di Vesta, ma non solo quello fisico, il ponte cioè che permise a Roma di divenire un vero e proprio Santuario a cielo aperto, spento dal tiranno Teodosio nel 391, è soprattutto la nostra anima.

“Il Fuoco Eterno” si prefigge non solo di raccontare e divulgare la Tradizione dei Padri, ma anche la storia dei nostri Popoli e della nostra Nazione.


sabato 20 aprile 2024

La Roma Celeste



Roma non è morta, Essa non è una città. Un empio tiranno che ha spento il Fuoco non significa nulla.

Roma è una I-Dea, Roma-Amor.

La Roma Celeste alLa quale tutti dovremmo aspirare, tornerà e i Suoi nemici saranno spazzati via.


Flora in cielo

Roma in terra

Persefone nell’Elisio



“Ascoltami, o bellissima Regina del mondo interamente Tuo, o Roma, ascolta fra le volte stellate del cielo, ascoltami, o Madre degli uomini e deGli Dèi, non lontano dal cielo siamo grazie ai Tuoi templi: noi Ti cantiamo e sempre Ti canteremo, finché lo consentiranno i fati: nessuno può essere salvo e dimentico di Te. Gli empi oblii possano oscurare il Sole piuttosto che la Tua lode svanisca dal nostro cuore! Infatti, corrispondi eguali doni ai raggi del Sole, intorno a dove si agita Oceano; Febo, che controlla tutto, si volge a Te: i destrieri che da Te sorgono in Te li ripone. Non Ti ha frenato Libia con le torride sabbie, non Ti ha respinto l’Orsa armata del suo gelo: quanto la Natura che dà vita si estese sugli assi del mondo, tanto i luoghi della Tua terra furono accessibili alla Virtù. Hai dato una sola Patria a genti diverse: giovò agli ingiusti essere conquistati, essendo Tu La Signora. E mentre offri ai vinti di partecipare al Tuo peculiare diritto, hai reso una Città, ciò che prima era del mondo”


Claudio Rutilio Namaziano



Gianluca Vannucci 

mercoledì 13 marzo 2024

Quinto Fabio Massimo esempio di Virtus, Pietas e Gravitas

Quinto Fabio Massimo - STORIE ROMANE

Quinto Fabio Massimo, fu un patrizio appartenente alla nobile gens Fabia che divenne meglio noto col soprannome di Cunctator, ovvero "Temporeggiatore", per la sua tattica di guerra contro la potenza cartaginese.

Analizziamo meglio la sua storia per comprenderne l'esempio di Virtus.

Temprato da numerosi successi sui Liguri (nel 233 a.e.v.) che gli permisero di dedicare un tempio ad Honos et Virtus, dalla nomina a dictator nel 221 a.e.v. fu quindi inviato come ambasciatore presso i Cartaginesi nel 219 a.e.v. e divenne dapprima noto per il suo discorso al senato cittadino nel quale chiese ai Punici:

«Qui noi portiamo guerra e pace, scegliete voi quale delle due volete.»

(Livio, XXI, 18.13.) 


durante il viaggio di ritorno verso Roma non trovarono poi nessun popolo in Spagna e Gallia disposto ad aiutare i quiriti contro la potenza cartaginese quindi assunse, dopo la disfatta del Trasimeno nel 217 a.e.v. - 536 A.U.C. la dittatura.


Divenne ben presto esempio di saggezza e Gravitas in quanto decise astutamente vista la sbaragliante potenza di Annibale di non affrontare le truppe puniche apertamente ma di sfiancarle attraverso imboscate.


Una scelta che lì per lì costò molte critiche al Temporeggiatore da parte dei suoi detrattori.


Fu persino sospettato di voler prolungare la guerra di cui avrebbe potuto mantenere il comando, di viltà, di inettitudine e perfino di tradimento, quando Annibale incendiò i terreni circostanti, risparmiando i poderi di Fabio, per far cadere su di lui il sospetto e sebbene, dopo, lo stesso dittatore romano avesse donato i prodotti dei suoi possedimenti per riscattare alcuni prigionieri romani. Solo il grande Generale cartaginese paradossalmente apprezzò il comportamento di Fabio.


Quinto Fabio Massimo, da vero Vir Romanus, non si curò delle critiche della plebe e dei suoi oppositori, poiché conscio che quel suo agire stava salvando la Res Publica. Come ebbe poi da dire Ennio infatti "qui cunctando restituit rem" ("temporeggiando ripristinò lo Stato")

Perseverò quindi nella sua strategia e al contempo offrì solennemente aGli Dèi quasi come un redivivo Numa Pompilio.


Per non infiammare ulteriormente gli animi dell'Urbe inoltre Fabio aspettò la cessazione della dittatura di sei mesi nonostante la minaccia di Annibale fosse ancora concreta.

