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il nome di questo spazio tende a sottolineare che il Culto degli Dèi, essendo Essi per definizione “Eterni, Impassibili e Immutabili” non può che essere tale.

Il Fuoco è quello interno in ognuno di noi, il Fuoco di Vesta, ma non solo quello fisico, il ponte cioè che permise a Roma di divenire un vero e proprio Santuario a cielo aperto, spento dal tiranno Teodosio nel 391, è soprattutto la nostra anima.

“Il Fuoco Eterno” si prefigge non solo di raccontare e divulgare la Tradizione dei Padri, ma anche la storia dei nostri Popoli e della nostra Nazione.


lunedì 8 maggio 2023

Coriolano: conseguenza della mancanza della Pietas

In questa rubrica ho sempre trattato esempi di Virtù Romane nei personaggi storici e mitostorici dell'Urbe ma questi non ci forniscono solo esempi giusti, ma anche esempi di ciò che accade quando non si agisce nel giusto, nello Ius. È questo il caso di Coriolano

Gneo Marcio Coriolano nel 504 a.e.v. fu uomo politico e generale romano al tempo delle guerre contro i Volsci.
Partecipò come semplice soldato alla battaglia fondamentale del Lago Regillo, ottenendo in quella occasione la corona civica per aver salvato un altro cittadino ed imponendosi come figura eroica di combattente.
 In quella occasione Gneo Marcio (Patrizio della gens Marcia) si coprì di valore. Ma l’anno dell’evento fu quello della prima secessione della plebe romana sull’Aventino, quella sanata temporaneamente da Menenio Agrippa. 


Gneo Marcio, capo della fazione estremista dei patrizi, si opponeva fortemente e violentemente all’azione tribunizia dei plebei, tanto che fu da questi citato in giudizio davanti al popolo. Per evitare una sicura esecuzione Gneo scelse l’esilio da Roma presso i Volsci, diventandone il comandante militare.
Assalì dunque Roma con l’esercito Volsco, ottenendo vittorie e mettendo in pericolo Roma stessa.

Volto dal desiderio di vendetta Coriolano dopo varie conquiste e di accampo in armi a cinque miglia (romane) da Roma stessa. Qui fu raggiunto da ambasciatori guidati da Marco Minucio Augurino, che non riuscì a convincerlo a desistere, continuando a guidare con successo l’esercito volsco con grandi successi e arrivando in armi alle porte dell’Urbe in località IV miglio là dove era il limite dell’Ager Romanus. Fu raggiunto allora dalla Madre Veturia con in braccio due suoi figlioletti, che prima lo scongiurò di salvare la sua città, poi,  fattasi autoritaria, glielo impose.
A questo punto il Coriolano cedette e sciolse l’esercito ritirandosi (Tito Livio, Ab Urbe Condita Libri, II, 40).

Sia Plutarco che Dionigi affermano che Gneo Marcio fu ucciso da una congiura guidata dall’ex amico volsco Attio Tullio  Da una parte i Volsci pare che lo seppellissero con tutti gli onori, dall’altro fu dai Romani concesso a veturia di portare il lutto per dieci mesi.


Coriolano è il prototipo del traditore e del Patrizio non patriota.
La storia incita alla Concordia, alla necessità di non tradire Roma e al rispetto per la figura della madre. Tutte qualità necessarie e parte della Pietas.


Veturia ai piedi di Coriolano, Poussin, 1653



Gianluca Vannucci




 

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