Chi siamo:

Questo sito tratta in maggior parte del Culto Tradizionale Romano.

Spesso si sente definire la Tradizione: “vecchio culto”, oppure “antica religione”,

il nome di questo spazio tende a sottolineare che il Culto degli Dèi, essendo Essi per definizione “Eterni, Impassibili e Immutabili” non può che essere tale.

Il Fuoco è quello interno in ognuno di noi, il Fuoco di Vesta, ma non solo quello fisico, il ponte cioè che permise a Roma di divenire un vero e proprio Santuario a cielo aperto, spento dal tiranno Teodosio nel 391, è soprattutto la nostra anima.

“Il Fuoco Eterno” si prefigge non solo di raccontare e divulgare la Tradizione dei Padri, ma anche la storia dei nostri Popoli e della nostra Nazione.


lunedì 21 dicembre 2020

Dies Natalis Solis Invicti

Se i Saturnalia antichi terminavano il 23 dicembre in epoca imperiale si estesero de facto fino al 25 dicembre.

Nel 274 e.v. infatti, l'Imperatore Aureliano, figlio di una sacerdotessa del Sole, introdusse a Roma il culto di Sol Invictus, statalizzandolo e indossando egli stesso nelle cerimonie una corona a raggi, ed edificando un tempio sulle pendici del Quirinale con un nuovo corpo di sacerdoti, trasferiti a Roma da Emesa in Siria: i Pontifices Solis Invicti.

Astronomicamente il giorno del solstizio cade il 21, ma per l’inversione apparente del moto solare diventa visibile il terzo/quarto giorno successivo. Il Sole, quindi, nel solstizio d’inverno giunge nella sua fase più flebile di luce e calore, per tornare vitale e vittorioso sulle tenebre, che lo attanagliano da mesi.

Il 25 dicembre, giorno che veniva celebrato nel culto del Dio come Dies Natalis Solis Invicti non solo si incastonò perfettamente all'interno del ciclo dei Saturnali, festività ampiamente apprezzate in Roma e in tutto l'Impero, e anzi li sugellò.

Il Sole Invitto che si manifesta, dopo 4 notti, custodito dalla Diva Angerona rappresenta l'ideale conclusione dei Saturnali. Dopo il disordine, la rottura dei tabù sociali, i divertimenti e i banchetti concessi dal regno di Saturnus si torna all'Ordine cosmico: le giornate tornano ad allungarsi, la Luce vince le tenebre e il Sole Fanciullo concede un nuovo inizio, la nuova Età Aurea e, nel nostro microcosmo, il nuovo anno denso di auspici.




Il Natale del Sole restò celebrazione ufficiale statale fino al 380, quando Teodosio l'Empio coadiuvato da Graziano soppresse (ufficialmente) qualsiasi culto non cristiano ortodosso niceno.

Ancora nel 460, il papa Leone I sconsolato scriveva:

«È così tanto stimata questa religione del Sole che alcuni cristiani, prima di entrare nella Basilica di San Pietro in Vaticano, dopo aver salito la scalinata, si volgono verso il Sole e piegando la testa si inchinano in onore dell’astro fulgente. Siamo angosciati e ci addoloriamo molto per questo fatto che viene ripetuto per mentalità pagana. I cristiani devono astenersi da ogni apparenza di ossequio a questo culto degli dei.»

Checchè se ne dica, oltre alla data del 336 e.v. in cui si sarebbe per la prima volta ufficializzato, curiosamente le prime testimonianze della celebrazione del Natale cristiano le abbiamo proprio dai sermoni di Gregorio di Nissa, risalenti al 380. e.v.

I cristiani infatti anticamente non festeggiavano questa data, anzi non festeggiavano proprio la natività. Gli gnostici e anche i primi cristiani celebravano l' Epifania facendola coincidere anche col battesimo nel Giordano e l'anniversario del miracolo di Cana prediligendo quindi come grande festività il 6 gennaio. 

Il Natale di Cristo festeggiato il 25 dicembre fu una scelta successiva, del V secolo e dettata dal fatto che i Gentili festeggiavano la ri-nascita del Sole Invitto come testimoniato da Jacob Bar-Salibi, un vescovo siriano del XII secolo: "La ragione per cui i padri della chiesa spostarono la celebrazione dell'Epifania dal 6 gennaio al 25 dicembre fu questa, dicono: era consuetudine dei pagani festeggiare proprio il 25 dicembre il compleanno del Sole, e accendevano luci per esaltare il giorno, invitando e ammettendo i cristiani a questi riti. Quando, quindi, i maestri della chiesa videro che i cristiani propendevano per questa consuetudine, escogitarono una strategia, fissando la celebrazione del vero Sorgere del Sole in questo giorno, e ordinarono che l'Epifania fosse festeggiata il 6 gennaio; e questa prassi è stata mantenuta fino ai giorni nostri insieme all'accensione delle luci."

Gianluca Vannucci







domenica 13 dicembre 2020

Saturnalia, la Settimana Sacra


Dopo le Faunalia Rustica, durante le quali si chiedeva a Faunus di essere propizio al bestiame e di vigilare sulla natura selvaggia affinché non danneggiasse quanto faticosamente guadagnato durante la stagione fertile; e dopo, quindi, la simbolica lotta tra i krampus e Saturnus sotto le vesti di San Nicola in tempi più moderni, la tendenza calante dell'anno si inverte nella seconda metà di dicembre, sfociando nei Saturnalia. 

Un ciclo di festività della durata di una settimana, fortemente sentito e celebrato nella Tradizione religiosa romana e in tutto il mondo antico, come dimostrato anche dal notissimo testo del divino Macrobio, "I Saturnali", nel quale col pretesto del convivio si discute su disparati temi filosofici e religiosi tra personaggi illustri del passato romano-italico.