L'anno successivo infatti fu eletto Pontefice (era già membro del collegio augurale, carica che ricoprì per 62 anni) e si occupò del mantenimento del tempio di Venere Ericina.


Fabio divenne poi console per la quinta volta nel 209 a.e.v. e gli venne conferito il titolo di Princeps senatus, e durante il consolato inflisse un duro colpo ad Annibale riconquistando Taranto.


Quandò morì non riuscendo ad assistere alla fine della guerra, nonostante fosse benestante il popolo quirita assunse le spese funebri appellandolo quale "Pater" e "Magnus Dictator".


Nella sua vicenda umana possiamo quindi individuare l'esempio di come dovrebbe comportarsi un vero Vir romano, oltre che la Pietas nei confronti della Patria e deGli Dèi nonché la Gravitas nell'agire senza farsi prendere da istinti e tracotanza.


“Un solo uomo ha risollevato le sorti della Patria col prendere tempo, anteponendo la salvezza di lei a ogni calunnia. Ecco  perché la gloria di questo grande risplende sempre più nel tempo.” 

(Cicerone – De Senectute)  


Gianluca Vannucci 

mercoledì 6 marzo 2024

Equirria

 antichi romani gare di cavalli al campo marzio


Il 27esimo giorno del mese di Februarius si celebravano a Roma le Equirria.

Istituite da Romolo, era una festività nella quale si tenevano corse di cavalli in onore di Marte presiedute dai Salii.

Stiamo infatti lasciando febbraio e l'anno vecchio e quindi bisogna simpateticamente propiziare il ritorno della parte annuale sacra a Marte, in cui il popolo romano da cives tornava miles.

Non a caso le Equirria si ripetevano anche il 14 di marzo, giorno precedente le Idi sacre al Dio.

Le corse erano tenute presso il Campo Marzio, al di fuori del Pomerium e si presume, similmente all'Armilustrum di October e al Tubilustrum sempre di Martius servisse alla purificazione dei cavalli da guerra in una cerimonia da parte dei Sali. Tutte queste celebrazioni, come anche l'October Equus scandivano una tappa dell'anno e segnavano i passaggi stagionali.

"Ormai restano due notti del secondo mese. Marte stimola i veloci cavalli aggiogati al Suo carro: a giusto titolo imposto restò il nome di Equirria. E Il Dio contempla tale festa esattamente come il Suo campo. A buon diritto vi giungo oh Gradivo: il Tuo periodo richiede un posto nel mio canto: è venuto il mese designato dal Tuo nome".

Ovidio, Fasti I lib.II


Mars Vigila!


Gianluca Vannucci

lunedì 26 febbraio 2024

Quirinalia, la festa degli stolti


 

Il 17° giorno del mese di Februarius si celebravano a Roma le Quirinalia.


Istituita da Numa Pompilio la festa era dedicata a Quirinus, Il Dio delle Curie, poiché era l'ultimo dei 30 giorni di Fornacalia. Ovvero giorni utili alla torrefazione del farro, raccolto il 17 gennaio.

Ogni Curia aveva un giorno a propria disposizione per tostare il farro, poiché le curie erano 30 vi erano quindi 30 giorni, ma se un cittadino non conosceva (e non si curava di sapere) la propria curia di appartenenza poteva tostare il farro l'ultimo giorno, sacro a Quirino, identificato con Padre Romolo.


Erano quindi dette anche stultorum feriae, ovvero la festa degli stolti, proprio in riferimento a chi ancora, nonostante un mese a disposizione, non avesse già portato il farro a tostare.

Era quindi concesso loro di celebrare il rito a Quirino, Dio delle curie, e poi procedere alla torrefazione del proprio farro, alimento fondante della nostra civiltà.

Tuttora in fatti il 17 gennaio, giorno di Sant'Antonio si preparano pani di farro e inizia il Carnevale in diverse località della nostra nazione, che comprendeva anche il lancio apotropaico di semenze come il farro.

Romolo apparve a Proculo di ritorno da Albalonga, al quale, rese portatore presso il popolo dei Quiriti, il divieto di versare lacrime, di offrire incenso e coltivare il ricordo degli avi e lo spirito guerriero. Romolo come apparve così scomparve nella limpida aria. Proculo convocato il popolo imparti gli ordini e si eresse un tempio sul colle che da lui ne prende il nome, ossia Quirinalis . Il flamen quirinalis, ossia il sacerdote di Quirinus, era annoverato tra i tre flamines maiores:

Si erige un tempio al Dio che da lui si nomina anche il colle e in giorni si fissi si celebrano le cerimonie sacre ai padri In onore del dio Quirino.

