Quinto Fabio Massimo, fu un patrizio appartenente alla nobile gens Fabia che divenne meglio noto col soprannome di Cunctator, ovvero "Temporeggiatore", per la sua tattica di guerra contro la potenza cartaginese.
Analizziamo meglio la sua storia per comprenderne l'esempio di Virtus.
Temprato da numerosi successi sui Liguri (nel 233 a.e.v.) che gli permisero di dedicare un tempio ad Honos et Virtus, dalla nomina a dictator nel 221 a.e.v. fu quindi inviato come ambasciatore presso i Cartaginesi nel 219 a.e.v. e divenne dapprima noto per il suo discorso al senato cittadino nel quale chiese ai Punici:
«Qui noi portiamo guerra e pace, scegliete voi quale delle due volete.»
(Livio, XXI, 18.13.)
durante il viaggio di ritorno verso Roma non trovarono poi nessun popolo in Spagna e Gallia disposto ad aiutare i quiriti contro la potenza cartaginese quindi assunse, dopo la disfatta del Trasimeno nel 217 a.e.v. - 536 A.U.C. la dittatura.
Divenne ben presto esempio di saggezza e Gravitas in quanto decise astutamente vista la sbaragliante potenza di Annibale di non affrontare le truppe puniche apertamente ma di sfiancarle attraverso imboscate.
Una scelta che lì per lì costò molte critiche al Temporeggiatore da parte dei suoi detrattori.
Fu persino sospettato di voler prolungare la guerra di cui avrebbe potuto mantenere il comando, di viltà, di inettitudine e perfino di tradimento, quando Annibale incendiò i terreni circostanti, risparmiando i poderi di Fabio, per far cadere su di lui il sospetto e sebbene, dopo, lo stesso dittatore romano avesse donato i prodotti dei suoi possedimenti per riscattare alcuni prigionieri romani. Solo il grande Generale cartaginese paradossalmente apprezzò il comportamento di Fabio.
Quinto Fabio Massimo, da vero Vir Romanus, non si curò delle critiche della plebe e dei suoi oppositori, poiché conscio che quel suo agire stava salvando la Res Publica. Come ebbe poi da dire Ennio infatti "qui cunctando restituit rem" ("temporeggiando ripristinò lo Stato")
Perseverò quindi nella sua strategia e al contempo offrì solennemente aGli Dèi quasi come un redivivo Numa Pompilio.
Per non infiammare ulteriormente gli animi dell'Urbe inoltre Fabio aspettò la cessazione della dittatura di sei mesi nonostante la minaccia di Annibale fosse ancora concreta.
L'anno successivo infatti fu eletto Pontefice (era già membro del collegio augurale, carica che ricoprì per 62 anni) e si occupò del mantenimento del tempio di Venere Ericina.
Fabio divenne poi console per la quinta volta nel 209 a.e.v. e gli venne conferito il titolo di Princeps senatus, e durante il consolato inflisse un duro colpo ad Annibale riconquistando Taranto.
Quandò morì non riuscendo ad assistere alla fine della guerra, nonostante fosse benestante il popolo quirita assunse le spese funebri appellandolo quale "Pater" e "Magnus Dictator".
Nella sua vicenda umana possiamo quindi individuare l'esempio di come dovrebbe comportarsi un vero Vir romano, oltre che la Pietas nei confronti della Patria e deGli Dèi nonché la Gravitas nell'agire senza farsi prendere da istinti e tracotanza.
“Un solo uomo ha risollevato le sorti della Patria col prendere tempo, anteponendo la salvezza di lei a ogni calunnia. Ecco perché la gloria di questo grande risplende sempre più nel tempo.”
(Cicerone – De Senectute)
Gianluca Vannucci