Un momento di stallo insomma, del resto la Settimana Sacra ha al suo interno il Solstizio, prima che la Ruota torni a girare. Il velo plumbeo del vecchio Re, rivelatosi in questi giorni, lascia intravedere il futuro dell'età dorata

Nel mito, Saturnus cercando rifugio e accompagnato dall'Abbondanza, giunge in Italia fuggendo dal Figlio irato Zeus (identificato con Iuppiter italico) all'epoca del regno di Ianus, il primordiale Dio degli Dèi.

Qui concede al Dio il dono di vedere passato e futuro e, diventato il secondo Re, agli uomini di Hesperia insegna l'agricoltura.

Ma raggiunto da Iuppiter, Saturnus è costretto ad occultarsi nei recessi del Latium, il centro d'Italia-Hesperia, della Saturnia Tellus.

Il Dio latente si risveglia ogni anno durante le Sue feste, i Saturnali appunto, tornando a regnare e riportando brevemente il mondo al ricordo dell'Età dell'Oro, il Suo regno, quando gli uomini erano in simbiosi con gli Dèi e la natura, non invecchiavano e non conoscevano preoccupazioni o lavoro, si nutrivano di ghiande e il miele stillava dai rami... e quando giungeva il loro momento, dopo lunghissimo tempo e senza accorgersene, se ne andavano nel sonno.

In memoria di questo tempo mitico e felice durante i Saturnali, che duravano dal 17 al 23 dicembre, i ruoli della società erano invertiti e i tabù infranti, come l'ordine cosmico, in attesa del ritorno all'età aurea e all'ordine. Per cui non si lavorava, i tribunali erano chiusi, era proibito iniziare guerre, i servi venivano serviti spesso anche dai proprio padroni in quanto la loro autorità verso di essi era momentaneamente sospesa e si banchettava incessantemente. Era inoltre l'unico periodo dell'anno in cui era concesso il gioco d'azzardo, tutt'ora infatti è tradizione giocare a tombola durante le festività natalizie.

I GIORNI DELLA SETTIMANA SACRA

17 dicembre - Saturnalia

Primo giorno dei Saturnalia e inizio delle celebrazioni. Gli schiavi sono temporaneamente liberati dall'autorità dei padroni e iniziano i banchetti, le feste e si gioca d'azzardo, il cui ricavato in parte veniva donato agli indigenti.

Il 17 dicembre corrisponde anche alla dedica del Templum Saturni nel Foro, avvenuta nel 497 a.e.v.. All'interno di esso era conservato l'aerarium di Stato, una bilancia per i pagamenti e la statua di Saturno, velata con in mano una falce, cava e riempita di olio.

La statua aveva le gambe legate con bende di lana, che venivano slegate solo in occasione dei Saturnali.

Come detto sopra Saturnus, Satres in etrusco, insegnò l'agricoltura, è un Dio legato ad essa, alla semina e alla concimazione, soprattutto ai semi, come è intuibile dall'etimologia da serere, seminare e dal falcetto che tiene in mano. Un Suo Daimon è Stercutus, associato al concime.

Un Dio che tramuta il letame in grano, il piombo in oro, la fine dell'anno in nuovo inizio, l'età oscura in età aurea. Dall'agricoltura all'ordine cosmico, un Signore del Karma che distribuisce a ognuno in base a ciò che ha seminato.


Saturno - Museo archeologico nazionale di Napoli - I sec. e.v.

18 dicembre - Eponalia

Il secondo giorno di Saturnalia era dedicato alla celebrazione di Epona, importantissima Dea gallica ma presto venerata anche dai Romani, che conobbero il Suo culto nel nord della Penisola.

Dea dei cavalli, delle stalle, patrona della cavalleria  ma anche Regina e guida delle anime, come Rigantona (Grande Regina) l'altro Suo nome lascia intendere, che accompagna il cavaliere nel suo viaggio intramondano. L'anima dei cavalieri e dei devoti tra i Mondi fino all' iniziazione ultima, che libera dall' oblio della generazione.

E anche guida del Sole intellettivo in queste fredde notti di riuros.

Il Suo ricordo si protrasse per tutto il Medioevo gallese sotto la figura di Rihannon.

Epona rilievo galloromano - Museo Archeologico Nazionale di Saint-Germain-en-Laye


19 dicembre - Opalia

Festa di Ops, divina sposa di Saturnus e Dea dell'abbondanza. 

Ad Opi furono dedicati due santuari, uno sul Campidoglio e l’altro nella Regia che si trovava nel Foro, dove c’era una cappella (Sacrarium Opis) in cui potevano entrare solo le Vestali e il Pontefice Massimo e dove, secondo la testimonianza di Festo, era custodito un particolare tipo di vaso che veniva utilizzato nei riti effettuati nel sacrario.

Il culto di Ops fu introdotto a Roma dal re sabino Tito Tazio in prima epoca monarchica.

Ops è la Divinità dell'abbondanza, protettrice del ricco raccolto.                                          Essa infatti veniva associata nel culto al Dio Consus, protettore del grano immagazzinato nei silos sotterranei. Le festività legate a Ops, detta appunto Consiva cadono sempre quattro giorni dopo quelle di Consus (21 agosto e 15 dicembre).


20 dicembre - Sigillaria

Vigilia del Solstizio e Sigillaria, festa di origine pelasgica molto arcaica nella quale ci si scambiavano come doni figurine di cera o creta dette appunto sigilla.

Oltre ad esse si regalavano dadi, astragali e giocattoli ai bambini e si preparavano biscotti aspettando il Solstizio.

Il Pontefice Pretestato afferma, nei Saturnali di Macrobio, che i sigilla sarebbero ex voto in sostituzione di vittime sacrificali dei riti pelasgici o argivi.