Templa Deo fiunt collis quoque dictus ab illo est et referunt cert sacra paterna dies

Ovidio, I Fasti lib. 2, 511-512.


Il Figlio di Marte si fece Uomo di stirpe reale, nacque da una Vergine, braccato e perseguitato fin da infante fu accolto in una grotta, tra animali e pastori; poi, riconosciuta la Sua identità, fondò un Regno, un Popolo, una Religione, istituì le Leggi.


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Gianluca Vannucci

venerdì 19 gennaio 2024

San Sebastiano, il sacrificio necessario

 


Il 20 gennaio i cristiani celebrano San Sebastiano, la sua storia ci perviene da fonti agiogrfiche e molto poco credibili sebbene sia attestato fra i primi santi adorati dai cristiani.

Le scarse info sono basate sostanzialmente sulla Passio – fantasioso racconto del V secolo – e sulla Legenda Aurea di Iacopo da Varazze, commissionata dalla chiesa nel tardo Medio Evo. 

Nato forse a Narbona poi trasferito a Milano e arruolato nell’esercito romano, dove aveva fatto carriera anche grazie alla simpatia e all’appoggio degli imperatori Massimiano e Diocleziano. Malauguratamente però era cristiano e non ci volle molto perché fosse scoperto e condannato a morte: legato a un palo, fu bersagliato da tante frecce “da sembrare un riccio” e lasciato sul luogo del supplizio; tuttavia il giovane respirava ancora quando tale Irene andò a raccoglierlo per curarlo nella sua casa. 

Così, una volta guarito, l’aspirante martire cercò lui stesso gli imperatori che questa volta lo fecero ammazzare a frustate nell’ippodromo del Palatino e buttare nella Cloaca massima, certi che in quella fogna puzzolente nessuno l’avrebbe trovato (come se Diocleziano avesse tempo da perdere).

Sebastiano poi comparì sogno a un’altra pia matrona per ordinarle di raccogliere i resti e dare loro degna sepoltura presso una catacomba sulla via Appia, da allora chiamata col suo nome. 


Traslate in seguito in una basilica, le spoglie diventarono popolarissime  in seguito le sue reliquie furono smembrate e distribuite, mentre il suo culto si estese in tutta Italia e in particolare in meridione e in Trentino, caratterizzato come per quello di Antonio Abate dall'accensione di falò e la preparazione di dolci e pani. 


L'iconografia di Sebastiano dagli albori del cristianesimo lo rappresentava come un militare(come compare in Sant’Apollinare nuovo a Ravenna e nella più tarda basilica di San Pietro in Vincoli a Roma: un uomo di mezza età in buona salute e senza frecce conficcate nel corpo) tuttavia dopo l'imposizione forzata del cristianesimo niceano da parte di Teodosio e con lo svilupparsi del suo culto in varie zone d'Europa l'aspetto del santo cambiò radiclamente nelle raffigurazioni.


San Sebastiano, San Pietro in Vincoli, Roma


Nel medioevo, venne dipinto con una freccia, attributo che lo caratterizzerà d'ora in poi, dopo il 680 quando la fine di una pestilenza a Roma fu attribuita all’intervento miracoloso del Santo.

La raffigurazione di Sebastiano cambiò radicalmente, divenne un giovane bello e con frecce in mano, oppure con la riscoperta delle proporzioni dell'arte classica durante il Rinascimento, rifacendosi alle statue e ai mosaici di Adone e Apollo venne raffigurato seminudo e con frecce nel costato. Tanto da spingere nel 1624 l’arcivescovo di Milano Federico Borromeo nel suo “De Pictura sacra”, a raccomandare invano agli artisti di trascurare la bellezza del Santo per concentrarsi sulle sue ferite e sul significato salvifico del martirio, facendo pure notare che Sebastiano era stato ammazzato in età adulta.


Jaume Ferrer, Museu nacional d’art de Catalunya


Tutte queste considerazioni possono condurci alla prosecuzione di un culto antico, la Divinità che scongiurava peste e malattie e per giunta munita di frecce è Apollo, molto venerato appunto in tutta Italia ma specificatamente al sud.

Emblematico il fatto che grazie a una intercessione di Sebastiano sarebbe stata scongiurata una tremenda ondata di peste.

Inoltre i detti popolari fanno riferimento a San Sebastiano come un santo solare, "San Sebastiano un'ora buona", legandolo anche qui ad Apollo e all'avanzamento del Sol nascente nel ciclo annuale.


Il racconto agiografico poi delle frecce e anche la storia commissionata nel 1200 a Jacopo da Varazze sa tanto di copertura di qualcos altro. Al tempo furono da poco cristianizzati i popoli norreni, tra i popoli norreni e germanici era molto diffuso il culto di Baldr. Divinità solare che, come Sebastiano, fu bersagliata di frecce.


