“In hoc signo vinces”
La sentiamo ripetere ovunque e storici coadiuvati da neocristiani la postano a profusione tutt'ora sui social.
La frase che Costantino avrebbe sognato il giorno prima della battaglia di Ponte Milvio.
Costantino il Grande, colui che, dopo l'editto di tolleranza di Milano del 313 e dopo aver sconfitto l'infingardo pagano Massenzio avrebbe poi cristianizzato, un po' spontaneamente, molto con la forza l'impero e la civiltà millenaria fondati da Padre Romolo.
Ma chi ci tramanda questa frase e questo racconto? Eusebio, uno zelante vescovo di Cesarea. Biografo "ufficiale" (non saprei dirlo dato che scrive quando l'imperatore era ormai passato a miglior vita) di Costantino nel 338 nella sua "Vita Constantini". Basta, non abbiamo altre fonti a parte Lattanzio, un integralista cristiano che riprende sostanzialmente (o forse Eusebio riprende da Lattanzio) lo stesso racconto. Non credo Lattanzio degno di ulteriori menzioni dato che riteneva la terra piatta e la filosofia inutile nonché blasfema.
Ebbene Eusebio nella biografia di Costantino ci racconta la sua vita appunto dalla conquista della porpora alla morte.
Con enfasi che tradisce un malcelato desiderio sessuale nei confronti del suo prediletto imperatore egli lo paragona ad un apostolo e riporta anche diverse lettere che gli avrebbe scritto nonché, descrivendo con la enfasi tipicamente giudaica dei (soprattutto primi) cristiani la distruzione dei templi operata dal Princeps in nome di Dio.
Da Gentile, stanco della retorica costantiniana dei neocristiani ma anche della storiografia ufficiale, e sapendo che il "paganesimo", insomma le religioni etniche europee, continuarono (per usare un eufemismo) ad essere praticate un bel po' dopo di Costantino tanto che il culto pubblico fu smantellato solo da Teodosio, mi sono detto: "ma sarà attendibile questo Eusebio?"
"Ma Costantino fu veramente un integralista cristiano, un traditore della Romanitas e dei Mores nonché un distruttore di templi che faceva il bagno nel sangue dei pagani?"
Costantino sicuramente non fu il massimo come persona ma vi anticipo che niente di tutto quel che sapete su di lui è sicuro.
Prima di tutto approfondendo Eusebio e altri suoi testi vengo a scoprire che asseriva nella sua "preparatio evangelica": “Come può essere legale e appropriato usare la falsità come medicina e a beneficio di coloro che vogliono essere ingannati”. Una vera e propria ammissione di colpevolezza insomma.
Ma andiamo con ordine.
Costantino viene accusato/acclamato (a seconda della fazione) per aver "imposto come unica religione il cristianesimo" si legge in vari siti anche blasonati; aver vietato ogni forma di magia; aver distrutto se non tutti una gran quantità di Templi; essere un cristiano convinto fin da subito (la battaglia di Ponte Milvio).
Dunque la prima e l'ultima sono facilmente smentibili.
Costantino non impose la teocrazia, il cristianesimo niceano ortodosso come religione unica infatti fu imposto da Teodosio e Graziano nel 380 attraverso l'infame editto di Tessalonica, che trasformò l'impero romano, fino ad allora faro della Civiltà nel mondo in uno spietato regime oscurantista paragonabile all'attuale Arabia Saudita.
I culti Gentili fino a quella data (e anche fino al 391 in realtà) erano ancora tutti pubblici, i collegi sacerdotali esistevano ancora. Tanto che Zosimo ci tramanda un racconto sull'ultima Vestale che maledisse Serena moglie di Stilicone probabilmente negli anni 90 del IV secolo, se non nel 406 addirittura.
Inoltre anche l’editto di Milano e l'accettazione del cristianesimo quale religio licita per la quale Costantino è acclamato da storici e cristiani in realtà non sarebbe un primato.
Poiché lo stesso Massenzio, suo rivale paganissimo avrebbe anni prima dell’editto di Milano tramite l'Editto di Massenzio del 306/307, reso il cristianesimo legale.
Costantino poi non era battezzato, si fece battezzare a Nicomedia in punto di morte e da un vescovo ariano, quindi sarebbe eretico secondo i cattolici tecnicamente (se fossero coerenti con le loro affermazioni).
Per verificare le altre questioni per le quali è apprezzato/odiato andrò a tappe. Cominciamo dal suo rapporto coi Gentili.