I sigilla potevano avere fattezze di uomini comuni o di Divinità come Diana, Hercules, Victoria ma molto più spesso dei Lares Familiares. Numerosi negozietti temporanei adibiti alla vendita delle stesse sorgevano presso le vie durante l'epoca imperiale.

Sembra che proprio dalla tradizione dello scambio dei sigilla derivi il presepe.



21 dicembre - Divalia

La Notte del Solstizio, dedicata alla Dea del Silenzio, Angerona, che custodisce il Sole Bambino nella notte più buia dell'anno e che Lo aiuterà a rinascere dopo un travaglio di 3 lunghe notti grazie al silenzio e alla Meditazione. Essa guarisce dalle angosce, questi sono infatti gli angusti dies, i giorni angusti, stretti, poiché le ore di luce sono pochissime e ciò porta in noi depressione e sconforto ottenebrando nel dis-ordine animico il nostro Sole interiore. Come trae dalle tenebre il Sole esteriore fa si che anche il nostro, interiore, possa illuminare invitto la nostra Anima, purificandola e donandole intelletto e nuovo vigore.

Il 21 dicembre i pontefici si recavano al sacello Volupiae, vicino alla Porta Romanula, sul fronte settentrionale del Palatino, per un'offerta.

In questa cappella si trovava la statua della Dea, con bocca bendata e l'indice col gesto che impone il silenzio.

Durante i Divalia si offriva anche ad Hercules, il Figlio di Giove Padre, che ha più volte aiutato l'umanità a liberarsi dalle angosce, a elevarsi, a redimerla attraverso saggi consigli (offrire statuette al posto di uomini, teste d'aglio invece di quelle umane) e ad avvicinarsi così al Divino.



22 dicembre - Lari Permarini

Sesto giorno di Saturnali e anniversario della dedica del tempio dei Lari Permarini.
Essi erano i Lares predisposti alla protezione della navigazione e venivano posti in un larario sulla prora delle navi romane.

Secondo i Fasti Prenestini il tempio dei Lari Permarini si trovava presso la Porticus Minucia.

23 dicembre - Larentalia

Settimo e ultimo giorno dei Saturnali nel quale veniva ricordata e celebrata Acca Larentia, nutrice di Romolo e Remo nella palude del Velabro.

Secondo la tradizione fu moglie del pastore Faustolo che trovò i due gemelli, e decise quindi di prendersene cura.

“quando l'acqua bassa lasciò in secco la cesta galleggiante nella quale erano stati abbandonati I Bambini, una Lupa assetata proveniente dai monti dei dintorni deviò la sua corsa in direzione del loro vagito e, accucciatasi, offrì loro il suo latte con una tale dolcezza che il pastore capo del gregge reale pare si chiamasse Faustolo la trovò intenta a leccare i due Neonati. Faustolo poi, tornato alle stalle, li diede alla moglie Larenzia affinché Li allevasse.”

Suoi figli erano anche i 12 Arvali, uno dei primi collegi sacerdotali romani, dediti al culto di Dia.

Akka in sanscrito significa "madre". Infatti fu identificata come Mater Larum(di Romolo e Remo appunto) e con la Dea sabina Larunda, non a caso in questi giorni si celebravano anche i Lari e i Larentalia erano officiati dal Flamen Quirinalis, il Flamine preposto al culto di Quirino (Romolo asceso a Nume).

Acca era infatti un'antichissima divinità della palude Velia, identificabile con la Lupa di Roma stessa.

Per il carattere di giorno di ricordo degli antenati era piuttosto tetro nonostante facesse parte dei Saturnalia, ma una volta compiuta una offerta di vino e incenso da parte del Flamine Quirinale sulla simbolica tomba di Acca, la giornata tornava propizia, si riprendevano le celebrazioni e si chiudevano i Saturnali.



Gianluca Vannucci






sabato 5 dicembre 2020

Faunalia Rustica


Dicembre corrisponde, nel microcosmo annuale, al periodo di Caos precedente all'ordinamento della materia, il passaggio dall'età oscura a quella aurea.

Anche per ciò il pio Numa forse pose la festività dei Faunalia Rustica proprio intorno alle Nonae del mese, dal 5 all'8, un preludio caotico dei Saturnali e del successivo ritorno dell'età aurea.

Si accendevano così fuochi propiziatori odorosi di incenso e fronde di pino sugli altari e fino alle ore notturne si tenevano danze, utilizzate dai sacerdoti Salii al fine di invocare la protezione di Faunus sul bestiame.

I buoi erano liberi dal giogo e gli animali in genere erano esentati dal lavoro.

In onore di Fauno poi si sacrificava un capretto, le cui carni erano consumate dai presenti insieme a notevoli quantità di vino fino al mattino.

Un'accurata descrizione della ricorrenza ci viene dal poeta Orazio, che nelle sue Odi (3, 18) scrive così: "O Fauno, che ogni ninfa rincorri per amore, sui campi assolati della mia terra cammina leggero e allontanati quieto dai piccoli del gregge, se a fine d'anno ti sacrifico un capretto e la tazza, che accompagna l'amore, è ricolma di vino e l'antico altare avvolto di fumo odoroso. Per la tua sagra il cinque di dicembre giocano fra l'erba tutti gli animali e nella valle, liberati i buoi, il villaggio si distende in festa; fra agnelli indifferenti si aggirano i lupi e in tuo onore il bosco si copre di foglie; battendo a ritmo la terra maledetta gli uomini danzano felici."

Una festa per celebrare la fine dei lavori agricoli con l'arrivo dell'inverno, ma anche accattivarsi la protezione di Fauno nei confronti del pascolo del bestiame.

Faunus è un'antichissima Divinità pastorale italica, legata al mondo rurale e pre-urbano.