Andrea Mantegna, Galleria Franchetti Cà d’oro, Venezia



Infatti le fonti narrano che Odino trovò che il Fato aveva già decretato la morte di Baldr, quindi Frigg raduna ogni essere vivente facendogli giurare che nessuno potrà mai essere nocivo al Buon Dio.

Decretato ciò Gli Dèi in circolo tirano frecce a Balder (vi ricorda il martirio di Sebastiano) se non che Loki, avendo scoperto che l'unico essere in grado di danneggiare Balder era il vischio convinse Hodr l'arcere cieco a scoccarlo contro Il Dio, uccidendolo e creato profondo sgomento fra tutti Gli Dèi.

Baldur tornerà in seguito dopo il Ragnarok per ricreare una nuova età dell'oro.

Infatti come tramanda Snorri: "Questa storia ebbe inizio quando Baldr il buono fece terribili sogni premonitori che riguardavano la sua vita. Egli raccontò questi sogni agli Æsir, quindi essi si riunirono in consiglio e fu deciso di proteggere Baldr da ogni tipo di pericolo. Frigg si fece giurare dal fuoco, dall'acqua, dal ferro e da ogni specie di metallo, pietre, terra, alberi, malanni, belve, uccelli, veleno e serpenti, che non avrebbero fatto alcun male a Baldr.

Quando ciò fu stabilito e garantito, Baldr e gli Æsir si misero a fare un gioco nel quale lui stava in piedi al centro del þing, mentre tutti gli altri dovevano colpirlo, trafiggerlo [con armi] o lanciargli pietre. Ma qualunque cosa gli si facesse, [Baldr] non veniva ferito, e questo parve a tutti un grande vantaggio... "

Snorri Sturluson, Gylfaginning


Baldr

La leggenda aurea di Jacopo da Varazze sembra accuratamente studiata per soppiantare il culto di Baldr, diffuso anche in Germania e Italia e in generale in tutta l'area Sveva come dimostrato dalla Sua citazione negli incantesimi del codice di Merseburgo. Tuttora infatti il culto di San Sebastiano è diffuso anche in Trentino Aldo Adige ed è patrono degli schutzen.


Baldr poi è un altro Dio solare, come Apollo greco-italico, e il blot germanico a Lui sacro cadeva proprio nel periodo di Yule, tra dicembre e fine febbraio (quando cadeva il blot di Donar/Thor) ed era un sacrificio necessario al ritorno della luce e del periodo luminoso dell'anno. Proprio come indicato anche dagli odierni detti popolari su San Sebastiano.


Alla luce di tutte queste considerazioni possiamo considerare il ponte creato con San Sebastiano un Genio della schiera apollinea e soprattutto legato a Baldr per i sodali gentili germanici (ma non solo).


Gianluca Vannucci



mercoledì 10 gennaio 2024

Sant'Antonio Abate, sciamano e re dei folletti



Il 17 gennaio si festeggia Sant’Antonio Abate, detto anche Sant’Antonio dal purzèl perché raffigurato in compagnia di un maiale. Legato alla tradizione monacale e cenobitica egiziana dei primi secoli, un mix fra teologia egizia e cristianesimo dei primi secoli, questo santo realmente esistito secondo la Vita di Sant'Antonio scritta da Atanasio, nacque nel 251 da una famiglia egiziana cristiana contadina ma agiata. Seguendo il detto evangelico distribuì i beni che aveva ai poveri e si ritirò in eremitaggio nel deserto egiziano. Vivendo di privazioni nel deserto si racconta di numerosi episodi in cui Satana e dei demòni lo avrebbero tentato in ogni modo tittavia fallendo miseramente di fronte alla sua tempra. Rimase nel deserto per decenni e divenne ben presto famoso tanto che molta gente andava a visitarlo e molti divennero come lui anacoreti e diversi filosofi andarono a discorrere con lui. Morì poi a 105 anni.

Ma come mai la figura di questo monaco egiziano del tardo antico divenne così popolare soprattutto folkloristicamente?

Sant’Antonio Abate infatti in Italia ed Europa è patrono degli animali, raffigurato come un signore delle bestie circondato da animali e ogni 17 gennaio si portava a far benedire gli animali in suo onore.

Inoltre in diverse zone d’Italia si fanno falò nella notte di Sant’Antonio.

Questa infatti è un’altra notte simile a quella dell’Epifania, anche nella notte tra il 16 e 17 gennaio gli animali parlano e nelle stalle discutono su come si è comportato con loro il padrone, quindi bisognava trattarli particolarmente bene.

Era una giornata speciale, praticamente dimenticata oggi.

Diversi santuari dedicati a Sant’Antonio erano terapeutici come quelli di Polino, scavato nella roccia degli Appennini ed è ovviamente divenuto noto per la capacità di guarire dall’herpes zoster meglio conosciuto appunto come fuoco di Sant’Antonio.

