Chi siamo:

Questo sito tratta in maggior parte del Culto Tradizionale Romano.

Spesso si sente definire la Tradizione: “vecchio culto”, oppure “antica religione”,

il nome di questo spazio tende a sottolineare che il Culto degli Dèi, essendo Essi per definizione “Eterni, Impassibili e Immutabili” non può che essere tale.

Il Fuoco è quello interno in ognuno di noi, il Fuoco di Vesta, ma non solo quello fisico, il ponte cioè che permise a Roma di divenire un vero e proprio Santuario a cielo aperto, spento dal tiranno Teodosio nel 391, è soprattutto la nostra anima.

“Il Fuoco Eterno” si prefigge non solo di raccontare e divulgare la Tradizione dei Padri, ma anche la storia dei nostri Popoli e della nostra Nazione.


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sabato 14 marzo 2020

I Druidi

I Druidae erano la casta sacerdotale, la più alta presso i galli.
Si occupavano dei sacrifici e dei rituali pubblici, dell'interpretazione degli auspicia, e di conservare e trasmettere oralmente tutto il sapere tradizionale educando i giovani. 
Prendevano inoltre parte alle assemblee tra tribù, molto importanti presso i galli,  amministravano anche la giustizia e calcolavano il calendario lunare per le tribù similmente al Pontefice Massimo romano.


Purtroppo le fonti che abbiamo sono frammentarie, oltre a quelle dello storico greco Posidonio, di Strabone e altri la maggiore sicuramente è quella di Caius Iulius Caesar nel suo "De bello gallico", dove tratta delle abitudini e delle credenze dei celti e fa intendere come la casta sacerdotale druidica abbia notevole influenza all'interno della loro società. Erano infatti non solo sacerdoti ma anche, come detto, giudici e consiglieri del Rix.



La preparazione per diventare Druido durava ben 19 anni di studi e privazioni al termine dei quali avveniva l'iniziazione.

Avevano diversi privilegi tra i quali l'esonero al lavoro dei campi o del pagamento dei tributi.

Attraverso la meditazione riuscivano a vivere immersi  nell'Oiw, ovvero la Forza del cosmo da cui dipartono le tre forme d'energia dharmiche: Amore, Forza e Conoscenza. 
Ai druidi era legato l'aspetto della conoscenza ovviamente, nato dall'unione del principio maschile (Forza) e femminile (Amore) mentre ai guerrieri l'aspetto maschile e al popolo quello femminile produttivo.
La Shakti-Kundalini secondo gli indù, simboleggiata anche dal serpe.



Da qui possiamo comprendere meglio la credenza della metempsicosi gallica, ovvero che un'anima rivive attraverso diversi corpi, migliorandosi sempre più fino a che non "spezza" il ciclo e divenendo realmente vicino agli Dèi (il Torque era indossato dalle più alte cariche regali, militari e sacerdotali galliche).


Come possiamo anche riscontrare nel calderone ritrovato a Gundestrup, nel quale vediamo soldati semplici finire nel Graal della rinascita di Sucellos, Signore dell'Antumnos, per rinascere ad un gradino superiore di vita. Notiamo infatti dal dettaglio che essi escono dal calice come fossero generali.


dettaglio del calderone di Gundestrup
                                       
                                                                                                                                                                                                                                         







Dopo la conquista romana delle Gallie, i druidi avevano ancora dignità sacerdotale ed erano giudici tranne che per casi d'omicidio, sebbene dapprima con Augusto parzialmente ma poi definitivamente sotto il governo dell'Imperatore Claudio i druidi vennero sostituiti dalla carica di "sacerdos Romae et Augusti ad aram quae est ad conflentes Araris et Rhodani".
Che divenne il simbolo dell'unità gallo-romana della Gallia sotto l'egida del culto dell'Imperatore.
A tale sacerdote a partire dal 12 a.e.v. spettava la presidenza del Concilio delle Tre Gallie, ossia l'antica Assemblea di Lugos(Lughnasadh), che si radunava ogni 1° agosto, giorno sacro appunto al Dio Lugos, in Lugdunum (attuale Lione).