Proteggeva il bestiame dall'attacco dei lupi predatori e dalle insidie agresti, e per questo era chiamato Lupercus (epiteto utilizzato anche durante l'altra Sua grande celebrazione purificatoria verso la primavera, i Lupercalia) e in quanto lupo Egli stesso; ne favoriva e regolava la fertilità e quindi l'aumentare delle greggi e per questo era detto Inuus, "penetratore" in senso fecondante, Dio dei pascoli e della campagna.

Il Suo culto fu introdotto da Numa Pompilio ufficialmente ma è una Divinità veramente arcaica, istitutore dei Luperci.


Satiro della valle, II-I sec. aev, Musei Capitolini, Roma

È, nella mitologia, uno dei mitici re del Lazio arcaico, nipote di Saturnus l'aureo Sovrano, Figlio di Kirke e poi genitore (con la palustre Marica) di Latino, progenitore dei latini.

Ma era chiamato anche Fatuo, in quanto fu Lui a rivelare agli uomini il dono della parola, e a insegnare agli stessi a comunicare con il Creato grazie alla lingua della natura

Numerosi oracoli erano a Lui consacrati nel folto dei boschi, dove tramite il fruscìo del vento tra le fronde, i canti degli uccelli concedeva vaticini negli arcaici versi saturnii, versi coi quali furono composti anche il Carmen Saliare e quello Arvale.

Detto anche Incubus in quanto datore di responsi attraverso i sogni o l'estasi alcolica.

Rivelò a Numa, in cambio di vino, i corretti riti, le metriche, la ritmica dei canti e le danze derivanti dal linguaggio animali agli Antenati e sempre a Numa rivelò il modo di parlare correttamente a Iuppiter.

Una Divinità benevola e protettrice insomma che lo vede contrapposto a Selvans, Divinità etrusca e poi italica dei confini e delle silvae, cioè delle foreste selvagge e incolte e che appunto rappresentano il confine tra la civiltà dell'uomo, anche magari agricola, e la natura selvaggia e le sue regole, tra il caos e l'ordine (lo Ius) tra le tenebre invernali e la luce, tra la morte e la vita...


Statuetta etrusca di Selvans

Un Dio, Silvanus, che Varrone ci dice essere molto nocivo per le donne incinte la cui intromissione nelle case si scongiurava attraverso un antichissimo rituale in queste notti invernali

nel quale tre uomini, girando attorno la casa di notte, evocavano Intercidona colpendo con un'ascia la soglia di casa, Pilumnus con un pestello e infine Deverra spazzando con una scopa di saggina a Lei consacrata la soglia.

Silvano era particolarmente pericoloso, oltre che per le donne per i bambini, pericolosità rimasta a livello popolare attraverso le fiabe che narrano di boschi oscuri nei quali ci si poteva perdere che nascondevano pericolosi lupi, che forse si riferiscono proprio al fare i conti con l'oscurità del proprio Io e comunicare col Signore del bosco.


La ricorrenza dei Faunalia Rustica è sopravvissuta a livello popolare in moltissime parti d'Europa soprattutto nell'arco alpino ma non solo (in Italia Lombardia, Veneto e Friuli ma anche Sardegna ad esempio) attraverso la Tradizione dei Krampus, che hanno diverse varianti, nonostante l'inquisizione e i tentativi prima delle autorità cristiane poi dei regnanti austriaci di estirparla.

In questi giorni gli uomini di quelle zone impersonano i fauneschi krampus, vestendosi con maschere, corna di caproni e pellicce. Andando in giro per le città minacciando e impaurendo soprattutto donne e bambini fino a che non vengono ammansiti da Saturno, ormai sostituito da San Nicola, che conseguentemente costringe i krampus a portare doni ai bambini impauriti finché se ne andranno con Lui.


Krampus in Trentino

La simbologia è abbastanza evidente: il Sovrano dell'Età dell'Oro, Saturnus, torna e "addomestica" Silvanus, il disordine in-civile, che diviene Faunus e dona all'uomo i segreti della natura. 

Nasce dunque il Dorato Fanciullo, le giornate si faranno più lunghe e ricomincerà l'età aurea sotto rinnovati auspici.


Gianluca Vannucci






venerdì 6 novembre 2020

Sukellos, il Dis Pater gallico

 

Letteralmente "Colui che ben colpisce", abbiamo riferimenti del Suo culto in tutte le gallie (transalpina, cisalpina) e finanche in Britannia e Spagna presso i celtiberi.

Signore dell'Antumnos, ha come attributi la pelle di lupo, il maglio che da la vita o la toglie, l'olla dell'abbondanza ed è spesso in compagnia di un cane, in modo molto simile a Plutone, o Dis Pater.



Egli infatti è il "Ricco Padre", il responsabile della ricchezza minerale della terra, che deriva dal Suo recipiente. Sukellos è un Dio bonario, è anche l'inventore delle botti di legno, per contenere il vino.

Il nostro vino infatti è di derivazione gallica cisalpina e provenzale, più puro di quello che era in uso presso i Romani che infatti abbandonarono in età imperiale.

Feste sfrenate si celebravano in Suo onore nelle luminose notti di Plenilunio nel folto delle foreste secondo Strabone.

Ma la Sua olla è anche il Calderone della rinascita dove le anime dei soldati finiscono dopo essere state "colpite" dalla mazza del Dis Pater gallico e da dove, come raffigurato nel calderone di Gundestrup, rinascono con un altro colpo di maglio a miglior esistenza, più nobile, come gaesati o cavalieri.



In questo senso come dice il Divo Giulio "i Galli discendono tutti da Dis Pater" .         
Numerose iscrizioni di soldati galli e successivamente delle legioni romane in Gallia pregano "Deo Sucellos" di essere loro propizio in battaglia. Pur non essendo una Divinità guerriera, evidentemente per il Suo potere decisivo di "battitore", di datore o privatore di vita e garante di una Rinascita, Colui che consegna i guerrieri al loro Fato.