Costantino e i pagani
Figlio di Costanzo, detto Pius, il Pio (in senso pagano quindi doveva essere molto devoto)
Costantino ebbe come consigliere, una volta divenuto imperatore Sopatros, allievo e successore neoplatonico di Giamblico. Abile e dotto filosofo fu poi però messo a morte da Costantino nel 330, stando ad alcune fonti perché esortava Costantino e gli disse che l' uccisione del proprio figlio Crispo e della moglie Fausta non era in nessun modo espiabile (e vorrei vedere).
Costantino cedette invece ai preti, che con una confessione gli avrebbero promesso l'assoluzione.
Secondo Zosimo invece fu accusato da Ablabio prefetto cittadino, di magie che portarono una carestia a Costantinopoli. Ablabio fu un losco figuro che si convertì per opportunismo e iniziò a fare la spia all'imperatore di tutti i suoi vecchi correligionari.
Tralasciando il pessimo carattere, amorale, per il quale ovviamente gli fu facile andare d’accordo coi preti dalle facili promesse, intrattenne rapporti anche con altri esponenti pagani di spicco, inoltre contemporaneamente e spesso in stretta concomitanza con le concessioni fatte ai cattolici, Costantino confermò ed estese benefici analoghi ai sacerdoti del culto tradizionale.
Ai collegi religiosi di Roma furono mantenuti privilegi e immunità, nuovi sacerdoti adibiti al culto imperiale furono creati nella capitale e nelle province (a Spello e in Africa), affidati ad esponenti della più alta nobiltà come gli Aradii Valeri mentre flamines perpetui e sacerdotales (impegnati nella gestione del culto imperiale e nell'organizzazione dei concilia provinciali con numerose feste e giochi annuali) furono tutelati nella loro dignitas, ricevettero singolarmente evergesie e finanziamenti: inoltre, in quanto detentori di un sacerdozio al culmine della carriera municipale, essi ottennero l'esenzione dai servizi pubblici connessi con l'annona (ab annonarum praeposituris), nonché da tutti i munera.
Insomma non avvenne una cesura coi culti tradizionali, tutt’altro.
Anche nella fase più tarda del suo regno, al momento della fondazione di Costantinopoli (quindi nel 330) volle fondarla con etrusco ritu, lo stesso col quale Padre Romolo fondò l’Urbe tracciando con l’aratro e scavando la fossa sacra del Mundus
Vennero chiamati per l'occasione degli auguri e il Pontefice Vettio Agorio Pretestato come riferisce Giovanni Lido nel "De mensibus". Anche Sopratro partecipò ai riti inaugurali della fondazione. Vennero individuati sette colli e la città venne divisa, come Roma, in XIV regiones. Con la fondazione di un tempio Capitolino in onore di Giove-Giunone-Minerva, l’imperatore si poneva in linea di continuità con la tradizione pagana romana, così da poter collegare spiritualmente la nuova capitale con Roma.
Non si limitò quindi a mantenere intatti gli antichi templi della Bisanzio pagana (sull'acropoli erano presenti e rimasero attivi un tempio di Artemis, uno di Apollo, uno di Aphrodite e uno di Poseidon): egli, infatti, promosse la costruzione di un Capitolium «ad imitazione di quello di Roma» e di un tempio di Tyche presso la basilica cittadina.
Gli studiosi concordano nell’affermare l’origine costantiniana della fondazione e il suo carattere pagano: solo nel 407 d.C., infatti, l’edificio fu esaugurato con l’apposizione di una croce, e successivamente fu utilizzato come sede dell’università di Costantinopoli.
Quindi il tempio di Tyche nei pressi della basilica cittadina fu Costantino a realizzarlo nella forma tramandata da Zosimo, ovvero ponendovi all’interno una statua di Rea presa da Cizico e una di Fortuna fatta venire da Roma. Nel primo caso si trattava di una statua molto antica – che la tradizione vuole realizzata dagli Argonauti con il polos in testa e i leoni ai lati della figura –, che Costantino fece modificare togliendo i due leoni e ruotando i palmi delle mani verso l’alto.
L’operazione sulla statua di Rea-Cibele, viceversa, mostra l’attaccamento di Costantino alle strutture cultuali e religiose tradizionali.
Se il Tycheion costantinopolitano, unito al tempio gemello dedicato alla dea Roma/Fortuna Romana/Roma Aeterna, fu riorganizzato avendo a modello il tempio di Venere e Roma nel foro, esso fu anche dotato di un corpo sacerdotale per espletare il culto imperiale. Il tempio che a Roma era stato adibito al culto degli imperatori divini, infatti, completati i restauri delle absidi e delle statue di culto, fu reso funzionante con l'istituzione di un nuovo sacerdote, custode e officiante del tempio, membro di una sodalitas Flavialis, che dal 312/313 orientò verso i Flavi il preesistente cultus domus divinae.