Come possiamo notare non è veritiera l'immagine storica dei romani sterminatori di Druidi, semplicemente man mano che avveniva la fusione gallo-romana i druidi delle Gallie divenivano collegio sacerdotale romano, integrato allo stato come le altre sodalità.

Per mire indipendiste e anti-romane alcuni druidi, limitati alla unica Britannia si opposero ferocemente e solo questi vennero considerati nemici di Roma.
Spesso questa casta britanna, dalle ormai connotazioni pretesche voleva mantenere l'indipendenza per non perdere gli enormi privilegi dei quali godeva e alla lunga avrebbe fatto perdere l'immenso sapere gallico, trasmesso solo oralmente.
Si può dire invece che i romani, inglobando i druidi delle Gallie, permisero la nascita della cultura e Tradizione gallo-romana, salvandola, e permettendo quindi la sua trasmissione fino a noi e a chi vi scrive. Dato che ciò che di gallico conosciamo è, in realtà, gallo-romano.

Prova dell'esistenza dei druidi in epoca romana è anche il famoso Diviciacus (Diviziaco).
Druido e Vegobreto gallico fedele alleato di Roma e Cesare, ancora menzionato da Cicerone nel 44 a.e.v.

Mentre invece parlando di Italia e quindi Gallia Cisalpina (o Togata che dir si voglia), i Senoni, semplicemente, una volta disarmati, soprattutto nella fascia collinare, sarebbero vissuti in pace, chiamati semplicemente e genericamente "galli" o "gallopiceni" o "umbri", fino a fondersi in ciò che sono diventati poi gli antenati dei romagnoli e marchigiani
perché ebbero ancora le loro necropoli. Una sorte simile ebbero gli emiliani Boi.
Sostanzialmente fu demolita la base politica e nominale di una confederazione, per via del ricordo funesto di Annibale al quale si allearono poi. Ma la gente, una volta ricomposte diverse alleanze e identità, non scomparve.

Gianluca Vannucci









venerdì 13 marzo 2020

Gli Auguri

Gli Auguri erano antichissimi sacerdoti già in Etruria e poi in Roma il secondo collegio sacerdotale per importanza dopo i Pontefici. Erano molto stimati e venerati e nessuna decisione importante veniva presa senza consultarli.

Essi avevano il compito di interpretare la volontà degli Dèi osservando soprattutto il volo degli uccelli, dai versi emessi, dal numero e quant'altro al fine di capire se gli Dèi approvassero o meno una decisione umana. Quest'arte era chiamata augurio o auspicio.



I primi àuguri romani furono proprio Romolo e Remo. Narra la Tradizione infatti che, per stabilire chi dei due dovesse tracciare il Solco sacro, consultarono il volo degli uccelli.
Remo dall'Aventino vide 6 avvoltoi, mentre Romolo dal Palatino ne vide 12.
Era l'auspicio dei 12 secoli di Roma, così come in "Storie Toscane" è precisato che alla nazione etrusca sono dovuti 10 secoli, dopo dei quali sarebbe giunta la fine del nome etrusco.

L'arte dell'augure è insomma consultazione e interpretazione: esso chiede a Iuppiter, il sovrano dei segni e dei patti dei quali gli Auguri sono sacerdoti, se sia fas che ad esempio una determinata persona riceva una funzione sacra, che un luogo divenga adibito al culto, ecc. rivolgendo la domanda "si fas est inviami un segno"


Livio ci descrive accuratamente il procedimento mediante il quale l'Augure, col suo lituus, un bastone ricurvo e senza nodi (poi preso da papi e vescovi) stabilisce una connessione con Giove narrandoci l'in-augurazione di Numa Pompilio:


"Tutti i patres decisero all'unanimità che la dignità regale doveva essere conferita a Numa Pompilio. Questi venne convocato e, come Romolo aveva preso gli auguria per divenire Rex e fondare la Città, ordinò di consultare gli Dèi anche per ciò che lo riguardava.
Fu allora condotto dall'Augure sulla cittadella. Là sedette su una pietra, rivolto a sud. L'Augure con capo velato sedette alla sua sinistra, tenendo nella destra un bastone ricurvo e priva di nodi che chiamò lituus. Di là, volto lo sguardo sulla città e su tutto il territorio, [l'augure] risolve una preghiera agli Dèi e delimitò delle aree nel cielo, tracciando una linea da est a ovest; dichiarò che le regioni di destra erano a mezzogiorno, le regioni di sinistra a settentrione; dinanzi a sé, al limite del suo campo visivo, fissò un punto di riferimento.
Allora, passando il lituus nella sinistra e ponendo la destra sul capo di Numa, pronunciò questa preghiera: <<Giove pater, se è fas che Numa Pompilio qui presente, di cui tengo il capo, sia re di Roma, fai apparire dinanzi a noi dei segni evidenti e precisi fra i limiti che ho stabilito>> Egli poi elencò gli auspicia che voleva veder giungere. Quando apparvero, Numa fu proclamato re e discese dal templum."


Un celebre e storico Augure citato da Livio fu Atto Navio, cresciuto dagli etruschi.
Tarquinio Prisco voleva cambiare il sistema delle 3 centurie di cavalieri (Ramnes, Luceres, Titienses) e, come da Tradizione, chiese un resposto ad Atto Navio, allora il più celebre Augure romano, se si potesse fare e Navio gli rispose che non si poteva modificare niente prima di aver consultato gli uccelli.
Tarquinio provocatoriamente allora disse a Navio: "indovino, compi le tue osservazioni e dimmi se la cosa a cui sto pensando sia possibile"
Navio prese il lituus e osservò il cielo e affermò.
Il re, ridendo prese dal mantello un rasoio e una pietra dicendo: "pensavo di chiederti di tagliare questa cote col rasoio!"
Impassibile Navio prese i due oggetti e, miracolo, tagliò la pietra.
Tarquinio rinunciò alle modifiche e fece erigere una statua di Atto Navio nel Comizio, sulle scale del Senato.


Tarquinio Prisco consulta Atto Navio, Sebastiano Ricci



















L'appartenenza al collegio degli Auguri durava vita natural durante e si otteneva per cooptazione. Con Augusto e l'Impero, l'Imperatore stesso per definizione diveniva Augure.

L'esistenza degli Auguri cessò, come gli altri collegi sacerdotali, a causa dei decreti di Teodosio l'Empio.

Gianluca Vannucci

La Guerra Ius-ta: i Fetiales

Nella Roma arcaica la guerra doveva essere ius-ta ovvero giusta, come si confà allo Ius il diritto.
Bisognava quindi che ci fossero i giusti motivi e presupposti per dichiarare guerra ad un altro popolo e che non fosse di offesa nei confronti degli Dèi.

Guerra che si combatteva non solo sul piano materiale ma anche e soprattutto sotto il profilo spirituale attraverso formule che consentivano la protezione, la benedizione divina, oltre che l'allontanamento del Nume protettore di un popolo per consentirne invece un avvicinamento a quello romano (Evocatio). Ecco perché tutto doveva essere conforme allo Ius Divino, per mantenere la Pax Deorum ominunque.

Affinchè la dichiarazione di guerra fosse giusta quindi bisognava seguire un certo protocollo,
il Bellum Iustum, attuato e preservato dal collegio dei Fetiales.


Sacerdoti Feziali, Tomba dei Fabiani (Necropoli dell'Esquilino)












I Salii erano i cantori e poeti della guerra mentre si può dire che i Feziali ne fossero i giuristi.
Erano una sorta di ambasciatori, si curavano infatti che gli interessi di Roma non fossero danneggiati da potenze straniere.
Erano 20, e vi era un pater patratus Popoli Romani come oratore ufficiale.
Si occupavano di accordi e anche soprattutto delle dichiarazioni di guerra o della richiesta di riparazioni di patti. Erano quindi i difensori della dignità di Roma giacché si accertavano del fatto che ogni offesa all'Urbe fosse risarcita dapprima coi negoziati e, se insufficiente con la guerra, che diveniva appunto giusta, cioè conforme allo Ius e legittima agli occhi degli Dèi.

Come ci scrive Livio:
Nel Tempio di Iuppiter Feretrius(nella quale si portavano le spolia opima dei vinti) uno dei Feziali prendeva, con permesso del Rex, i sagmina (la verbena) e otteneva investitura dallo stesso come regius nuntius populi Romani Quiritum, con la verbena toccava capo e capelli di un sodale chiamandolo pater, il pater patratus appunto, che prendeva capo della sacra delegazione (3 testimoni + il pater patratus) e si recava all'incontro con l'ambasceria avversa.

