Il 27 febbraio 380 e.v. - 1133 A.U.C. viene emanato il famigerato Editto di Tessalonica dagli imperatori profani Graziano e Teodosio consigliati dalle eminenze grigie vescovo di Milano Ambrogio, papa Damaso e il patriarca di Alessandria Pietro II (elogiati all'interno dell'editto stesso).È il primo documento che sancisce de facto una teocrazia, la prima della storia, in quanto l'unica ammessa all'interno dell'Impero è la religione cristiana ortodossa (nella forma cioè decisa nel concilio di Nicea) e addita come stupidi e pazzi chi non la segue ciecamente, negando anche di poter essere cittadini dell'Impero indipendentemente dal luogo di nascita o dalla propria discendenza.Si parla anche di imperatori profani perché Graziano poco tempo prima rifiutò il titolo di Pontefice Massimo, perdendo ogni autorità sacrale e ponendosi al di fuori dello Ius, nonché negò i finanziamenti statali al Culto pubblico romano.È il preciso spartiacque che segna la storia, da questo momento iniziarono ad essere autorizzate bande armate di vescovi, monaci, funzionari o anche semplici cittadini cristiani a compiere violenza nei confronti di Gentili, statue o templi. Riporto il testo dell'Editto:«GLI IMPERATORI GRAZIANO, VALENTINIANO E TEODOSIO AUGUSTI. EDITTO AL POPOLO DELLA CITTÀ DI COSTANTINOPOLI.Vogliamo che tutti i popoli che ci degniamo di tenere sotto il nostro dominio seguano la religione che san Pietro apostolo ha insegnato ai Romani, oggi professata dal Pontefice Damaso e da Pietro, vescovo di Alessandria, uomo di santità apostolica; cioè che, conformemente all'insegnamento apostolico e alla dottrina evangelica, si creda nell’unica divinità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo in tre persone uguali. Chi segue questa norma sarà chiamato cristiano cattolico, gli altri invece saranno considerati stolti eretici; alle loro riunioni non attribuiremo il nome di chiesa. Costoro saranno condannati anzitutto dal castigo divino, poi dalla nostra autorità, che ci viene dal Giudice Celeste.DATO IN TESSALONICA NEL TERZO GIORNO DALLE CALENDE DI MARZO, NEL CONSOLATO QUINTO DI GRAZIANO AUGUSTO E PRIMO DI TEODOSIO AUGUSTO»(Codice teodosiano, XVI.1.2)Dal 380 al 391 poi ci furono tentativi di far desistere Graziano prima (il senatore Simmaco provò a chiedere di riposizionare l'Ara della Vittoria in Curia a Graziano ma Ambrogio negò qualsiasi apertura) che infine venne eliminato da Magno Massimo, aspirante imperatore e mediatore tra le due componenti, e poi Teodosio che tuttavia non desistette e anzi vedendo che l'editto non fu abbastanza efficace e scarsamente rispettato promulgò i tremendi decreti attuativi teodosiani a partire dal 391 (di cui abbiamo già parlato) che insanguinarono l'impero innescando convulsioni che portarono alla fine di lì a poco.
Il 24 febbraio del 391 e.v. - 1114 A.U.C. si da inizio alla pagina più nefasta dell'Impero (ne avrebbe procurato di lì a poco la caduta) e, a mio parere, della storia umana. Viene infatti promulgato dall'imperatore profano Teodosio il primo dei 4 cosiddetti decreti teodosiani.Una serie di norme atte a mettere in pratica quanto affermato dall'editto di Tessalonica del 380, che definitiva "stupidi e pazzi" chi non seguiva i dogmi della chiesa e puniva con la morte chi rifiutasse di convertirsi alla religione cristiana.Infatti il tiranno e le sue eminenze grigie notarono che l'editto non ebbe molto seguito spontaneo e perfino molti magistrati erano restii ad applicare le norme che bandivano il Culto dei Padri sia esso ellenico, italico-romano o qualunque altro.Dal 382 l'imperatore profano d'Occidente Graziano aveva ritirato i fondi statali alla Religione Romana pubblica ma i Senatori avevano continuato a finanziarla di tasca loro acquisendo i terreni dei templi in alcuni casi.Vennero così emanati una serie di decreti attuativi il primo dei quali è il cosiddetto"Nemo se hostiis polluat"Di cui riporto l'abominevole testo:«L'Augusto Imperatore (Teodosio) ad Albino, prefetto del pretorio.Nessuno violi la propria purezza con riti sacrificali, nessuno immoli vittime innocenti, nessuno si avvicini ai santuari, entri nei templi e volga lo sguardo alle statue scolpite da mano mortale perché non si renda meritevole di sanzioni divine ed umane. Questo decreto moderi anche i giudici, in modo che, se qualcuno dedito a un rito profano entra nel tempio di qualche località, mentre è in viaggio o nella sua stessa città, con l'intenzione di pregare, venga questi costretto a pagare