Questo perché secondo una leggenda quando non c'era fuoco al mondo ed era tutto freddo gli uomini inviarono una delegazione nella Tebaide, luogo del deserto dove viveva Antonio, per pregarlo affinchè riportasse il fuoco agli uomini. Allora l’eremita andò a bussare alla porta dell’ inferno accompagnato dal suo maialino. I diavoli si spaventarono perché lo consideravano invincibile dato che aveva resistito a tutte le loro tentazioni e non vollero farlo entrare ma il maialino riuscì, mettendo a soqquadro la società dei diavoli,  con questa scusa, cioè di riprendersi la bestiola, Antonio ottenne il lasciapassare per entrare anche lui. Quindi una volta entrato prese del fuoco col suo bastone a forma di Tau e ritornando al mondo terreno donò il fuoco agli uomini.




A Novoli in provincia di Lecce si allestisce una grande catasta infuocata la notte di  Sant'Antonio, la focara, e alla fine la gente si portava qualche tizzone a casa. 

La tradizione dei falò è tuttora viva persino in alcuni parchi pubblici di Milano, nel Parco delle Cave e nel Boscoincittà si accompagna abitualmente a canti popolari, danze e alla degustazione di vin brulé. 

Da secoli, presso Linterno e numerose altre cascine del milanese, fa parte della tradizione il trarre auspici dal movimento della "barba" del santo, ovvero dal di materiale incandescente che i contadini producono smuovendo con forche da fieno la brace del falò quando la fiamma viva si è spenta.

La popolarità di Sant’Antonio si diffuse molto in zone galliche come il Nord Italia e la Francia e poi perfino in Irlanda arrivando a impersonificare l'archetipo del druido saggio, come Myrddin (Merlino) della mitostoria arturiana.

Infatti Sant’Antonio sempre accompagnato originariamente dal cinghiale, poi divenuto maiale perché più innocuo per i cristiani, altri non è che ipostasi di Lugos, Il Dio gallico artigiano che procede per avatar (i rix, gli imperatori di Roma, Cu Chullain eroe irlandese, ecc). Lugos è La massima Divinità del Pantheon gallico e presiede a funzioni di sovranità, apollinee, marziali e anche mercuriali. Presiede infatti alle arti ma anche al commercio, alla regalità e alla difesa della touta (la tribù). Augusto fu identificato come Sua ipostasi vivente. Nei racconti irlandesi Lugh sconfisse Balor, gigante anguipede che portava calore cocente e siccità e gli rubò il suo unico occhio, Datore di morte, che poteva usare a piacimento. Una forma di Lugos, solitamente biondo e armato di lancia, era quella del cinghiale Moccos, datore di abbondanza (in modo molto simile a Varāha, avatara di Visnu).

Il maiale poi è sacro a Cerere-Demetra e a fine gennaio si tenevano nel calendario romano le Ferie Sementive, festività agrarie per ringraziare Tellus Mater e Ceres

Da notare anche la sua collocazione calendariale a un mese dopo le Eponalia, feste sacre di Epona, protettrice delle stalle e degli animali.

 

Nell’antica Inghilterra le 12 notti iniziavano dall’Epifania e la sera del 17 si sarebbe festeggiata l’ultima notte, quella del Wassailing, una bevanda sacra a base di succo di mele cotto con agrumi e spezie.

Il rito del Wassailing prevedeva la benedizione notturna degli animali della stalla e degli alberi da frutto in particolare i meli.

In tarda sera le famiglie si recavano con una fiaccolata ai frutteti e intorno agli alberi cantavano:

“Per te, vecchio melo

Così che tu possa germogliare e sbocciare

E tu possa ancora portare mele

Da riempire i cappelli, cesti e mastelli

E le mie tasche, hurrà!”


È una sorta di incantamento atto a spronare la ninfa dell’albero affinchè si desti dal torpore invernale e torni a fruttificare. Finito di cantare si brindava col Wassail e se ne versava alla base degli alberi. Oltre ad essi venivano onorate anche le api, indispensabili messaggere delLa Dea.