E ciò, negli stessi anni in cui Costantino dedicava al Salvatore la prima grande chiesa cristiana in Laterano a Roma.
I sacerdozi (augur, pontifex maior, quindecemvir sacris faciundis, pontifex flavialis) del pontifex Flavialis Lucio Aradio Valerio Proculo, elencati in una dedica che contempla anche il consolato rivestito nel 340, furono infatti rivestiti prima di quella data, durante il regno di Costantino.
Nel Capitolium poi, divenuto residenza di Costantino, vicino le effigi sue e dei suoi figli Costantino ordinò che si ponessero le statue delLe Muse.
Al centro del foro si trovava invece la colonna di Costantino sormontata da una statua bronzea dell'Imperatore rappresentato come Helios
La colonna portava l'iscrizione "Costantino, che splende come il Sole"e lo sguardo della statua era rivolto verso Est.
ricostruzione del Capitolium |
Questi i rapporti fra Costantino e i Gentili insomma, non sembrano così negativi a parte forse alcuni casi. Addirittura creò nuovi sacerdozi oltre a confermare i privilegi degli altri già esistenti.
Passiamo ora all’altra credenza, che vede Costantino da difensore della chiesa bandire ogni magia.
Costantino e la magia
Sentita la chiesa, che ovviamente condannava qualsiasi tipo di magia non facendo distinzioni positive o negative (il concilio di Ancira del 314 condannava a 5 anni di penitenza i cristiani che ricorrevano a magia e divinazione in casa),
Costantino dichiarò costituire reato punibile con severissime sanzioni la magia diretta contro la salute delle altre persone oppure finalizzata a suscitare amore nella persona amata. Mentre contro il parere ecclesiastico dichiarò che non costituiva reato la pratica della magia finalizzata a curare le malattie oppure a salvaguardare il raccolto dei campi dalla pioggia e dalla grandine.
In questo Costantino cercò di rifarsi alla già presistente legislazione romana contro la magia, più che ad una nuova imposizione cristiana come emerge invece dalla storiografia ufficiale.
Nel mondo romano la magia finalizzata a danneggiare le altre persone era stata sempre duramente condannata a cominciare dal tempo delle leggi delle dodici Tavole: infatti nell’ ottava Tavola venivano proibiti vari tipi di incantesimi più tardi i romani emisero altri provvedimenti legislativi, ad esempio la più importante legge riguardante la magia fu la Lex Cornelia.
Insomma nessuna rottura con il paganesimo tradizionale anzi, quando a Costantino fu chiesto di esprimersi contro la magia andò a ripescare ordinamenti addirittura repubblicani, non vietando la magia "bianca".
Paradossalmente contro la magia fu molto più duro Caracalla, secondo la Historia Augusta infatti giunse al punto di proibire anche la pratica della magia a scopi benefici come guarire le febbri malariche. In questo senso fu molto più permissivo Costantino paradossalmente, infatti dichiarò che non costituiva reato la pratica della magia finalizzata a curare le malattie oppure a salvaguardare il raccolto dei campi dalla pioggia e dalla grandine.
E anche la credenza che vede in Costantino un persecutore di maghi è destinata a cadere.
Ci sarebbe poi il provvedimento del 1 febbraio 319 (CTh. 9, 16, 1 (Imp. Constantinus A.. ad Maximum). nullus haruspex limen alterius accedat nec ob alteram causam, sed huiusmodi hominum quamvis vetus amicitia repellatur, concremando illo haruspice, qui ad domum alienam accesserit et illo, qui eum suasionibus vel praemiis evocaverit, post ademptionem bonorum in insulam detrudendo: superstitioni enim suae servire cupientes poterunt publice ritum proprium exercere. Accusatorem , autem huius criminis non delatorem esse, sed dignum magis praemio arbitramur. proposita kal. feb. Romae Constantino A. v et Licinio Caes. conss. (319 febr. 1 [sept…..])), che vietava agli aruspici di divinare nelle case private (pena la morte dell'aruspice e la confisca per il "cliente" a differenza della magia, per la quale fa dei distinguo quindi, sembra condannare l'aruspicina) mentre poco dopo autorizzava pienamente l'aruspicina nei templi o in pubblico, forse resosi conto dell'incompatibilità dell'esclusione degli aruspici con la Tradizione Romana compiendo una scelta di tolleranza (pubblica per lo meno).