Iuppiter Feretrius, o Lapis è il Dio della folgore, dei patti e della sovranità magica.
La parola data per i romani era sacra in quanto sotto la tutela di Iuppiter


Il rito per indire guerra cominciava con la richiesta di riparazione dell'offesa eventuale, chiamando testimoni Iuppiter, Fines del popolo avverso e Fas (la Giustizia divina).
Il Feziale dichiara poi che il popolo avverso "fa contro il giusto, né al giusto soddisfa" chiamando come testimoni Iuppiter, Ianus Quirinus e tutti gli Dèi superi, terrestri e inferi, senza tirare in ballo Marte in quanto la guerra non è ancora dichiarata. 
Il pater patratus e la delegazione entravano nella città e ripetevano più volte la formula affinché tutti ne fossero a conoscenza, dopodiché tornavano in Patria.

Trascorsi 33 giorni i Fetiales tornavano, se il nemico avesse deciso di riparare al danno si stipulava un patto (foedus ferire), col sacrificio di un suino attraverso una selce (la pietra fulguralis) che veniva poi scagliata lontano. Durante il sacrificio il Fetiales identificava nell'animale lo spergiuro, che doveva fare l'ennesima fine ovvero annichilito dalla folgore.

Qualora invece la città avversa avesse deciso di non riparare all'offesa  i Feziali, dopo aver chiamato a testimoni tutti gli Dèi dichiaravano che sarebbero tornati a Roma a riportare al Rex, che riunendosi col Senato, avrebbe deciso se muovere guerra. 

Se si decideva per la guerra i Feziali portavano un asta con la punta in ferro (o di corniolo) che veniva lanciata oltre il confine, in territorio nemico.
Solo da quel momento si era ufficialmente in guerra, e Roma era certa dell'appoggio degli Dèi per aver seguito il protocollo ed essendo dalla parte dello Ius.




Quando i confini dei territori sottoposti a Roma furono troppo lontani si faceva simbolicamente acquistare da uno straniero un piccolo terreno adiacente al Tempio di Bellona nel quale veniva scagliata la lancia.



Questo ci da la misura di quanto fosse etico il termine della guerra, che doveva essere (almeno in tempi antichi) Giusta e difensiva, non puramente di conquista e offensiva, al contrario di quanto molti dicono.
Il mancato rispetto del Bellum Iustum, e di conseguenza del favore degli Dèi, contribuì successivamente al collasso di Roma come concausa.

Il collegio scomparve quasi totalmente già nella tarda repubblica e fu re-istituito per un breve periodo dall'Imperatore Claudio, cessando di esistere poco dopo di lui.

Gianluca Vannucci


giovedì 12 marzo 2020

I Luperci e Lupercalia

I Luperci erano una sodalizio antichissimo, le cui tracce si perdono nel tempo.
Cicerone li definisce "sodalità selvaggia, in tutto pastorale e agreste, dei fratelli Luperci, il cui gruppo silvestre fu istituito prima della civiltà umana e delle leggi".


Loro compito era partecipare a un antichissimo rituale che aveva luogo nel Lupercale sul Palatino, la grotta nella quale la Lupa accudì i Gemelli, ogni 15 di Febbraio in Luna Piena e per di più e durante il periodo dei Parentalia, ovvero quando il confine tra i Mondi è sottile e sono vietati i rituali.
I Lupercalia ci sono descritti minuziosamente da Plutarco che scrive che il giorno dei Lupercalia venivano iniziati due giovani luperci, perchè i Luperci erano divisi in due gruppi: Luperci Quinctiales e Luperci Fabiani e che, sacrificate due capre, gli veniva marchiata la fronte col loro sangue, che dovevano asciugare con un po' di lana bianca di capra intinta nel latte e subito dopo ridere, quasi come a scacciare la morte apotropaicamente e rinascere.