Dopotutto anche presso i giochi gladiatori troviamo una figura rappresentante Dis Pater che, armato di martello, dava il colpo di grazia al combattente morente.

Il Calderone della Rinascita lo ritroviamo poi come Santo Graal arturiano.



Tutto ciò è molto più chiaro se equipariamo Sukellos alla Sua ipostasi irlandese più tarda: il Dagda. Anch'Egli possiede un calderone mai vuoto, un'arpa di legno di quercia che accorda le stagioni e una mazza che da un lato uccide dall'altro resuscita, ed è riconosciuto come il più autorevole tra i Tùata dé Dannan, Ollathair “il Padre di tutti” .


Un Dio dall'ampia sfera d'influenza, che ricorda un po' Gerione o Serapide, ha infatti funzioni indubbiamente infere, liminali, ma anche agresti e solari, un Sole ctonio però.

Sarà per questo che i Romani lo identificarono anche con Silvanus, il Dio delle selve date le feste in onore a Sukellos nei boschi, ma anche dei confini, tra ciò che è ordinato e civile e ciò che è selvaggio, sconosciuto, Selva-tico.. e quindi anche il confine tra la vita e la morte.


Il Dio col mazzuolo è spesso in compagnia di due figure femminili:

Nantosuelta è la più frequente: una Dea della  fertilità della terra, il fuoco occulto e la Signora del Fiume (dei fiumi datori di civiltà, abbondanza e vita appunto il Suo nome significa "fiume ventoso e sinuoso" oppure "valle assolata") dato che le sorgenti fuoriescono dalla terra gravida. Viene raffigurata, oltre che con una cesta o cornucopia, con un'asta con sopra una casa tipicamente gallica in quanto protettrice delle lustrazioni casalinghe, della famiglia, delle purificazioni e del fuoco dell'officiante casalingo, similmente alla Vesta romana in questo aspetto. Come simbolo ha anche il corvo, pare infatti che Nantosuelta potesse assumerne le sembianze e volare sui campi di battaglia o al sugellare di una nuova alleanza. La Morrigan irlandese, anch'Essa moglie del Dagda, non sarebbe altro che una Sua ipostasi successiva.

In alcuni rilievi inoltre la casetta sull'asta prende le sembianze di un alveare a celle. Le api nel simbolismo rappresentano le anime verso la generazione (alveare), ciò anche in Grecia, dove sono messaggere di Demetra o hanno a che fare con una forma ctonia di Zeus.



Conferma ulteriormente il carattere, proprio di Nantosuelta, di Dea della fertilità ma anche dell'aldilà, se quella casa sull'asta la interpretiamo come una “casa” per le anime.

La “valle luminosa” del Suo nome potrebbe essere un eufemismo riguardante i Campi Elisi, riposo per le anime giuste. 

Ricorda inoltre la Dea Freya, custode del Folkvangr, il campo dove la parte di anime dei guerrieri deceduti destinata a Lei (l'altra metà a Wodan) trova ristoro, una valle assolata.



La seconda sposa del Dis Pater gallico è Aerecura, adorata fino in Umbria in tempi arcaici e poi in Cisalpina fino alla Germania meridionale e Francia. Suoi monumenti e rilievi si trovano quasi sempre nei pressi di cimiteri, ed è spesso raffigurata insieme a Dis Pater, seduta con una cesta ricolma dei beni della terra. Legata a un altro degli aspetti che saranno poi della successiva Morrigan cioè alle profezie, al fato dei guerrieri in battaglia. Il Suo nome ha a che fare con le "schiere dei vinti", cosa che la porterebbe a identificarsi come una sorta di Freya infera.

La Sua presenza a fianco del Dispater gallico è complementare a quella di Nantosuelta con Sucellos.




Gianluca Vannucci



lunedì 2 novembre 2020

November


Il mese di November è un mese di pausa, come se il tempo fosse sospeso, dalle fatiche agrarie.

In questo mese i contadini romani pagavano l'affitto e si saldavano i debiti in generale, senza lavorare per i prossimi mesi.

Come già detto nell'articolo Trinuxtio Samonii inoltre vi era appunto per i Galli tra ottobre e novembre la festa di Samonios, che consisteva in un vero e proprio capodanno.

I Romani aprivano il Mundus l'ottavo giorno di novembre, che metteva in collegamento i mondi : Supero, agreste e Infero, i confini si fanno più sottili e per un gran periodo.

È insomma un mese in cui tutto tace, l'oscurità prevale definitivamente, come durante le tenebre primordiali, i semi sono affidati alle cure di Tellus e Proserpina, in un modo molto simile alle anime, affinché possano sbocciare nuovamente, e anche il Sole, ormai lontano dal nostro mondo in questo periodo, in attesa della Rinascita.

FESTE DI FERONIA

Alle Idi del mese si onorava Feronia, Divinità italica ampiamente onorata in Etruria e nei territori sabini oltre che nel Lazio.

Come suggerisce il nome (da ferus, selvaggio) è la Dea che tutela la natura selvaggia e che la rende amichevole e al servizio dell'uomo. Trasforma l'incolto in colto, il disordinato della natura selvaggia in ordinato. 

Porta come animale simbolo il lupo e protegge le selve dai cacciatori non rispettosi della natura, al contrario è benevola coi pastori e i cacciatori rispettosi.

Essa non voleva essere onorata nelle città, ma solo in appositi santuari lontani  e meglio ancora nelle selve, i più importanti erano il Lucus Feroniae e ai piedi del monte Soratte.  Narra infatti Virgilio che quando, a seguito di un incendio, le statue della Dea erano in procinto di essere traslate per poter essere salvate, il bosco torno immediatamente verdeggiante, affinché fossero lasciate nel lucus.