Gli aruspici hanno sempre influenzato decisioni importanti e personaggi pubblici romani come l'imperatore.
Più che ad un provvedimento antipagano personalmente imputerei questa scelta di Costantino alla sua superstizione, temeva molto il fatto che qualcuno potesse maledirlo o sobillare il popolo contro di lui (infatti abbiamo notizie di provvedimenti simili emanati dal Divo Augusto e dal Divo Tiberio per motivazioni di ordine pubblico, come riporta Svetonio, Tiberio proibisce di consultare gli aruspici secreto et sine testibus ( anche se mai le pene furono così severe, forse questa volta per pressioni clericali derivanti dal Concilio di Ancira).
Tant'è che abbiamo notizie di occasioni in cui lui stesso chiamò aruspici a palazzo.
Questa legislazione sull'aruspicina inoltre a mio avviso non fu molto rispettata, come dimostrano casi successivi di senatori che ricorsero anche decenni dopo ad aruspici famosi; lo stesso Costantino inoltre successivamente permette che gli aruspici siano consultati secondo la Tradizione nel caso che un fulmine avesse colpito un edificio. Sembra anche qui rifarsi per così dire a passate legislazioni romane, sebbene forse disprezzasse l'arte dell'aruspicina per paura potesse vaticinare contro di lui.
Ora la nota dolente: i templi che Costantino avrebbe fatto abbattere. Eusebio ci comunica con soddisfazione (quasi onanistica direi) che allo “schiocco di dita del pari agli apostoli i templi demoniaci crollavano”. Ma sarà andata davvero così?
Costantino e la distruzione dei templi
I casi documentati in cui Costantino prese provvedimenti contro dei Templi sono 3: il Tempio di Venere e Adone sopra il Santo Sepolcro, un tempio di Afrodite ad Afaka in Fenicia e un tempio di Asclepio con edicola ad Apollonio di Tiana in Aigai, Cilicia. Non si hanno notizie di altri templi demoliti per ordine di Costantino.
Analizziamo uno ad uno i 4 casi posti dal vescovo di Cesarea.
1- In ordine di trattazione, il primo caso di cui Eusebio parla è quello del tempio di Afrodite (Astarte) in Gerusalemme, al posto del quale fu costruito il complesso edilizio del Santo Sepolcro.
Tale notizia fornisce al vescovo l’occasione per un’esposizione dettagliata della rimozione degli edifici di culto precedenti; la narrazione prende infatti le mosse dal racconto dell’occultamento della zona del sepolcro di Cristo da parte dei pagani, i quali vi edificarono un tempio in onore della ‘lussuriosa’ Afrodite.
Questo rimase intatto fino all’epoca di Costantino, quando l’imperatore, "ispirato da Dio", decise di ‘ripulire’ il luogo procedendo alla distruzione delle strutture pagane e delle statue al loro interno, e promuovendo la costruzione di un Heroon dedicato a Cristo.
In realtà semplicemente i Romani identificarono il Dio dell’amore cristiano Cristo con Adone e di conseguenza edificarono un Tempio a Venere e Adone nel luogo in cui i cristiani ritenevano fosse giaciuto, atto che non venne apprezzato da ebrei e cristiani evidentemente.
Non solo la costruzione del Santo Sepolcro, ma anche quella di alcune chiese a Betlemme e il ritrovamento (leggendario) delle reliquie della croce da parte della madre Elena. Di seguito al racconto del Santo Sepolcro infatti il vescovo di Cesarea continua con l’enumerazione delle chiese edificate da Costantino: a Costantinopoli, anche se rimane piuttosto vago e non fornisce alcun nome per l’identificazione delle fondazioni; a Nicomedia, che era stata rasa al suolo nel 303 per ordine di Diocleziano; la grande basilica ad Antiochia; e infine la chiesa di Mambre, costruita sul luogo dell’apparizione del dio degli ebrei ad Abramo. Come nel caso di Gerusalemme anche per quello di Mambre è riportata la lettera con la quale l’imperatore avvertiva i vescovi della Palestina di aver ordinato al comes Acacio di liberare il luogo da ogni statua di culto pagano e dall’ara.