Dopo un abbondante pasto i luperci mascherandosi, indossando pelli di capra e brandendo strisce di pelle delle stesse (chiamate februa) da usare come fruste, iniziavano la corsa in senso antiorario, attorno al Palatino.
Ridendo e saltellando durante la corsa colpivano il terreno per assicurarne fertilità e gli astanti, soprattutto le donne che porgevano volontariamente il ventre o le mani, per assicurarne la fecondità.
Una festa quindi di purificazione e di fertilità.

Questa Tradizione ha spiegazione nel racconto dettagliato di Ovidio, che narra di un tremendo periodo di sterilità delle donne all'epoca di Romolo. In occasione del quale uomini e donne romani si recarono in processione nel lucus sacro a Iuno, ai piedi dell'Esquilino.
La Dea rispose attraverso lo stormir delle fronde "itale madri, che un sacro caprone vi fecondi!".
Il vaticinio venne interpretato correttamente da un augure etrusco, che sacrificò un capro e ne tagliò strisce di pelle con le qualì colpì le donne. Dopo 10 lunazioni ci fu un'esplosione di nascite.

I Luperci e il rito dei Lupercalia sono legati a Faunus, antichissima Divinità pastorale italica che progetteva il bestiame dai lupi e dalle insidie agresti e che ha tra i Suoi epiteti e tanti nomi Inuus (penetratore) in quanto garante di fertilità, Egli è anche Dio che penetra la materia, santificandola, e Lupercus cioè lupo Egli stesso e difensore delle greggi.
Ma era anche Fatuo in quanto concedeva vaticini tramite il fruscìo del vento tra le fronde, i canti degli uccelli e i suoni della natura.
Rivelò ad esempio a Numa, in cambio di vino, come parlare a Iuppiter, i corretti riti e le metriche da seguire derivanti dal linguaggio animale



Anche coi tirannici divieti cristiani di celebrare il Culto dei Padri, i Lupercalia andarono avanti per moltissimo tempo e rimasero una festa molto sentita dai romani.

Scrive, in una lettera del 495, l'allora papa Gelasio I che durante il suo pontificato (492-496 e.v.) si tenevano ancora i Lupercalia e rimprovera Andromaco, l'allora princeps Senatus, del fatto che moltissimi "cristiani" vi partecipassero.


In occasione del primo anniversario della Marcia su Roma, Giacomo Boni re-istituì finalmente, tra tanti altri riti, anche i Lupercalia.

Gianluca Vannucci

Gli Arvali

Antichissima sodalità, istituito da Romolo, i membri erano 12 patrizi scelti vita natural durante. Alla morte di uno di essi gli altri avrebbero nominato un sostituto.
Secondo la Tradizione inizialmente erano i 12 figli del pastore Faustolo, che si prese cura di Romolo e Remo, da qui l'appellativo di fratres.

I Fratres Arvales erano dediti al culto dell'arcaica Dea Dia e di Marmar (nome arcaico di Marte) e a loro era affidata la protezione dei campi coltivati.

Si auto definivano figli della madre terra, del resto anche Arvales deriva da "arvum", terreno coltivato e vivevano nel tempio della Dea Dia vicino al lucus a Lei consacrato, circa nell'attuale quartiere Magliana.
Erano tutti vestiti di bianco in quanto la teologia degli Arvali e il loro compito, riguardano la fecondità della terra e la difesa del territorio

Nel mese di Maggio celebravano la cerimonia Ambarvalia, dove si invocava la Dia affinchè fosse propizia per la fertilità, ma anche Marte e i Lares affinchè difendessero i confini degli arva.
Danzando al ritmo di 3/4 tripodiato e pronunciando una formula (il Carmen Arvalum) in antichissimi versi saturnii percorrevano il perimetro di tutte le terre coltivate della città, rendendole immuni da nemici ed entità malevole.

Erano anche custodi, nelle olle dentro all'aedes, delle sementi fondamentali per l'Urbe in caso di semina o bisogni eccezionali.

Il sodalizio nella tarda repubblica perse sempre più importanza fino a che fu rinnovato da Ottaviano Augusto, che ne prese parte portando il numero degli Arvali a 13.
Da allora gli Arvali iniziarono a compiere anche sacrifici per la salute dell'Imperatore.