Inoltre dice Plinio che ogni torre e costruzione venisse folgorata fra Terracina(Anxur) e il santuario di Feronia. Esso doveva essere un luogo franco di pace naturale per i popoli.

Proprio ad Anxur era il Suo santuario, collegato all'imponente tempio di Iuppiter Anxurus, il Giove Fanciullo, incendiato, profanato e occupato dai monaci benedettini, possiamo ancora trovare una Madonna con bambino al suo interno.



Il culto di Feronia era molto sentito da tutti gli italici, diversi oggetti votivi ed ex voto di mani e piedi, furono trovati nel lucus di Capena.

Veniva infatti onorata per il Suo potere traumaturgico, curativo delle Sue sorgenti insieme a Soranus ai piedi del Soratte, oltre che per il benessere delle messi.  Era molto adorata anche dagli schiavi poiché presiedendo ai mutamenti dal ferino al domestico poteva presiedere anche al mutamento sociale degli schiavi, che da "morti" giuridici venivano a una nuova vita civile se meritevoli e giusti. Su una panca del Tempio di Anxur era così scritto: "Beneameriti servi sedeant, surgant liberi", "i servi meritevoli che vi si siedono si alzano liberi".

Il mese di Novembre era forse a Lei dedicato, affinché custodisse la Natura, in attesa del Suo risveglio.


Gianluca Vannucci




giovedì 29 ottobre 2020

Trinuxtio Samonii, l'inizio dell'anno oscuro


Samonios era il nome gallico del mese fra Ottobre e Novembre e significa più o meno "fine dell'estate", questo perchè con esso ha inizio la parte oscura dell'anno.

Proprio in questo mese, (che per i Galli inizia al primo quarto di Luna, quindi all'incirca alle Nonae romane) cadevano le Tre Notti di Samonios, in fase di Luna calante.

Era quindi per i Galli e tutti i popoli celti, una festa di primaria importanza, che coincideva con l'inizio dell'anno, come se la scarsa luminosità di questo periodo coincidesse con l'oscurità primordiale, antecedente alla creazione del mondo sensibile.

Anche i Romani in questo periodo (8 novembre) aprivano il Mundus poiché i confini tra i Mondi si fanno più sottili, i Manes dei nostri Antenati sono liberi di vagare per il nostro mondo.

Pertanto ogni conto veniva saldato sia fra pari che col Rix, la ruota del Karma riparte, si festeggiava e si facevano banchetti religiosi in onore dei defunti. I Druidi dicevano addirittura ai ragazzi di vandalizzare, mascherati da spiriti, le case e proprietà di chi si era comportato in modo empio nei confronti degli Dèi e la comunità.

I Galli come sappiamo grazie al Divo Iulio, si ritenevano figli di Dis Pater e credevano, come in realtà tutte le tradizioni europee, nella metempsicosi però in modo più evidente.

Il Torque è in questo un chiaro riferimento: il cerchio spezzato del Samsara, delle reincarnazioni e il raggiungimento della consapevolezza.

Del resto anche nel calderone di Gundestrup troviamo come il Dio Sucellos faccia entrare nel calderone della rinascita umili soldati che ne escono migliorati, gaesati e cavalieri bardati con armature.

Particolare del calderone di Gundestrup

Ma le Tre Notti di fine estate sono anche connesse col Dio Cornuto, antichissima Divinità pan-indoeuropea Le cui immagini si trovano dalla Val Camonica fino alla Valle dell'Indo sotto forma di Pasupati, forma primordiale di Shiva.

E Trinuxtion Samonii coincide con la visibilità delle Pleiadi nelle notti sempre più lunghe, che hanno la forma di un Lingam, e il loro tramonto in ottobre.

Simbolismo sivaita che troviamo anche nel Kernunno del calderone di Gundestrup che con una mano tiene il serpe cornuto, il pene, e dall'altra il torque, a mo di vagina. L'antica simbologia del Lingam. Egli infatti è Signore della morte ma anche della vita e del suo perpetuo ciclo, colui che può aiutarci a spezzare il ciclo, se viviamo una vita giusta e virtuosa, secondo il Mos arcaico.

Dio cornuto, particolare del calderone di Gundestrup

La celebrazione perdurò a lungo, anche perchè le feste cristiane dei morti si erano limitate a parassitare i Lemuria romani di maggio, mese tutt'ora dedicato alle anime del purgatorio.

In Irlanda la festa è nota col nome appunto di Samhain che comprendeva anche il festeggiamento dell'unione del Padre Dagda con Morrigan, ipostasi irlandesi dei gallici Sukellos e Nantosuelta.

Nel 738, vedendo che il popolo si ostinava a festeggiare i morti attorno a queste date, Gregorio III spostò la festa dei santi dal 13 maggio al 1 novembre e solo nel X secolo la festa dei morti il 2 novembre, anche se la festa rimase dai connotati pre-cristiani praticamente fino alla seconda guerra mondiale.

Nel 1231 abbiamo notizie del concilio di Rouen che proibisce, pena la morte, di danzare nel cimitero per le feste dei morti e banchettare vicino le tombe, seguito nel 1305 da un altro provvedimento che impedisce qualunque attività nei cimiteri e l'uso di maschere "sataniche" e analoghi divieti si hanno fino al termine del 1600 senza successo, neppure i protestanti riuscirono a sradicarla e sbarcò in America coi coloni europei.

Per la festa dei morti in Cisalpina era ed è uso intagliare le castagne formando un sorriso e farle caldarroste, lasciando un posto vuoto a tavola per i defunti.

In Romagna, come ricordato anche dal Pascoli, l'11 novembre è l'Istè dij mòrt, l'estate dei morti (addirittura permane proprio il significato gallico di fine estate), ed era il giorno in cui si saldavano i debiti, si pagava l'affitto. Per tutto il periodo si prepara, almeno nel riminese, un dolce tipico, la "pida di mort", la piada dei morti.