immediatamente 15 libbre d'oro e tale pena non venga estinta se non si trova innanzi a un giudice e consegna tale somma subito con pubblica attestazione. Vigilino sull'esecuzione di tale norma, con egual esito, i sei governatori consolari, i quattro presidi e i loro subalterni.Milano, in data VI calende di marzo sotto il consolato di Taziano e Simmaco.»Codice teodosiano, XVI 10.10Molto probabilmente in quello stesso giorno sotto ordine dell'empio Teodosio venne spento per sempre il Sacro Fuoco di Vesta che, acceso ininterrottamente dalle Vestali dalla Fondazione rendeva l'Urbe un gigantesco santuario a cielo aperto e ponte di collegamento spirituale con Gli Dèi.Per questo motivo è stata scelta questa data per commemorare il Giorno Pagano della Memoria.Lungi dal piangersi addosso è utile ricordare il genocidio programmato che seguì questi decreti e il crimine immondo commesso nei confronti dei nostri Padri e il loro culto.Immmensi templi furono rasi al suolo, statue vandalizzate con croci e migliaia di persone uccise ree di seguire il culto degli antenati piuttosto che un hyksos o l'imperatore profano.Il mondo precipitò in una spirale di ignoranza buia dimenticando gli antenati, l'arte, la filosofia e il senso stesso dell'esistenza.Ma non tutto andò perduto. Vi sono prove infatti che la fiamma dei Lari fu tenuta segretamente accesa da alcune persone e che questa, sotterraneamente insieme al culto tradizionale sopravvisse per riemergere ogni tanto nel corso della storia fino alla riaccensione rituale del Fuoco, avvenuta negli anni '70 (e non solo poco fa come qualcuno da ad intendere) e tenuta nascosta nei recessi appenninici.Siamo qui, in piedi fra le rovine.
Teodosio |
L'11 maggio (data solarmente emblematica dato che era il secondo giorno di Lemuria nel calendario arcaico romano...) 391 Teodosio emana, dopo il Nemo se hostiis pulluat, il secondo decreto teodosiano
Dopo aver dichiarato religione unica di stato il cristianesimo niceano il secondo decreto teodosiano tende ad entrare nel privato dei cittadini, punendoli qualora dovessero ricadere, dopo il battesimo quindi la formalità cristiana, nel ritorno al paganesimo e ne stabilisce le pene che sono tremende, vanno dall'esclusione dalla società civile dell'epoca, all'impossibilità per i non cristiani di fare testamento o ereditare, col risultato che molte di queste proprietà finirono nelle mani della Chiesa, sempre più società parallela allo Stato simile a ciò che è attualmente.
Il testo del decreto è il seguente:
«Gli augusti imperatori Valentiniano II, Teodosio e Arcadio a Flaviano, prefetto del pretorio.Coloro che hanno tradito la santa fede [cristiana] e hanno profanato il santo battesimo, siano banditi dalla comune società: dalla testimonianza [in tribunale] siano esentati, e come già abbiamo sancito non abbiano parte nei testamenti, non ereditino nulla, da nessuno siano indicati come eredi. Coloro ai quali era stato comandato di andarsene lontano ed essere esiliati per lungo tempo, se non sono stati visti versare un compenso maggiore tra gli uomini, anche dell'intercessione degli uomini siano privati.Se casomai nello stato precedente [il paganesimo] ritornano [i neo-convertiti], non sia cancellata la vergogna dei costumi con la penitenza, né sia riservata loro alcuna particolare protezione di difesa o di riparo, poiché certamente coloro i quali contaminarono la fede, con la quale Dio hanno riconosciuto, e orgogliosamente trasformarono i divini misteri in cose profane, non possono conservare le cose che sono immaginarie e a proprio comodo. Ai lapsi ed anche ai girovaghi, certamente perduti, in quanto profanatori del santo battesimo, non si viene in soccorso con alcun rimedio di penitenza, alla quale si ricorre ed è solita giovare negli altri peccati.
A Concordia, in data V idi di maggio sotto il consolato di Taziano e Simmaco»(Codice Teodosiano, XVI.7.4)
busto di Teodosio |
Il 16 giugno 391 Teodosio emana il terzo dei suoi quattro famigerati decreti, che sostanzialmente ribadisce il divieto di entrare nei templi o anche solo guardarli e avvicinarsi, segno oltre della sua possessione da parte della larva hyksos del fatto che la popolazione continuasse a farlo infischiandosene.
Stabilisce inoltre le pene per i giudici che chiudono un occhio su queste assurde leggi.
15 libbre d'oro erano una somma veramente spropositata (parimenti a 250mila euro circa o forse più) e vi lascio immaginare cosa succedeva se non pagavi durante la tirannia di Teodosio.
