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Questo sito tratta in maggior parte del Culto Tradizionale Romano.

Spesso si sente definire la Tradizione: “vecchio culto”, oppure “antica religione”,

il nome di questo spazio tende a sottolineare che il Culto degli Dèi, essendo Essi per definizione “Eterni, Impassibili e Immutabili” non può che essere tale.

Il Fuoco è quello interno in ognuno di noi, il Fuoco di Vesta, ma non solo quello fisico, il ponte cioè che permise a Roma di divenire un vero e proprio Santuario a cielo aperto, spento dal tiranno Teodosio nel 391, è soprattutto la nostra anima.

“Il Fuoco Eterno” si prefigge non solo di raccontare e divulgare la Tradizione dei Padri, ma anche la storia dei nostri Popoli e della nostra Nazione.


venerdì 24 marzo 2023

Il Pilastro dei Nauti: importante testimonianza Gallo-romana



Nel 1711 dell'era comune, durante lavori di ristrutturazione del coro di Notre Dame fu rinvenuta a Parigi un'insolita torre antica di pietra calcarea, che sarebbe divenuta presto testimonianza del passato Gallo-romano della nazione francese.

 

Fino al XVIII secolo infatti la storiografia francese ignorava il passato, facendo nascere la storia del popolo all'epoca merovingia, in modo che fosse utile propagandisticamente sia alla Chiesa che all'ordine monarchico vigente, oltre che per mancanza di reperti e fonti perdute.

 

Quella torre era l'ormai noto Pilastro dei Nauti, costituito originariamente da 4 cubi calcarei incisi.

Il monumento, reperto eccezionale, risale all'epoca imperiale e fu commissionato dalla Corporazione dei battellieri di Lutetia (l'antica Parigi, che assunse questo nome dalla tribù dei galli Parisii, abitanti dell'area) in omaggio all'Imperatore Tiberio.


Testimonianza del perfetto incontro della religione e cultura gallica con quella romana il reperto diede anche linfa in quel secolo, a quella branca rivoluzionaria che intendeva ritornare alle origini della Tradizione eliminando la secolare influenza ecclesiastica sulla Francia e, successivamente diede impulso al romanticismo ottocentesco.

Fu proprio nel periodo rivoluzionario che i francesi moderni scoprirono le loro radici antiche e a Parigi alcuni importanti esponenti si ritenevano discendenti proprio dei Nautes e ancor prima dei druidi o altri sacerdoti successivi gallo-romani.

È il caso di Quintus Nautius Aucler, autore de “La Threicia” proprio in quegli anni e ierofante di Cerere, risalente da un'antica dinastia (gens Nautia) e testimone della sopravvivenza sotterranea della Tradizione in Europa.


Il Pilastro, in buone condizioni, è ora esposto alle Terme di Cluny ed è costituito da quattro blocchi con raffigurazioni incise in ogni facciata.

Analizzando i blocchi troviamo incisa su una facciata la scritta che conferma la dedica della Corporazione all'Imperatore che recita:

 

“Tib(erio) Caesare /

Aug(usto) Iovi Optum[o] /

Maxsumo /

nautae Parisiaci /

publice posierunt //

Eurises // Senani U[s]eiloni //

Iovis // Tarvos Trigaranus //

Volcanus // Esus //

[C]ernunnos // Castor //

Smertrios // “


Le altre facciate sono occupate da raffigurazioni di uomini e Divinità sia Romane che Galliche a memoria imperitura.

Provando ad analizzare i blocchi a noi rinvenuti si potrebbe intuire il senso teologico dell'opera.

 

Come già detto il Pilastro consta di 4 cubi, che sono stati trovati ovviamente “smontati”, alcuni studiosi hanno supposto che in cima a tutto fosse presente una statua di Iuppiter Optimus Maximus.


Sulla base delle raffigurazioni sulle facciate di ogni blocco potremmo ipotizzare il seguente schema: ad ogni facciata del primo blocco partendo dall'alto sono raffigurate Divinità demiurgiche che infatti porrò in cima nella nostra ricostruzione, sono rappresentati: 

nella prima facciata Iuppiter, Re degli Dèi e degli Uomini e garante dello Ius sacro, dello Rta e del Dharma, prendendo equivalenti termini dalla Tradizione Indù;



sulla seconda facciata troviamo Esus che accetta un albero, qualcuno ipotizza un salice in particolare. Esus o Aisus, la cui radice ricorda anche gli Asi norreni è nel mito gallico, il Demiurgo cosmico, Esso infatti abbatte con l'ascia l'Axis Mundi su cui dimora Tarvos Trigaranos il toro con le 3 corna e le 3 gru su cui torneremo dopo, che sempre secondo il mito muore fino a rinascere, evidentemente nel microcosmo annuale, quando le gru avranno riportato dall'Antumnos il Suo prezioso sangue e il ciclo potrà ripetersi.

Analizzando teologicamente Esus sembra essere il Soffio vitale primordiale, la parola creatrice che "uccide" il Logos (Tarvos Trigaranos con le 3 corna, Fede, Amore, Verità e le 3 gru ovvero le Tre Matrone, le Tre Anime Universale, Cosmica e Individuale ma anche le Tria Fata) incorporandolo e generando il Mondo secondo il Dharma.