E questa, sempre sia vera, esplicita la natura cacodemonica di Costantino effettivamente, si legge da Eusebio:
“Il Vincitore Costantino Massimo Augusto a Macario
e agli altri vescovi di Palestina76
Un beneficio unico e immenso ci è giunto da parte del-
la mia piissima suocera,77 dacché, grazie alle lettere che ci
ha inviato, siamo venuti a conoscenza della follia, che fi-
nora era rimasta nascosta, di uomini esecrabili che si trovano presso di voi, cosicché la loro colpa, ancorché passata inosservata fino a questo momento, trovi per opera
nostra l’opportuna correzione e il rimedio adeguato, come è necessario, ancorché in ritardo. E il fatto che i luoghi santi siano insudiciati dagli empi sacrifici di costoro è
davvero un sacrilegio che eccede ogni misura. O fratelli
amatissimi, cosa dunque è sfuggito alla vostra perspicacia, che colei che ho menzionato non ha invece potuto tacere per via del suo timore di Dio? LIII, 1 Costei afferma che il luogo presso la quercia chiamata Mamré, dove
sappiamo che Abramo stabilì la sua dimora, è stato del
tutto profanato da alcuni superstiziosi; ella ha infatti ri-
velato che proprio accanto alla quercia sono stati costruiti simulacri che meritano solo la completa distruzione e
anche che lì vicino si trova un altare e che vi si celebrano
ininterrottamente sacrifici impuri. LIII, 2 Pertanto, poi-
ché ciò non appare in sintonia con i nostri tempi, e sembra altresì indegno della santità del luogo, intendo mettere le dignità vostre a conoscenza del fatto che abbiamo
fatto pervenire al nostro illustrissimo amico e comes Acacio78 una lettera con cui si dispone che gli idoli che siano
trovati nel luogo sopra menzionato siano dati alle fiamme senza nessuna esitazione, che l’altare sia raso al suolo
e, per dirlo in sintesi, che quando tutti gli oggetti di quel tipo saranno completamente scomparsi di lì, egli avrà cura di purificare con il maggiore impegno e con ogni mezzo tutta la zona circostante, e dopo aver fatto questo, seguendo i vostri suggerimenti, egli farà in modo che in
quel luogo sia edificata una basilica degna della chiesa cattolica e apostolica. Sarà poi compito della vostra saggezza e coscienza, non appena apprenderete che tutti
quegli abomini siano stati completamente tolti di mezzo, darvi convegno con i vescovi della Fenicia, che potrete convocare in virtù dell’autorità di questa lettera, e progettare una basilica degna della mia magnificenza, affinché,
conformemente alle vostre disposizioni, questa splendida opera possa essere portata a compimento al più presto,
grazie alla sollecitudine del sopra citato nostro comes, in modo degno dell’antichità e della santità del luogo. Prima di tutto desidero che voi vi preoccupiate che in futuro
nessuno di quegli uomini sacrileghi e abominevoli osi
avvicinarsi al luogo. Sarebbe infatti intollerabile – e
chiunque osi fare ciò merita di essere punito – che dopo il nostro ordine sia commesso qualche gesto empio proprio nel luogo che abbiamo stabilito di ornare con la costruzione un’intemerata basilica, destinata ad accogliere un degno consesso di uomini santi. Se dunque avvenisse qualche violazione di quanto è stato stabilito,
conviene che senza alcun indugio ciò sia portato con
chiarezza a conoscenza della nostra clemenza tramite
vostre lettere, affinché diamo disposizione che chi ven-
ga colto in flagrante a violare la legge subisca la pena
capitale. LIII, 3 Infatti voi non ignorate che proprio in
quel luogo per la prima volta il Signore dell’universo fu
visto da Abramo e parlò con lui. Lì per la prima volta ebbe inizio l’osservanza della santa legge, lì per la prima
volta il Salvatore in persona accordò con generosità ad Abramo il dono della propria apparizione insieme ai due angeli, lì Dio cominciò a mostrarsi agli uomini, lì preannunciò ad Abramo la sua discendenza futura, e subito
concretizzò la profezia, lì preconizzò che sarebbe stato padre di numerosissimi popoli.79
LIII, 4 Date le premesse è giusto, a mio giudizio, che ci
si preoccupi di preservare questo luogo da ogni contami-
nazione e di restituirlo all’antica santità, così che in esso
non si pratichi null’altro se non la dovuta osservanza del culto dell’onnipotente nostro Salvatore, signore dell’universo. È opportuno che voi sorvegliate tutto ciò con la dovuta sollecitudine, se le vostre eminenze desiderano, come credo, che si compia la mia volontà, che è ispirata esclusivamente dalla devozione al Signore.
