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Questo sito tratta in maggior parte del Culto Tradizionale Romano.

Spesso si sente definire la Tradizione: “vecchio culto”, oppure “antica religione”,

il nome di questo spazio tende a sottolineare che il Culto degli Dèi, essendo Essi per definizione “Eterni, Impassibili e Immutabili” non può che essere tale.

Il Fuoco è quello interno in ognuno di noi, il Fuoco di Vesta, ma non solo quello fisico, il ponte cioè che permise a Roma di divenire un vero e proprio Santuario a cielo aperto, spento dal tiranno Teodosio nel 391, è soprattutto la nostra anima.

“Il Fuoco Eterno” si prefigge non solo di raccontare e divulgare la Tradizione dei Padri, ma anche la storia dei nostri Popoli e della nostra Nazione.


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giovedì 12 marzo 2020

I Luperci e Lupercalia

I Luperci erano una sodalizio antichissimo, le cui tracce si perdono nel tempo.
Cicerone li definisce "sodalità selvaggia, in tutto pastorale e agreste, dei fratelli Luperci, il cui gruppo silvestre fu istituito prima della civiltà umana e delle leggi".


Loro compito era partecipare a un antichissimo rituale che aveva luogo nel Lupercale sul Palatino, la grotta nella quale la Lupa accudì i Gemelli, ogni 15 di Febbraio in Luna Piena e per di più e durante il periodo dei Parentalia, ovvero quando il confine tra i Mondi è sottile e sono vietati i rituali.
I Lupercalia ci sono descritti minuziosamente da Plutarco che scrive che il giorno dei Lupercalia venivano iniziati due giovani luperci, perchè i Luperci erano divisi in due gruppi: Luperci Quinctiales e Luperci Fabiani e che, sacrificate due capre, gli veniva marchiata la fronte col loro sangue, che dovevano asciugare con un po' di lana bianca di capra intinta nel latte e subito dopo ridere, quasi come a scacciare la morte apotropaicamente e rinascere.



Dopo un abbondante pasto i luperci mascherandosi, indossando pelli di capra e brandendo strisce di pelle delle stesse (chiamate februa) da usare come fruste, iniziavano la corsa in senso antiorario, attorno al Palatino.
Ridendo e saltellando durante la corsa colpivano il terreno per assicurarne fertilità e gli astanti, soprattutto le donne che porgevano volontariamente il ventre o le mani, per assicurarne la fecondità.
Una festa quindi di purificazione e di fertilità.

Questa Tradizione ha spiegazione nel racconto dettagliato di Ovidio, che narra di un tremendo periodo di sterilità delle donne all'epoca di Romolo. In occasione del quale uomini e donne romani si recarono in processione nel lucus sacro a Iuno, ai piedi dell'Esquilino.
La Dea rispose attraverso lo stormir delle fronde "itale madri, che un sacro caprone vi fecondi!".
Il vaticinio venne interpretato correttamente da un augure etrusco, che sacrificò un capro e ne tagliò strisce di pelle con le qualì colpì le donne. Dopo 10 lunazioni ci fu un'esplosione di nascite.

I Luperci e il rito dei Lupercalia sono legati a Faunus, antichissima Divinità pastorale italica che progetteva il bestiame dai lupi e dalle insidie agresti e che ha tra i Suoi epiteti e tanti nomi Inuus (penetratore) in quanto garante di fertilità, Egli è anche Dio che penetra la materia, santificandola, e Lupercus cioè lupo Egli stesso e difensore delle greggi.
Ma era anche Fatuo in quanto concedeva vaticini tramite il fruscìo del vento tra le fronde, i canti degli uccelli e i suoni della natura.
Rivelò ad esempio a Numa, in cambio di vino, come parlare a Iuppiter, i corretti riti e le metriche da seguire derivanti dal linguaggio animale



Anche coi tirannici divieti cristiani di celebrare il Culto dei Padri, i Lupercalia andarono avanti per moltissimo tempo e rimasero una festa molto sentita dai romani.

Scrive, in una lettera del 495, l'allora papa Gelasio I che durante il suo pontificato (492-496 e.v.) si tenevano ancora i Lupercalia e rimprovera Andromaco, l'allora princeps Senatus, del fatto che moltissimi "cristiani" vi partecipassero.


In occasione del primo anniversario della Marcia su Roma, Giacomo Boni re-istituì finalmente, tra tanti altri riti, anche i Lupercalia.

Gianluca Vannucci

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