Cessò purtroppo di esistere a causa degli editti teodosiani, che vietavano ogni religione all'infuori di quella cristiana, di Teodosio prima e Onorio poi intorno al 400 e.v.

Gianluca Vannucci

I Salii

Erano antichissimo collegio sacerdotale romano fondato da Numa Pompilio.
Loro compito era scandire il passaggio da tempo militare a civile (ottobre) e viceversa (marzo).

Risiedevano nella Curia Saliorum distinti in due collegi: 
- Salii Palatini: i primi istituiti da Numa, 12 giovani di bell'aspetto che custodivano i 12 Sacri Ancilia (vedere articolo su Martius) ed erano consacrati a Marte;

- Salii Quirinales: istituiti da Tullo Ostilio e 12, consacrati a Quirino.


Tutti vestivano una tunica bordata di rosso, cintura in bronzo con spada, pettorina in bronzo e mantello. Ma soprattutto il copricapo Apex, lo stesso dei Flamini.

Nell'antico calendario romuleo l'inizio dell'anno era in Marzo, in quanto il clima primaverile consentiva le attività agricole e militari, e da qui fino a Ottobre (sempre sacro a Marte) era la parte produttiva e ordinata dell'Anno.

Per il cittadino romano erano di fondamentale importanza questi periodi di passaggio in quanto con il mese di Martius esso diveniva un miles e sotto tutela di Mars mentre in October tornava cives per dedicarsi alle più pacifiche attività commerciali e cittadine, sotto la tutela di Quirinus.














 
Compito dei Salii era quindi scandire questi determinanti                                                         passaggi. 
In marzo i Palatini portavano in processione i 12 scudi e le 12 lance di Marte intonando gli axamenta, canti in latino antico che invocavano la protezione degli Dèi sull'Urbe, fermandosi dinanzi ai templi e agli altari per eseguire la danza del Tripudio.
La loro funzione religiosa era arcaicamente magica e di esempio per ogni guerriero romano.

Presiedevano poi agli Equirria, corse di cavalli e festività voluta da Romolo per purificare i cavalli da guerra in vista della stagione bellica, e al Tubilustrum il 23 Marzo, dove purificavano le trombe da guerra chiudendo l'inaugurazione della stagione.

In ottobre chiudevano la stagione militare con tre feste di purificazione: Tigillum Sororium, Armilustrum per la purificazione delle armi utilizzate in battaglia e October equus.


















A ricoprire questa carica fu anche Publio Cornelio Scipione, il più grande condottiero della storia a mio modesto parere.

Gianluca Vannucci

mercoledì 11 marzo 2020

Le Vestali

Sono le sacerdotesse preposte al mantenimento del Sacro Fuoco di Vesta e ad Essa consacrate.

Il Fuoco doveva essere mantenuto sempre acceso poiché rappresentava, come il Primo Fuoco vedico, il Fuoco dell'officiante, che infatti è l'origine di tutto e a partire da Esso si accendono gli altri fuochi e non deve mai spegnersi poichè l'ignis Vestae è il focolare di Roma e quindi una delle garanzie del suo vincolo sulla terra, della sua permanenza nella storia.
Esso esprimendo il vincolo con la terra è questo mondo, e come tale è tondo, non a caso l'aedes Vesta era circolare, poichè non ha bisogno di essere in-augurata, non ha a che fare coi sacrifici e il cielo ed è dunque un'aedes sacra a differenza del templum; mentre il fuoco in cui si sacrifica è quadrangolare, come il cielo e rappresenta il mondo supero, come appunto i templi inaugurati secondo posizioni del cielo, davanti ai quali ardono per il sacrificio gli altaria la cui funzione è trasmettere l'offerta alla Divinità.


resti del Tempio di Vesta, Roma foro




















Roma era davvero un immenso templum a cielo aperto, una città dove il sacro era palpabile e la connessione degli individui era perpetua, oggi diremmo che vivevano in costante meditazione.
La città infatti ha da una parte il proprio focolare e poi numerosi altari e templi per i focolari delle offerte.