Che Dio vi custodisca, amati fratelli”
Possiamo quindi confermare la distruzione del tempio di Afrodite e la costruzione del Santo Sepolcro ad opera di Costantino, e purtroppo forse anche la distruzione di alcuni sacelli a Mambre nel punto in cui Geova apparve ad Abramo.
2- Il secondo caso riguarda il tempio di Afrodite ad Afaca, nel Libano, all’interno del quale, stando alla testimonianza di Eusebio, veniva praticata la prostituzione sacra.
il tempio si trovava distante dai centri abitati e dalle strade, per la distruzione del santuario Costantino inviò un contingente militare, che rase al suolo l’edificio dalle fondamenta.
Questo caso sembra rientrare nel favoritismo nei confronti dei cristiani locali, molto bigotti e all’epoca preoccupatissimi della dottrina sessuale degli abitanti. Purtroppo davvero il tempio fu distrutto sembra.
3- L’esempio successivo è quello del tempio di Asclepio in Aigai di Cilicia: il santuario, legato alla figura di Apollonio di Tiana, come anche i due più famosi di Pergamo ed Epidauro, oltre a essere un luogo di culto era una sorta di ospedale rinomato per le cure miracolose, in cui si praticava l'incubatio (infatti i primi ospedali nacquero proprio così, erano i templi di Asclepio, diversamente da quanto sostiene la storiografia ufficiale non furono "inventari" dai musulmani).
Anche in questa circostanza, Costantino ordinò all’esercito di distruggere il tempio dalle fondamenta per liberare il luogo da un corruttore di anime che per molto tempo aveva messo in atto i suoi inganni, definito dal vescovo né un demone né un dio. Nonostante la dichiarazione di Eusebio sulla demolizione a fundamentis della struttura, una fonte tarda riporta che il tempio di Asclepio con molta probabilità sarebbe rimasto attivo almeno fino al tempo di Giuliano.
La notizia risulta pertanto esplicativa del grado di retoricità delle fonti cristiane, che parlano di fenomeni di distruzione di templi pagani: se del tempio di Asclepio in Cilicia si ebbe notizia fino al tempo del governo di Giuliano, è probabile che continuò a sopravvivere ancora fino all'epoca teodosiana.
Non è possibile quindi confermare la distruzione del Tempio di Asclepio, anzi tenderei a scartarla, dando precedenza come fonte ad Ammiano Marcellino, che documenta il passaggio di Giuliano da quelle parti.
Personalmente che il primo atto di Costantino fosse stato distruggere un tempietto legato ad Apollonio di Tiana a me da da pensare, dato che ad Apollonio sono attribuiti molti dei cosiddetti miracoli del Cristo, sono due figure legate a doppio filo. Non è un caso che uno degli ultimi intenti di Simmaco prima di morire fu di ristampare una biografia di Apollonio di Tiana, insigne santo gentile e iniziato pitagorico.
4- L’ultimo esempio che i testi eusebiani tramandano riguarda invece il tempio di Afrodite nei pressi di Heliopolis (Baalbek), in Fenicia. Anche qui, secondo il racconto di Eusebio, veniva praticata la prostituzione sacra.
in questo caso non si parla di demolizione del tempio, ma della costruzione di una grande chiesa.
In pratica non distrusse questo tempio ad Afrodite.
Insomma le notizie certe di distruzione di templi da parte di Costantino sarebbero solo due, una delle quali funzionale ad una ristrutturazione del Santo Sepolcro sottoforma di Heroon.
Passiamo poi ad analizzare l’ultimo aspetto del Princeps.
Le espoliazioni dei templi
Sia da autori pagani che cristiani si alzano le voci che anche se non distrusse templi “li espoliò e depredò”
Eusebio descrive dettagliatamente le procedure adottate da Costantino: esse prevedevano l’invio di una delegazione di due persone di fiducia dell’imperatore allo scopo di redigere un inventario di tutte le statue di culto presenti nei templi, con l’ordine di spogliarle di tutto ciò che di valore conservavano, di fondere i materiali utili e di confiscare le statue di bronzo.
il vescovo di Cesarea, per giustificare il trasferimento di questi dalle varie zone dell’Impero alla capitale, voluto da Costantino, insiste nel considerarli alla stregua di ‘fantocci’, la cui unica prerogativa è quella di provocare il riso e il divertimento degli spettatori. In realtà studi recenti stanno dimostrando che né la scelta delle statue votive nelle province, né la loro collocazione in determinati spazi della città furono casuali.
Infatti come già riportato le statue delLe Muse furono posizionate nel Capitolium accanto alle effigi dell’imperatore, una statua di Ercole nell’ippodromo, altre di Apollo in centro di una piazza mentre una di Rhea-Cibele all’interno del Tychaion fatto costruire dallo stesso Costantino, come statua di culto.