Wassailing


 

A Bari poi, come riporta un quotidiano locale :

"Nel suddetto giorno chi utilizzava il fuoco nel loro mestiere come “u mèste traiìne” (il mastro carraio), “u ferraciùcce” (il maniscalco), “u ferrare” (il fabbro), “u fernare” (il fornaio), “la steratrìsce” (la stiratrice), “u caldaràle” (il calderaio; il ramaio), “u staggnare” (lo stagnino), “u vettare” (il bottaio), si asteneva dal lavorare perché si aveva il timore che il Santo, protettore degli animali domestici e del fuoco si «vendicasse» non ammettendo scusanti e li punisse con l’«herpes zoster» meglio conosciuto come «il fuoco di Sant’Antonio» o con altro dispetto come quello di procurare infortuni indelebili nel tempo.
Le massaie, i proprietari “de le candine” (delle cantine) o “de l’ostèrì” (delle osterie) che in quel giorno avevano contatto con il fuoco, erano protetti invece da “Sand’Andè” il quale chiudeva un occhio perché permetteva ai baresi di mangiare in suo onore.
La giornata terminava sempre in onore del Santo e del primo giorno di Carnevale accendendo “u fame” (il falò) dove i ragazzi più coraggiosi davano spettacolo saltando tra le fiamme.Questa lietezza era trasmessa ad altri per tutto il periodo carnevalesco avendo il clou nell’ultimo giorno di carnevale.Oggi della festa, di alcune consuetudini, e di alcuni piatti tipici che si gustano nel giorno di Sant’Antonio abate, ne è rimasto veramente poco".


focara di Novoli

Di nuovo i riti tipicamente pagani di lustrazione, come saltare sul falò da parte dei giovani, che ritroviamo a Beltane in maggio o ai romani Palilia in aprile. Curiosa poi l'altra funzione del Santo, che oltre a protettore dei lavori che hanno a che fare col fuoco e gli artigiani (altra funzione di Lugos), è anche annunciatore del Carnevale, che virtualmente inizia il 17 gennaio e continua fino al ristabilirsi dell' ordine primaverile e il ritorno di Marte. 

Iniziano da quì in poi le varie mascherate di fine anno carnevalesche, questo infatti è un periodo dell'anno nel quale regna il disordine in attesa della Primavera, questo l'antico senso del Carnevale e delle sue maschere.

Oltretutto l'associazione del santo con la panificazione, i fornai e il fuoco è un retaggio delle Fornacalia romane, feste della tostatura del farro, che iniziavano proprio il 17 gennaio in modo che ogni Curia avesse il suo giorno preposto. Terminavano il 17 febbraio il giorno delle Quirinalia, festa di Romolo-Quirino che era anche chiamata "stultorum feriae" poiché erano stolti coloro che non conoscevano la propria Curia oppure non erano riusciti neingiorni precedenti a tostare il proprio farro.

Con parte del farro tostato inoltre le Vestali preparavano la mola salsa, che serviva per i sacrifici.


In certe zone soprattutto in Emilia è poi detto il Befanone, compagno della Befana che porta regali più economici rispetto alla vecchina in arrivo il 6 gennaio: questo perché, solitamente, i doni del Befanone erano competenza dei nonni. Ancora una volta il santo e la sua ricorrenza vengono legati alla notte dell'Epifania, evidentemente a completamento di un ciclo di 24 notti dal Natale o addirittura 36 se contiamo da Santa Lucia, secoli fa la notte più buia.

 

 

L'origine pagana della venerazione di Sant'Antonio fu trattata anche da Charles Leland, studioso delle tradizioni etrusche in Italia che riporta come fosse considerato il "Re dei folletti" dai praticanti della stregheria italiana e della tradizione Gentile rimasta nel 1800:

"In qualche caso gli spiriti, o Santi Cristiani, corrispondono e, più precisamente derivano da quelli pagani. Le streghe tra i contadini toscani avevano capito questo fatto. Quanto questa vecchia religione sia profondamente radicata nella tradizione popolare lo si evince da una storia che troviamo in Faflon. Questo racconto narra di un contadino che, qualunque cosa accadesse, benedion folletti, intesi qui come divinità rurali. Le famiglie che conservano la conoscenza degli incantesimi, le antiche tradizioni e canzoni, non si considerano Cristiane. Voglio dire che in queste famiglie la religione è solo una facciata, i bambini vengono cresciuti come cattolici, si cerca di andare d'accordo col clero, ma se crescendo, questi figli dovessero mostrare una qualche attitudine alla magia, qualche nonna o zia, trasmetterebbe loro tutte le antiche credenze oggi però, questa tradizione si sta dileguando assai velocemente .

Certi santi erano riconosciuti come folletti. Il termine folletto ha un valore generico per qualsiasi tipo di spirito non Cristiano, cioè per folletti, fate, ninfe, spettri.
 Il capo dei santi-folletti è Sant'Antonio, il personaggio più familiare tra gli spiriti. I preti dicono che lui era tentato dal diavolo; però gli stregoni [...] Perfino divulgavano il fatto che Sant'Antonio comandava ogni tipo di demoni e di folletti quindi era un incantatore e uno stregone come loro. "Sant'Antonio e Simeone non possono essere considerati santi", mi disse una strega "perché noi ogni notte nelle cantine compiamo riti magici su di loro". Questi riti sono sempre rivolti a spiriti pagani e mai ai santi. Ma ciò che è decisivo nel determinare se un atteggiamento appartiene alla stregoneria e non al cristianesimo è dire la preghiera del Padre Nostro, alla rovescia o doppiamente, cioè ripetere ogni frase due volte Perché quando si fa così si chiama ogni entità pagana più velocemente, specialmente quando ci si rivolge a Sant'Antonio. Quando perdiamo qualsiasi cosa possiamo recitare un doppio Pater a Sant'Antonio così:"Pater noster. Pater noster! Qui es in coelis - Qui es in coelis!" e così via."