La funzione del Fuoco di Vesta è terrestre in quanto assicura stabilità e durata dell'Urbe.
Poichè l'istituzione del culto del Fuoco è attribuita a Romolo, molto probabilmente fu Lui a istituire il collegio sacerdotale delle stesse.
Secondo la Tradizione infatti la stessa madre di Romolo, Rea Silvia, fu vestale.
Secondo Tito Livio invece l'ordine delle Vestali fu il secondo ad essere istituito da Numa, subito dopo i Flamini.
La consacrazione delle Vestali, solitamente sei bambine patrizie fra i 6 e i 10 anni sorteggiate, avveniva col Pontefice Massimo che pronunciava "Ego te amata capio" e gli erano sottoposte come ad un marito, nonché consacrate a Vesta.
Una Vestale era tale per 30 anni al termine del periodo erano libere di sposarsi. e abbandonare la carica, qualora lo volessero.



Vestali antiche di Jean Raoux (1727) 
Pais des Beaux Arts, Lille










Abitavano l'atrium Vestae, affianco all'aedes di Vesta nel quale dovevano sorvegliare il Fuoco ma anche preparare la mola salsa col quale "immolare" la vittima sacrificale nei riti cittadini.
Erano a loro affidati e custoditi nell'aedes i Pignora Fatali, gli oggetti più sacri di Roma che ne garantivano la potenza e il futuro.


Oltre agli obblighi ricevevano moltissimi onori e privilegi superiori alle comuni donne romane:
potevano uscire liberamente, il loro sostentamento era a carico dello Stato, potevano fare testamento, testimoniare senza giuramento, i magistrati cedevano loro il passo.
Avevano anche il diritto di chiedere la grazia per un condannato a morte da loro incontrato casualmente e di essere sepolte dentro il pomerio in quanto il loro corpo o ceneri erano puri.

Nel 382 l'imperatore Graziano con gran sacrilegio fece confiscare le strutture di proprietà del Tempio nei suoi dintorni e smise di finanziarlo a livello statale, anche se i Senatori continuarono a finanziarlo di tasca propria. 

L'ordine delle vestali cessò di esistere quando Teodosio l'Empio diede ordine di spegnere il Sacro Fuoco di Vesta nel 391, abolendone il collegio e trasferendo il cospicuo patrimonio interamente alla Chiesa.
Con lo spegnimento del Fuoco, Roma fu condannata alla fine più tremenda e la civiltà al collasso, aprendo le porte a un'era buia in cui le anime rimanevano soggiogate nell'ignoranza da giochi di potere e dittature religiose.

Ma il Fuoco Eterno è la nostra Anima e noi siamo ancora qui.

Gianluca Vannucci


Il Pontefice Massimo

Il Pontefice Massimo era il depositario assoluto del sacro.

Carica probabilmente istituita da Numa Pompilio, l'uomo più pio e grande riformatore della Tradizione romana, le origini della carica si fanno risalire alla costruzione del Ponte Sublicio, il più antico sul Tevere.

Egli ordinava il calendario in base alle lunazioni e stabiliva il giorno delle Calende, delle None e delle Idi.
E fino alla riforma del calendario giuliano suo compito era inserire il mese intercalare a fine febbraio per ri-allineare i mesi.

Conosceva formule d'invocazione, voti, carmina, dedicatio e piaculum per ogni evenienza, le norme dei vari templi e garantiva anche la continuità dei culti rimasti senza titolari infatti ha completa autorità sui sacra patria e veglia sui sacra privata.
Decideva quali culti introdurre e se fossero conformi alla Tradizione e alla Salute di Roma.

Presiedeva al collegio pontificio e, in epoca repubblicana, nominava i Flamini maggiori, le Vestali (delle quali è il consigliere e talvolta rappresentante).

Dal 12 a.e.v. quando cioè il Divo Augusto ne assunse la carica gli imperatori successivi erano di conseguenza anche Pontefici Massimi fino al 376, anno in cui il cristiano fondamentalista Graziano, con un atto estremamente empio, rinunciò alla carica di fatto abdicandola al vescovo di Roma, annullandola e facendo venire a meno la benedizione degli Dèi su Roma e l'Impero, riducendolo negli anni seguenti a un mero impianto statale.

Gianluca Vannucci

I Flamini

Il Flamen era il sacerdote preposto al culto di una Divinità, della quale prendeva il nome.

