Il 15 giugno è il giorno di San Vito, patrono di Serbia e molto venerato nei paesi slavi in genere nonché in Sicilia e altre zone d'Italia.
Questo santo, nella leggenda agiografica un giovane martirizzato dall'Imperatore Diocleziano, altri non sarebbe che la maschera del culto di Svetovit, "vista del mondo", divinità preminente panslava.
Dalle funzioni simili al romano Giano, Svetovit come descritto dal Suo culto in Arkona ma diffuso anche negli altri paesi slavi, veniva raffigurato con 4 teste e come attributi un arco e un corno che veniva utilizzato, versando del vino per vaticinare la pace o la guerra.
Al Dio veniva associato il cavallo bianco, che Sviatovit cavalcava durante le battaglie.
Divinità di primissimo piano nel pantheon slavo, detiene funzioni simili a Giano, in quanto è detentore del tempo di pace e di guerra, le 4 teste simboleggiano l'Essere nelle 4 direzioni spaziali ma anche le 4 stagioni e le 4 porte.
Veniva così descritto:
"Aspetto dell'idolo di Svantovit e pratica dei riti:
La statua era quadrifronte, simile, presso alcuni, alla vecchia figura di Giano, affinché gli abitanti fruissero della sua immagine da ogni lato del tempio. Con la destra teneva il corno, con la sinistra l'arco; vicini erano sospesi la spada, le briglie, la sella, e appresso stava in una stalla un candido cavallo consacrato al simulacro [...]
A lungo questa superstizione e il culto di tale statua rimase in voga anche presso i Čechové, finché san Václav, allora kníže di Čechy, ottenute da Cesare Ottone le reliquie di San Vito, abbattuto l'idolo profano, mostrò ai Čechové il santo uomo da venerare. Ma non riuscì a togliere dalla mente dei Čechové neppure il ricordo di Svantevit: dal momento che anche ora i Boemi non hanno nulla di più solenne del saluto che avviene nel nome di Vito; infatti, ricevuto un ospite o un amico o un parente venuto da lontano, ripetono «Vitejte, Vitejte!», 'benvenuto, benvenuto!', rallegrandosi così per l'ospitalità, quasi concessa da Svantovit."
Ioannes Dubravius, Storia del Regno di Boemia, 1552 d.C.
Dopo la distruzione del Santuario di Arkona nel 1168 e la forzata cristianizzazione il patrono locale del popolo Rani e poi di tutti gli slavi divenne San Vito (giacché in latino Svetovit diventa Suantouitus) ma, come riferisce Helmod autore di "cronaca degli slavi a XII secolo inoltrato (1167) appena andati via i missionari:
"si rallegrarono solo del nome di San Vito, al quale dedicarono addirittura un tempio e una statua dal culto molto significativo e attribuirono soprattutto a Lui il primato degli Dèi. Gli chiedono risposte profetiche su tutte le province degli slavi e pagano annualmente un tributo sacrificale. Neppure i mercanti che casualmente giungono in quei luoghi possono vendere o comprare qualcosa se prima non fanno al Dio un'offerta di qualche oggetto prezioso delle loro mercanzie e solo allora possono mettere le loro merci a disposizione del pubblico al mercato. Onorano il loro sommo sacerdote non meno di quanto farebbero con un re. E così, dal momento in cui hanno rinunciato alla loro prima fede, questa superstizione persevera tra i Rani fino al presente." E ancora "Tra le molteplici divinità degli Slavi, la più illustre è Zuantevith, Dio della terra dei Rugii, ritenuto il più efficace nei responsi. Al Suo confronto, [gli Slavi] guardano agli altri Dèi come fossero dei semidei."
Il Dio Svetovit, Suantouitus in latino |
In Sicilia invece il culto di San Vito, molto legato ai cani e alla guarigione dal famoso ballo di San Vito, alle sorgenti sarebbe invece legato al Dio locale tutelare siciliano: Adrano, il cui tempio era custodito da mille cani, di bellezza e dimensioni superiori ai molossi. I cani erano in grado di accogliere i visitatori del tempio, accompagnandoli a casa se ubriachi e sbranarli se ladri, infatti al Dio era sacro tale animale.
In una delle tante invocazioni siciliane al santo:
"san Vito di Monreale
siamo parenti, cugini carnali
mi dovete prestare i vostri cani
buone notizie mi dovete dare"
Gianluca Vannucci