Quando una ragazza desidera conquistare un amore o quando chiunque desidera una qualsiasi cosa, lui o lei, debbono porre a mezzanotte da entrambi i lati del davanzale di una finestra due a di fiori contenenti l'Erba di Sant'Antonio e legati con un fiocco rosso fatto di ordi con tre spilli puntati per fiocco. Rivolgendosi alla finestra devono dire
"Sant'Antonio mio benigno,
Di pregarvi non son digno,
Se questa grazia mi farete,
Tre fiammi di fuoco per me facete.
Uno sopra la mia testa,
Che per me arde e tempesta,
Una cantò al mio cuore,
Che mi levi da questo dolore,
Uno vicino alla mia porta
Che di questa grazia non se ne sorta;
 Se questa grazia mi avete ,
Fatemi sentir tre voci!
Porta bussare,
Uomo fistiare,
E cane abbaiare!"
"Quando questa preghiera è stata pronunciata, si deve aspettare alla finestra e se si sente qualcuno che bussa alla porta, o un uomo che fischia, o un cane che abbaia, allora la grazia sara stata ricevuta, basta anche uno solo di questi suoni per sapere che la grazia è stata concessa. Ma se passa un cavallo nero, un asino o un carro funebre, la preghiera è stata rifiutata" "Invece se passa un cavallo bianco il favore sarà dato ma molto tempo deve passare"Pensando ai modi in cui ci si rivolge a Sant'Antonio, anche se è una figura medioevale e confrontando ogni analogia e associazione, c'è da ritenere che San Antonio sia uno spirito o un folletto Romano o Etrusco, "travestito" da santo. Infatti tutti i particolari di questa cerimonia sono di origine pagana così me la divinazione per mezzo dei suoni.San Antonio protegge i suoi amici da molti guai, ma specialmente dalla stregoneria, così nel dialetto romagnolo ci si rivolge a lui:
"Sant' Antogne, Sant'Antogne Sopre came, liberez dai sase! E dal streghi chliùvengu Liberez dai asase! In camia a stregem I mi burdel chi'e tent bel! Sant'Antogne e santa pia
Tui lentan el streghi da camia
 So ven el streghi in camia
Ai buttar dee la graneda. chi vega via!"

"Santo Antonio super (sopra) il cammino In ItalianoLiberateci dagli assassini! Liberateci dagli assassini!E dalle streghe che non vengano In casa mia a stregareI miei bambini che sono tanto belli, Santo mio, Santo pio! Tenetemi lontano le stregheDi casa mia! Se viene le streghe in casa mia,Buttatele dietro la granata,Che vadino via!",

Dicono di Sant'Antonio che è tenuto sulla mensola del caminetto e che è anche lo spirito e il folletto del focolare. Questo lo rende simile al Domovoy Russo, e gli conferisce una posizione di riguardo fra i Lari, Lares Familiares "

 

La figura di Sant'Antonio poi, oltre che con Lugos, a mio parere ha molto a che vedere con Prometeo, il Titano amico e creatore (insieme ad Atena) dell'umanità e alla quale donò il fuoco (che poi sarebbe l'anima, che è ignea) che aveva nascosto in un ramo di sambuco. In Grecia infatti si festeggiavano particoari feste a Lui dedicate, le Prometeia, sebbene non conosciamo il periodo delle stesse.



Ha inoltre analogie con Consus, Dio romano dei consigli e di tutto ciò che è nascosto, come i semi sotto terra o nei silos, il fuoco del Sole crescente dopo il Solstizio e... le cose che non si trovano più. Celebre è la formula che si recita quando si cerca qualcosa "Sant'Antonio dalla barba bianca fammi trovar quel che mi manca". 

 

Insomma Sant’Antonio Abate è una figura molto particolare che merita attenzione, sebbene sia un santo. Avendo racchiuso peculiarità di Divinità che vanno da Cerere a Silvano, a Lugos a Prometeo e avendo assorbito ritualità sciamaniche e gentili assai importanti a livello calendariale, sia liturgico che esoterico.


Gianluca Vannucci

venerdì 5 gennaio 2024

Santa Genoveffa, la porta del nuovo anno


 

Il 3 gennaio la chiesa festeggia santa Genoveffa, patrona di Parigi.