Pida di mort

A Sant'Arcangelo di Romagna l'11 novembre si appendono delle corna sull'arco cittadino per la "Fiera dei Becchi", una gioiosa festa che riempie le piazze del centro ogni anno.

In Lombardia e Sicilia è la notte delle lumere, zucche intagliate con una candela al loro interno, esse sono appunto un lumino per i defunti.

In Sardegna troviamo il "Su Mortu Mortu", ossa e pane dei morti nel centro Italia, in Liguria il dolcetto per bambini Ben dei Morti, "l'anime de le morte" in Abruzzo, in Calabria si fa un banchetto vicino alle tombe, come gli etruschi e i romani.

Non solo infatti nell'areale gallico antico si celebrano queste feste dei morti, anche in ambito meridionale e greco vi erano celebrazioni in onore di Plutone e Persefone, custodi misericordiosi dei defunti.

I nonni raccontano che si festivano da fantasmi, con lenzuoli e faccia di cenere, e andavano a sbattere le finestre delle case di notte finché non gli venivano date caldarroste o dolci. Anche il mascherarsi è un antico lascito: i romani (gli italici) durante i Parentalia, le feste dei morti di febbraio, usavano farlo al cimitero e durante il banchetto, per funzioni apotropaiche e catartiche.

Tutto ciò purtroppo è stato perduto col dopoguerra che ha azzerato le menti del popolo italiano sotto la livella del capitalismo asettico, ateo e materialista.

Oggigiorno Samonios sopravvive  nella sbiadita festa di Halloween, che non è affatto una "stupida americanata" come la definisce qualche politico o una festa "aliena alla nostra cultura", come dicono i cristiani e certa gente che magari possiede un telefonino americano, pranza al fast food e pubblica sulle reti sociali le sue baggianate depensanti.

Non festa "oscura", "diabolica" ma auspicio luminoso, affinché torni la stagione della Luce e del benessere.



Gianluca Vannucci




lunedì 12 ottobre 2020

October Equus

Come già detto il mese di Ottobre è sacro a Marte, poiché la stagione agricola e bellica e con essa la parte produttiva dell'anno, veniva a concludersi.

La più importante ricorrenza era l'October Equus (il cavallo di ottobre) che si teneva alle Idi del mese, e consisteva in un particolare rituale nel quale si sacrificava un cavallo al Dio.  




Il rito, descritto da Festo ma non solo, si svolgeva pressappoco nel modo seguente:

dopo una corsa di bighe, il cavallo di destra della vettura vincente veniva consacrato e sacrificato a Marte dal Flamine Marziale presso il Campo Marzio.

Venivano poi separate la testa e la coda dell'animale; a quel punto avveniva un'accesa competizione tra due quartieri romani, quello della Via Sacra e quello della Suburra, che si contendevano la testa. Infatti i vincitori a seconda del quartiere, avrebbero affisso la testa nella Regia o nella Torre Mamilia.

La coda invece, veniva portata più in fretta possibile nella Regia affinché, ancora grondante sangue, esso potesse gocciolare sul fuoco in sacrificio.Su questo passo alcuni hanno ipotizzato che potesse in realtà trattarsi del pene del cavallo, in ogni caso anch'essa simbolo di fertilità per la forma e per gli zampilli ematici.

Verrio Flacco fa sapere di come la testa venisse poi ornata con pani ob frugum eventum.  L'ultimo prodotto del grano annuale insomma, in ringraziamento al raccolto difeso da Mars al confine e alle propizie sorti belliche della stagione conclusa.

Il cavallo è animale bellicoso, molto importante e legato senza ombra di dubbio a Marte infatti non era considerato edibile o atto ad altri particolari usi.

La faida tra le due fazioni rifletteva anche la disputa tra Patrizi e Plebei a livello rituale. 

L'October Equus fu una ricorrenza molto importante e sentita, tant'è che ne è dimostrata la sopravvivenza nel 354 attraverso il Calendario di Filocalo, in cui la festività è annotata.


Tale rito inoltre consta di importanti similitudini, come provato da Dumezil, col rito vedico dell' ashvameda. In India infatti gli ksatriya (la casta guerriera) sacrificavano un cavallo particolarmente abile nella velocità, sempre alla destra del carro vincente.

L'animale veniva lasciato vagare per un anno liberamente, seguito da soldati col compito di difenderlo da altri popoli.

Al termine dell'anno il cavallo veniva sacrificato a Indra in onore del rajan e veniva diviso in tre parti, ognuna simbolo di una qualità propizia per un regnante: l'energia spirituale (la testa), la forza fisica (il corpo), la fertilità e il bestiame (la coda).

Il parallelismo col rajan e l'antico rex romano appare evidente soprattutto se si considera il rischio che entrambi correvano in questo complesso rituale.


Gianluca Vannucci




mercoledì 30 settembre 2020

October

October è un mese molto importante, poiché chiude la stagione produttiva dell'anno, la sua parte ordinata, che inizia in Martius.




Come Marzo infatti è sotto la tutela di Mars, che sta sul confine, e difende la zona ordinata e quanto ottenuto durante l'anno (raccolto, ricchezze, ecc.) dai malanni della stagione caotica e dai nemici astrali e fisici.

Se in marzo si passava dalla tutela di Quirinus a quella di Mars ora è Marte a cedere il passo alla tutela di Quirino, patrono del Popolo romano. Il cittadino romano infatti da miles, tornava ad essere un quirite e a dedicarsi ad attività più congeniali alla stagione fredda, come il commercio e l'artigianato cittadino.

La stagione della guerra e del raccolto insomma giunge al termine.

A inizio mese infatti i Salii, attraverso il Tigillum Sororium purificavano i soldati al ritorno dalle battaglie che si concludeva verso fine mese (il 19) con l'Armilustrum, una purificazione delle armi utilizzate nella stagione bellicosa appena conclusa.