Riporta però il vescovo fanatico:
"A Costantinopoli non vi si scorgevano più, nel modo più assoluto, le
statue delle cosiddette divinità che erano venerate nei
templi, né altari insozzati di macchie di sangue, né vittime sacrificali immolate con il fuoco, né feste demoniache, né le altre consuete manifestazioni della superstizione pagana.71". (e sappiamo non essere vero per i motivi sopra detti)
poi:
"in altri ancora i magnifici
bronzi, di cui a torto gli antichi per lungo tempo erano
andati fieri, erano esposti bene in vista in tutte le piazze
della città imperiale80 e giacevano così abbandonati allo
guardo indiscreto dei curiosi: qui il Pizio, altrove lo
Sminteo, nell’ippodromo stesso i tripodi di Delfi e nel
palazzo reale le Muse dell’Elicona.”
Praticamente secondo il menzognero Eusebio “esporre a ludibrio” sarebbe posizionare ovunque, nelle strade e nei Templi statue deGli Dèi… lascio a voi le conclusioni.
Ma parliamo ancora delle spoliazioni, sembra in realtà oltre a qualche statua utilizzata per il Capitolium e altre zone delle città, consistesse nella raccolta di oro e argento per finanziare la costruzione di Costantinopoli.
La confisca massiccia di oro e di argento riferita da Eusebio fu notata anche dall’Anonimo del De rebus bellicis, il quale ne parla all’interno di una riflessione economica di ampie dimensioni. Due sono gli elementi fondamentali che emergono dalla lettura del testo: in primo luogo l’oro e l’argento venivano presi dai templi; in secondo luogo essi erano destinati alla monetazione, senza alcun riferimento alla distruzione delle statue o dei templi.
Infatti anche Libanio affermava nella Pro templis (30,6): «egli [Costantino] utilizzò le ricchezze dei templi per costruire la città alla quale consacrò tutto il suo zelo, ma non apportò alcun mutamento al culto ufficiale; nei templi regnava la povertà, ma era facile vedere che tutto il resto si svolgeva normalmente»
Tyche di Costantinopoli, moneta costantiniana |
Ci avviciniamo alla fine della trattazione, perché affianco a questo Costantino munifico di templi e basiliche troviamo il Costantino che prende determinati provvedimenti a favore dei chierici: sgravi fiscali, agevolazioni molteplici, la possibilità di essere giudicati per cause civili dal tribunale ecclesiastico e non da quello romano, movimenti di uomini e mezzi a spese dello Stato, provvedimenti certo non da poco, che equiparavano la chiesa da un certo punto di vista agli altri culti da un altro (il poter essere giudicati solo attraverso concili e tribunali ecclesiastici) la mettevano al di sopra di altri sacerdozi e culti effettivamente, cosa che portò all'aumento del suo potere.
C'è poi il Costantino dichiaratamente cristiano, riportato nelle epistole da Eusebio nel suo Vita Constantini, ad esempio questa, che sarebbe stata indirizzata al sovrano persiano:
“Io professo di onorare questo
Dio con imperitura memoria, con mente pura e sincera e
io percepisco nitidamente che egli si trova nelle dimore celesti. X, 1 È lui che invoco inginocchiandomi, e aborro
tutto il sangue disgustoso e il fetore nauseante dei sacrifici pagani, rifiuto ogni splendore terreno, tutte cose dalle quali era contaminato l’errore scellerato e turpe dei Gentili,
che precipitò e consegnò agli Inferi molti pagani e popoli interi. X, 2 Infatti il Dio dell’universo, nella sua previdenza nei confronti dell’umanità e per via del suo amore verso di essa, rivelò per la comune utilità dottrine che non accetta in alcun modo siano distorte secondo il capriccio di
ciascuno; egli esige dagli uomini solo una mente pura e un’anima immacolata, e sulla base di ciò valuta le azioni della virtù e della fede. X, 3 Gli sono infatti gradite le opere ispirate dalla clemenza e dalla mitezza, apprezza i mansueti, odia i turbolenti, ama la fedeltà e punisce l’infedeltà, abbatte ogni potere esercitato con prepotenza, castiga la tracotanza dei superbi, distrugge dalle fondamenta
chi si inorgoglisce nella boria mentre assegna agli umili e agli oppressi ciò che è giusto. X, 4 Pertanto tiene in gran considerazione anche un governo che sia giusto, lo rende forte del suo appoggio e preserva nella tranquillità della pace la saggezza dell’imperatore."