Insomma il Mos Maiorum è "scomparso da solo" per dirla come certi, senza contare che col decreto successivo se avessi guardato un tempio o acceso un lume ti avrebbero ammazzato. Così.
«L'Augusto Imperatore (Teodosio) al prefetto Evagrio e a Romano conte d'Egitto. A nessuno sia accordata facoltà di compiere riti sacrificali, nessuno si aggiri attorno ai templi, nessuno volga lo sguardo verso i santuari. Si identifichino, in particolar modo, quegli ingressi profani che rimangono chiusi in ostacolo alla nostra legge così che, se qualcosa incita chicchessia ad infrangere tali divieti riguardanti gli dèi e le cose sacre, riconosca il trasgressore di doversi spogliare di alcuna indulgenza. Anche il giudice, se durante l'esercizio della sua carica ha fatto ingresso come sacrilego trasgressore in quei luoghi corrotti confidando nei privilegi che derivano dalla sua posizione, sia costretto a versare nelle nostre casse una somma pari a 15 libbre d'oro a meno che non abbia ovviato alla sua colpa una volta riunitesi le truppe militari.
Aquileia, in data XVI calende di luglio, sotto il consolato di Taziano e Simmaco.»
(Codice Teodosiano, XVI.10.11)
In uno dei giorni più nefasti dell'anno per i Gentili Romani, si apre infatti la fossa del Mundus per la terza volta, e si entra nella parte più oscura e caotica dell'anno, Teodosio emana l'8 novembre 392 il suo quarto e più tremendo decreto, che trasformò il mondo come lo conosciamo oggi, oscuro e adharmico il "Gentilicia constiterit superstitione". Ora anche accendere una semplice candela ai Lari familiari, ai Penati e ai Genii, quindi culto privato, comportava la perdita dei diritti civili ed era prevista anche la pena di morte per lesa maestà del tiranno. Le case in cui avessero avuto luogo tali cerimonie erano confiscate e pene pecuniarie considerevoli erano fissate (25-30 libbre auree) per i decurioni che non avessero fatto osservare il decreto.Di seguito il testo del decreto, fuoriuscito dalla mente di persone malate e larvate nonché telecomandate."Gli augusti imperatori Teodosio, Arcadio e Onorio a Rufino prefetto del pretorio.Nessuno, di qualunque genere, ordine, classe o posizione sociale o ruolo onorifico, sia di nascita nobile sia di condizione umile, in alcun luogo per quanto lontano, in nessuna città scolpisca simulacri mancanti di sensazioni o offra (alcuna) vittima innocente (agli Dèi) o bruci segretamente un sacrificio ai Lari, ai Geni, ai Penati, accenda fuochi, offra incensi, apponga corone (a questi idoli). Poiché se si ascolterà che qualcuna avrà immolato una vittima sacrificale o avrà consultato viscere, sia accusato di reato di lesa maestà e accolga la sentenza competente, benché non abbia cercato nulla contro il principio della salvezza o contro la sua salvezza. È sufficiente infatti per l’accusa di crimine il volere contrastare la stessa legge, perseguire le azioni illecite, manifestare le cose occulte, tentare di fare le cose interdette, cercare una salvezza diversa da quella cristiana, promettere una speranza diversa.Se qualcuno poi ha venerato opere mortali e simulacri mondani con incenso e, ridicolo esempio, teme anche coloro che essi rappresentano, o ha incoronato alberi con fasce, o eretto altari con zolle scavate alle vane immagini, più umilmente è possibile un castigo di multa: ha tentato una ingiuria alla piena religione (cristiana), è reo di violata religione. Sia multato nelle cose di casa o nel possesso, essendosi reso servo della superstizione pagana. Tutti i luoghi poi nei quali siano stati offerti sacrifici d’incenso, se il fatto viene comprovato, siano associati al nostro fisco. Se poi in templi e luoghi di culto pubblici o in edifici rurali qualcuno cerca di sacrificare ai Geni, se il padrone di casa non ne è a conoscenza, 25 libbre di oro di multa si propone di infliggere (al sacrificante), è bene poi essere indulgenti verso lui (il padrone) e la pena trattenere.Poiché poi vogliamo custodire l’integrità di giudici o difensori e ufficiali delle varie città, siano subito denunciati coloro scoperti (negligenti), quelli accusati siano puniti. Se questi infatti sono creduti nascondenti favori o negligenze, saranno sotto giudizio. Coloro poi che assolvono (gli accusati di idolatria) con finzione, saranno multati di 30 libbre di oro, sottostando anche agli obblighi che derivano da un loro simile comportamento dannoso.Costantinopoli, in data VI idi di novembre, sotto il consolato di Arcadio e Rufino".(Codice Teodosiano, XVI.10.12)
Gianluca Vannucci
Teodosio nel Tartaro, mia creazione © |