"Gemmea l'aria, il sole così chiaro
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l'odorino amaro
senti nel cuore...
Ma secco è il pruno, e le stecchite piante
di nere trame segnano il sereno,
e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante
sembra il terreno.
Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
odi lontano, da giardini ed orti,
di foglie un cader fragile. E' l'estate
fredda, dei morti."
Novembre, Giovanni Pascoli
L'11 Novembre è tradizionalmente un giorno di festa molto sentito in Emilia e Romagna, ma anche in tantissime altre zone della Penisola.
È un giorno a cui viene attribuita eccezionalità e lo si vede anche dal nome: Istè dij mòrt (in Emiliano e Romagnolo Estate dei Morti), si dice infatti che in questo giorno l'autunno si prenda una breve pausa per lasciar spazio ad un eccezionale tepore estivo. Inoltre si svolgono sagre di paese fra le più importanti e amate.
Ma da dove ha origine questo strano nome e questa festa, così sentita a livello popolare?
Con l'11 Novembre si chiude il periodo dei morti, iniziato all'incirca il 31 ottobre con le Tre Notti di Samonios (poi divenute col cattolicesimo Vigilia, Ognissanti e Morti). Samonios che ha proprio il significato, in lingua gallica di "fine estate", che lasciava spazio al freddo vero e proprio.
Aveva quindi valore di cesura, fine di un periodo, ed infatti nel mondo contadino in questio giorno si pagavano i debiti e gli affitti, si stipulavano nuovi contratti tra proprietari e mezzadri, si vendeva il bestiame e si gettavano le cose vecchie che non servivano più.
Insomma un rinnovamento karmico che si riflette simpaticamente anche nel materiale.
Vi è poi l'usanza di mangiare caldarroste intagliate accompagnate da buon vino, soprattutto novello.
Oltre alla commemorazione dei morti (le castagne intagliate "sorridenti" ne sono un chiaro riferimento) qui si sovrappone anche una sorta di sagra del vino novello, che in epoca romana era celebrata nelle Meditrinalia dell'11 Ottobre, in cui si mescolavano mosto-vino appena fatto a vino vecchio e si brindava a scopo medicamentoso e di buon augurio.
È facile pensare che, a causa del clima, questa festività in Cisalpina si svolgesse (o doppiasse in caso del vino novello ormai compiuto) un mese dopo rispetto al centro-sud Italia. Potrebbe anche essere una prosecuzione dei Ludi Plebei, che in epoca romana si svolgevano per tutta la prima parte del mese di Novembre.
A Santarcangelo di Romagna si svolge la fiera di San Martino, a me personalmente cara, molto sentita tant'è che è la festa principale della cittadina romagnola. Oltre alle bancarelle ricche di castagne, vino e dolci situate nella piazza centrale della città, questa fiera ha una particolare accezione: viene infatti chiamata anche "festa dij bec", ovvero la festa dei cornuti.
Viene infatti appeso all'arco cittadino nella piazza un paio di corna e si dice, nell'odierna scherzosità popolare, che chi ci passa sotto se le vede muoversi allora è stato tradito dal proprio compagno/a.
Questa tradizione di appendere le corna all'arco, che di fatto monopolizza tutta la fiera di San Martino tanto da sostituirla nel nome, anche se ormai profana ha sicuramente origine nella tradizione gallo-romana. In questo periodo dell'anno infatti i Galli onoravano il Dio Cornuto, probabilmente loro principale Divinità, che infatti è Signore "Karmico" della vita e della morte e quindi anche dei debiti e di ciò che si è meritato fino a questo momento che per i Galli consisteva nell'inizio dell'anno, avvenuto in Samonios.
Abbiamo poi già nominato San Martino, il santo festeggiato dal cristianesimo in questa giornata.
Al di là della figura storica dello stesso, Martino di Tours, un vescovo-inquisitore che sul finire del IV secolo distrusse templi Gentili ed evangelizzò parti dell'odierna Francia, il simbolismo di San Martino c'entra poco con lo stesso.
È infatti solitamente raffigurato un cavaliere a cavallo e intento a tagliare un lembro della propria mantella per darlo ad un plebeo bisognoso.
Ciò si deve alla leggenda agiografica secondo cui da giovane, Martino di Tours, essendo stato un soldato un giorno vedendo un mendicante mosso a pietà cedette parte della sua mantella di servizio.
Ebbene che c'entra tutto ciò con l'Estate dei Morti? al di là del personaggio storico, su cui non indaghiamo oltre, Mart-ino significa Piccolo Marte, un Marte autunnale, Marte a cui è sacro il mese di Ottobre in cui durante le Idi gli viene offerto un cavallo. I Ludi Plebei di Novembre inoltre terminavano con corse equestri. San Martino quindi è un Marte maturo ma anche piccolo, perchè sta cedendo il passo. Nella società romana la parte dell'anno posta sotto la tutela di Marte è finita con Ottobre, non si è più miles, la stagione della guerra è sospesa per riprendere col ventoso Marzo e si diventa cives, cittadini intenti ad attività plebee come ad esempio commerciare.
Lo strappo del drappo rappresenta simbolicamente il passaggio di consegna, l'anno strappato, una piccola parte viene ceduta al popolo e quindi al trabeato Quirino che ne prende la tutela fino alla prossima primavera.
Gianluca Vannucci