E conclude:
"Non credo di ingannarmi, o fratello mio, nell’af-
fermare che questo unico Dio è creatore e padre di tutti gli uomini, proprio colui che molti di coloro che regnarono qui cercarono di negare, obnubilati dalla follia del paganesimo. Ma una morte vendicatrice distrusse tutti costoro in modo tale che l’intera generazione a essi successiva portava a esempio, prima di ogni altra cosa, le loro
disgrazie a quanti cercavano di emulare le loro imprese.
XI, 2 Tra questi, io credo, fu anche colui che l’ira divina,
come un fulmine, scacciò di qui e abbandonò nelle vostre terre e costui, a sua vergogna, rese famosissimo il trionfo che otteneste su di lui.9
XII Sembra però essersi rivelato del tutto positivo il
fatto che, anche nella nostra epoca, si sia mostrato con evidenza il castigo che spetta a tali individui. Ho assistito
di persona alla rovina di coloro che, fino a poco tempo
fa, con ingiusti editti, hanno tormentato il popolo consacrato a Dio. Anche per questo deve essere grande la gratitudine verso Dio, poiché da quando con disegno perfetto
le è stata restituita la pace, tutta l’umanità che rispetta la legge divina vive nell’esultanza ed è raggiante. Pertanto, da parte mia, sono persuaso che tutto sarà migliore e più sicuro quando, grazie alla religione pura e giusta di costoro, Dio deciderà di riunire a sé l’umanità intera nella
concordia della religione comune.
XIII Pensa quanto mi fa piacere udire che anche la
parte più importante della Persia è ornata da questa categoria di uomini, ossia i cristiani (l’intero mio discorso infatti si riferisce a essi), proprio come è nei miei auspici.
Dunque, che possa toccare la sorte migliore e ogni bene,
tanto a te quanto a quelli, ché sono anch’essi tuoi sudditi.”
Tralasciando che non si sa come Eusebio fosse venuto in possesso delle lettere private dell’imperatore, addirittura di quelle inviate a sovrani esteri e tralasciando anche la malafede di Eusebio di Cesarea, definito da Jacob Burckhardt “il primo storico interamente disonesto dell’antichità”.
Eppure Eusebio è tenuto in grandissima considerazione oltre che dai cristiani (ed il motivo è lapalissiano) anche inspiegabilmente da certi storici, che continuano a riproporre la sua biografia per definire la personalità, molto ambigua in realtà, di Costantino ed ergerlo a campione della cristianità, lui che in fin di vita si fece battezzare ariano.
Non sappiamo se i fatti riportati nella Vita Constantini siano reali, io propendo per una via di mezzo ma viene da chiedersi, soprattutto alla luce del fatto che fu scritta da Eusebio in fretta e furia dopo la morte di Costantino, se non volesse essere un manifesto, un’esortazione per i figli e in generale i successori di Costantino al soglio imperiale, del tipo “fate così se volete essere buoni cristiani”.
Sta di certo che tutte le orribili azioni attribuite (in senso però positivo da parte sua) da Eusebio a Costantino non tardarono a verificarsi, per opera però di Graziano e Teodosio, che oltre ad essere dei meri burattini delle elites ecclesiastiche, potrebbero essere stati assai influenzati da questa biografia.
Finisce qui la mia dissertazione, che probabilmente farà vacillare in voi (che siate Gentili o cristiani) più di una certezza su questa figura storica, bistrattata e idolatrata specularmente.
Costantino insomma non fu una grandissima persona magari, ma di sicuro non era così antipagano e non fu quel campione della cristianità come lo dipingono ufficialmente.
Il mio pensiero è questo:
si può sostenere che l’imperatore agì nel pieno svolgimento della sua funzione di garante delle religioni licitae dell’Impero. La varietà degli interventi, come si è visto, si può ricondurre ai casi specifici che egli era stato chiamato a risolvere. Il fatto anche che indisse lui stesso i concili e, come nel caso di quello di Nicea, il più importante per il cristianesimo, il vescovo di Roma Silvestro non fu invitato e semplicemente informato dall’imperatore delle decisioni prese è a mio parere indicativo di ciò.
Calcoli politici o religiosi erano comunque funzioni espletabili nell' onero della sua funzione di Pontefice Massimo.
Gianluca Vannucci
Fonti bibliografiche:
Enciclopedia Costantiniana (2013), Treccani
Eusebio di Cesarea “Vita di Costantino”
Libanio “Pro Templi”
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