Furono istituiti, come scrive Tito Livio, da Numa Pompilio, secondo re di Roma e legislatore della Religione Tradizionale Romana.

I più importanti erano 3, i Flamines Maiores, preposti al culto degli Dèi della Triade arcaica, e che venivano nominati dal Collegium Pontificum, presieduto dal pontifex Maximus, ovvero:

- Flamen Dialis: il Flamen più importante, personificazione vivente di Iuppiter, di cui celebrava i riti. Era l'unico a poter presenziare al Senato con diritto alla sedia curule.
Godeva dei massimi onori e rispetti ma aveva anche moltissime limitazioni, che soprattutto miravano ad assicurare la sua presenza in Roma.
Esso doveva sempre portare in testa l'apex con in cima un ramoscello d'ulivo.
La sua persona stessa era sacra e inviolabile, al suo passaggio doveva cessare ogni attività lavorativa e ogni voce, in quanto era in costante contatto con Iuppiter.
L'elenco di divieti e limitazionial quale erano sott oposti il Flamine Diale e la Flaminica sua moglie, è sbalorditivo, tanto che per un certo periodo nella tarda Res Publica vi fu un momento nel quale questa carica rimase vacante in quanto nessuno era disposto a ricoprirla, troppo impegnati, anche a causa alla diffusione di alcuni stili di vita ellenisti più libertini, a godersi meglio la vita dopo la sconfitta di Cartagine.
Tra i suoi obblighi maggiori vi era il non dover viaggiare a cavallo; non doveva avere nodi addosso o anelli; non poteva prestare giuramento; non doveva vedere eserciti in armi; doveva dormire in un letto con sotto i piedi sempre del terriccio romano in modo che dormisse sempre sul suolo dell'Urbe; non poteva toccare capre, carne cruda, fave, edera; non poteva dormire fuori dal suo letto oltre 3 giorni; se perdeva la moglie doveva lasciare la carica; non poteva togliersi la tunica se non nella sua abitazione; ogni suo giorno era festivo; non poteva abbandonare o lasciare l'Italia per nessun motivo.
Moltissimi altri divieti e obblighi gli erano fatti, oltre a questi, al fine di preservare l'immagine vivente di Giove su suolo romano.

- Flamen Martialis: preposto al culto di Marte, non abbiamo notizie di particolari divieti al quale fosse sottoposto, al contrario del Flamine Diale che rappresentava Giove quindi la Legge e la Sua filosofia.
Possiamo supporre officiasse durante l'Equus October, il rito del cavallo di Marte alle Idi di Ottobre.

- Flamen Quirinalis: preposto al culto di Quirinus, il Dio del popolo romano, officiava nei riti per lo più comunitari e agrari quali le festività dei Quirinalia in febbraio, dei Robigalia in aprile, dei Consualia di agosto e dei Larentalia di dicembre.

Vi erano poi i Falmines minores, dei quali purtroppo abbiamo scarse testimonianze:

- Flamen Carmentalis, preposto al culto di Carmenta. Officiava alle Carmentalia;
- Flamen Cerealis, sacerdote del culto di Keres, grazie a Varrone abbiamo un cospiscuo elenco di Indigitamenta utilizzati nei suoi rituali agrari;
- Flamen Falacer;
- Flamen Florealis, sacerdote di Flora, celebrava le Floralia a fine aprile/inizio maggio;
- Flamen Furinalis, preposto al culto di Furina, invocata in luglio in quanto Dea delle falde acquifere;
- Flamen Palatualis, preposto al culto di Palatua;
- Flamen Pomonalis, sacerdote di Pomona;
- Flamen Portunalis, preposto al culto di Portuno, Dio gianico dei porti;
- Flamen Vulcanalis, preposto al culto di Vulcano, officiava i Volcanalia di fine agosto;
- Flamen Volturnalis, sacerdote di Vulturnus, genio del vento di sud-est, al quale si offrive a fine agosto per evitare che "bruciasse" le uve da vendemmiare con le Sue vampate.


I Flamini romani furono una figura molto importante per la religione e la società italico-romana. Tanto da essere paragonati da Dumezil e non solo, ai Bramini indù e ai Druidi gallici.

Gianluca Vannucci



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