Secondo l'agiografia figlia di franchi romanizzati,  da cristiana si dedicò all' ascesi e alla castità e fece erigere la prima chiesa di san Dionigi sopra il presunto sepolcro.

Nel 451 quando Attila e le sue armate unne stavano per attaccare Parigi risollevò l'animo dei suoi concittadini che difesero la città.

Cinque anni dopo, Meroveo, terzo re dei Franchi, mise sotto assedio Parigi, difesa ancora da una forte guarnigione di Romani, sotto il comando di Egidio e successivamente sotto quello del figlio Siagrio. Dopo la morte di Meroveo nel 457, l'assedio fu continuato dal figlio Childerico I, che dopo cinque anni la conquistò.

L'assedio e le conseguenti distruzioni nei dintorni avevano portato una grande carestia e gli abitanti, che non avevano più pane, morivano di fame. Geneviève allora, impietosita, guidò sulla Senna un gruppo di undici battelli fino a Troyes e passando di città in città, ottenne in dono dai mercanti un gran carico di grano, che riportò a Parigi, salvando così gli abitanti dalla fame. Il viaggio fu accompagnato da molti miracoli. Ad Arcis-sur-Aube guarì la moglie di un ufficiale romano di nome Passivus, paralitica da quattro anni. A Troyes, nella Champagne, ridiede la vista ad alcuni ciechi, liberò altri, indemoniati, e guarì molti malati. Liberò anche la Senna da due demoni che, nascosti sotto un grande albero, facevano naufragare i battelli che passavano vicino e che avevano tentato di rovesciare anche il battello della santa. Tornata a Parigi si preoccupò che il grano fosse distribuito equamente a tutti e lei stessa, nella propria casa, si mise a cuocere il pane per i poveri.

Fu molto rispettata dal re Meroveo e da suo figlio Childerico che, benché pagani, avevano una particolare venerazione per lei, considerandola quasi una dea così che per sua intercessione Childerico trattò meglio i prigionieri. Nel 481 il figlio e successore di Childerico, Clodoveo I, su suggerimento di Geneviève, liberò i prigionieri e nel 496 si convertì al Cristianesimo (sotto pressione della moglie Clotilde).

Si ritirò poi in un eremo dove dopo estenuanti penitenze e profezie morì nel 502.


Santa Genevieve con chiavi


Analizzando questa interessante figura partendo dal nome Genevieve in celtico significherebbe "dalle bianche guance". Maximilian de Ring dato il simbolismo di Genoveffa, che tiene le chiavi e la collocazione calendariale oltre al nome la collega a Giano e Giunone facendone risalire l'etimologia a "Ianua nova", nuova porta dell'anno, corrotto poi dal "barbaro dialetto da cui nacque il francese".

Zenueva in dialetto conferma anche il collegamento con Gennaio e quindi Giano e Giunone, in modo simile alla Giovia. 

Ora io sono dell'opinione dello studioso Pierre Santyves, i vari simboli, la chiave ma soprattutto le navi e la navigazione di cui era patrona ma anche il riferimento al grano fanno pensare a una continuazione del culto di Iside, molto diffuso nelle Gallie di epoca imperiale, o al massimo Genoveffa come una Sua ipostasi o eroina legata ad essa (del resto anche in Grecia le eroine sono quasi tutte ipostasi di Hekate).

Divenne infatti la speciale patrona dei nautes, i battellieri di Parigi, quelli del noto pilastro di Cernunnos. I battellieri erano anche isiaci ed Iside protettrice della navigazione. Tant'è che venne anche identificata con Venere e Fortuna,.famoso è il navigium isidis, festa che si teneva il 5 marzo in tutto l'impero e che dava inizio alla navigazione. 

Il grano poi è un altro riferimento isiaco, come nel caso ad esempio di Santa Lucia a Siracusa. 

Un altro curioso elemento di Genoveffa è che è detto fosse venerara anche dai pagani, appunto "come una Dea".

L'appellativo gallico "dalle bianche guance" ricorda la vacca di Iside, portata in processione nel periodo solstiziale.

Inoltre il 2 gennaio in Egitto si festeggiava il ritorno di Iside dalla Fenicia (proprio attraverso un'imbarcazione) dopo la cerca di Osiride.

Il fuso che tiene in mano è un riferimento alle 12 notti in cui La Dea preposta ad esse "fila" la trama dell'anno nuovo, come ad esempio nel caso della germanica Frigg o della Perchta o delle Fatae.

Le similitudini di Genoveffa con Giunone e Giano  certamente permangono ma sono da collegare al fatto che anche Iside condivide alcuni aspetti con Iuno.


Gianluca Vannucci

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