Il fatto inoltre che a Esus fossero sacre le barche, il commercio particolarmente fluviale, e che i medici gallo-romani lo invocassero contro patologie faringee Lo assimila a Wodan germanico e non a caso Lucano Lo identifica con Mercurius. È anche una sorta di Mithra e ricorda Rudra.

È in altre parole un Demiurgo, come Giove nell'altra facciata del cubo.



Nella terza facciata del primo cubo troviamo il già citato Tarvos Trigaranos, che dimora tra le fronde dell'Albero Cosmico con 3 gru appollaiate sul Suo dorso. Esso, come già detto è il Toro primigeneo, il Logos primordiale, le 3 corna rappresentano Fede, Amore e Verità, le virtù del Bene secondo il Maestro Platone. Le 3 gru, simboleggiano La Dea, l'Anima che si dipana nei 3 mondi e, come uno specchio, o come la Luna dal Sole, riceve dall'Intelletto divino e connette al mondo sottile e materiale.



Ma Tarvos è anche il Toro domato da Ercole e inglobato in Esso stesso, cui è sacro il Monte Tricorno e il passo del Tarvisio dove passò anche Alboino re dei Longobardi guidato da una Sua teofania di Uri tra il passo. In un simbolismo del tutto evidente l'Italia è la rappresentazione encosmica dell'Axis Mundi e Roma il Suo centro. Esso è anche Il Toro di Taruisia, Troia città dei Padri Dardani.



Sulla quarta e ultima facciata di questo primo blocco troviamo poi Vulcano, anch'Esso dalle funzioni demiurgiche. È Vulcano infatti che, ponendo la scintilla nel ventre di Fortuna Primigenia, venerata a Palestrina, permette a un Giove cosmico di nascere.



Abbiamo quindi trovato il nesso tra le figure divine del blocco che mi sembra logico posizionare come primo a partire dall'alto.


Proseguendo col secondo blocco troviamo su di una facciata la più nota raffigurazione di Cernunnos, Il Dio dai palchi cervini custode dell'Axis Mundi, domatore del Guardiano, il Coribante/Serpente dalle corna d'ariete o anche il Drago a guardia del Giardino.

Cernunnos è Signore del Cosmo e degli animali e in quanto tale anche degli uomini e delle anime, Esso governa la vita e la morte, la rotazione centripeta e centrifuga.

Come Shiva indù, di cui è una Sua forma (Pashupati) è quindi anche il distruttore cosmico, nel senso della necessaria morte/disgregazione per far posto ad una nuova vita, la cosiddetta Danza di Shiva.



Nella seconda e terza facciata del secondo blocco non a caso troviamo altri custodi: i Dioscuri, Castor e Pollux. I Salvatori che così innumerevoli volte hanno profetizzato e aiutato la vittoria di Roma e perfino dell'Italia moderna.



Quarta e ultima facciata del secondo blocco è dominata da Smertrios che con una clava ammansisce un serpente. Il riferimento ad un Ercole gallico appare evidente, in altri rilievi è in coppia con Dee quali Victoria e La Sua Shakti, Ancamna. Potrebbe anche essere una sorta di Indra se voglimo continuare l'identificazione con la Tradizione indiana.



Il filo rosso quindi del secondo blocco a partire dall'alto appare essere la difesa, il mantenimento dell'Ordine e il Suo rinnovamento.


Il terzo blocco è quello che ospita la dedica all'Imperatore e aGli Dèi su una facciata e sulle altre 

rispettivamente 3 soldati armati di lancia e scudo, la casta guerriera; 3 anziani saggi dotati di lancia e infine uomini e donne comuni, presumibilmente il popolo la terza casta.



Il quarto blocco, che sappiamo essere necessariamente quello che funge da base, è il più enigmatico anche a causa delle scarse condizioni in cui ci è giunto.

Possiamo ad ogni modo facilmente notare su di una facciata Marte e Venere, progenitori del Popolo Romano, sulla seconda Mercurio e Rosmerta, Dea gallica della prosperità e abbondanza.

Le restanti due facciate a causa delle condizioni sono purtroppo di difficile interpretazione su di una vediamo due Dee raffigurate di cui una si ipotizza possa essere Fortuna a causa della scritta parzialmente cancellata “Fort” e altre due Dee sull'ultima facciata.



L'eterogeneità delle Divinità raffigurate e della lingua utilizzata, dimostra la tolleranza di Roma nei confronti delle altrui Tradizioni, al contrario di quanto troppo spesso si sente dire. Roma infatti non solo non eliminò la religione gallica ormai in decadenza e preda di una casta pretesca, ma la fece rinascere probabilmente grazie a Diviziacus, nella Tradizione gallo-romana.

E risale proprio all'epoca di Tiberio e in suo onore questo Pilastro, a dispetto della nomea di persecutore di druidi (che invece vennero solo integrati nel sacerdozio romano) e di imperatore poco amato dai Galli lasciataci dalla storiografia.

Ad oggi è solo grazie a Roma che possiamo avere fonti degne di essere chiamate tali sulla cultura gallica che, in quanto italiani è parte anche del nostro patrimonio.


Gianluca Vannucci





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