Il giorno 4 poi si espiava, in segno purificatorio a seguito di una carestia, lo Ieiunium Cereris, il digiuno di Cerere, la Dea dei cereali a seguito di una carestia e, con Augusto, divenuto annuale. Non consiste in un vero e proprio digiuno ma, essendo Keres la Dea delle biade, probabilmente consisteva in una rinuncia ai cereali e alle pietanze con ingredienti provenienti dagli stessi, molto simile al Navatri induista.

Il 5 poi veniva aperta la Fossa Mundus.

Il mese proseguiva denso di festività, tra le quali l'11 vi erano i Meditrinalia, ovvero una ricorrenza nel quale il vino appena derivato dalla vendemmia, ancora praticamente mosto, veniva mescolato al vecchio vino e bevuto come medicamento. Il vino è sempre stato considerato un venenium, e come tale sotto la tutela anche di Venus, anch'Essa venerata in questo mese in qualità di Genitrice della Stirpe.

Due giorni dopo i Fontinalia in onore di Fons, nei quali si celebravano le Fonti fluviali, fondamentali alla vita e allo sviluppo delle civiltà.

Alle Idi invece l'October Equus, festa in onore di Marte, nella si immolava il cavallo migliore, cioè quello di destra del carro che era uscito vincitore dai giochi Magni Circenses. Il cavallo veniva bardato con serti di pane e si immolava nel campo di Marte. La coda recisa veniva portata di corsa nella Regia, e se ne faceva stillare il sangue su carboni ardenti; il sangue veniva poi raccolto e conservato dalla Vestale Massima.

Ma ottobre non era importante solo per i Romani, in questo mese infatti cadevano le 3 notti di Samonios galliche. 

La ruota del Karmah decideva le parti e le reincarnazioni e il confine tra i mondi diveniva più labile. In questi giorni i Galli facevano iniziare l'anno, alla fine dell'estate (il termine significa proprio questo), un'eco che sbiadita rimane anche nelle festività oggi profane di Halloween.

Gianluca Vannucci


martedì 22 settembre 2020

Il Mundus

Secondo l'Etrusco ritu, all'atto di fondazione di una città(di un'Urbe, distinta da un Oppidum ad esempio) si scavava un'enorme fossa, chiamata dai romani Mundus Cereris, posta esattamente come Umbilicus Urbis all'incrocio tra Cardo e Decumano.




Romolo scavò questa Fossa circolare e gettò in segno propiziatorio le primizie di stagione e ogni cosa potesse essere utile alla vita e i suoi compagni un pugno di terra dal paese da cui ciascuno di essi proveniva.


Esso è il fondamento della città, che proprio in virtù di Esso può dirsi Urbs, "Orbe" invece che semplice oppidum.

Il Mundus aveva la forma di un utero rovesciato e la volta rispecchiava il cielo, era infatti il Ventre della Dea Keres ed era il collegamento tra il mondo dei vivi e quello dei Manes e ad Essi era consacrato. Il buco sul mondo infero, voragine oscura e fondamento della città.

Pericoloso e catartico, purificante al contempo.

Per questo motivo doveva rimanere chiuso tutto l'anno, con l'eccezione di 3 date: il 24 agosto, il 5 ottobre e l'8 novembre.

In questi giorni "Mundus patet", il Lapis Manalis (la pietra che chiudeva il Mundus) veniva rimosso e la Fossa, l'Ombelicus Cereris, restava quindi aperta, lasciando i Mani, i defunti tutelati da Keres, liberi di vagare nel nostro piano astrale. 

come ci tramanda Festo: "occultae et abditae religioni deorum Manium essent, ueluti in lucem quadam adducerentur et patefierent"   ossia   "i segreti occulti e sepolti della religione degli Dèi Mani verranno portati alla luce e divulgati"

Era pertanto proibita in quelle date ogni attività pubblica, era infausto iniziare una guerra, ritualizzare, emettere verdetti, concepire figli.

Il termine Mundus secondo Varrone deriva da "moveo", muovere e da "munditia", pulizia ma anche, secondo Plinio e Catone figlio analoga alla parola greca "kosmos" che è il mondo ma significa anche Ordine, pulizia appunto, molto simile all'etrusco "Munθ".


Gianluca Vannucci


martedì 1 settembre 2020

September

 Il mese di September, chiamato così in quanto settimo rispetto al primo mese sacro (Martius) come i successivi è privo di nome proprio e rappresenta solo la sua posizione nel calendario.

Infatti fa parte della fase discendente dell'anno, che proprio al termine di settembre entra nella sua fase più oscura.



Nonostante ciò September era comunque un mese molto importante presso i Romani e in generale gli Italici.

Le Kalendae si aprivano con un'offerta a Iuppiter Tonans al fine di spezzare la siccità dei mesi più caldi ma in generale il mese era dedicato, dai Romani, allo Stato.

In questo mese troviamo infatti i Ludi Magni, dedicati a Iuppiter Optimus Maximus, indetti da Tarquinio Prisco e inizialmente della durata di una giornata, poi dal 12 al 14 settembre con la Res Publica. Divennero successivamente i Ludi più importanti dell'antichità, con la durata di ben 11 giorni, dal 4 al 19 settembre.

Le Idi di settembre (il 15° giorno del mese) erano dedicate al culto della Triade Capitolina, che in passato aveva sostituito la Triade arcaica, composta da Iuppiter, Mars e Quirinus.

La Triade arcaica, come sostenuto già da Dumezil metteva in luce tutte le tre funzioni indoeuropee.

Iuppiter per la sovranità regale e magica, Mars per la difesa del territorio e Quirinus (Romolo in Apoteosi) per la pace dei quiriti appunto, i cittadini in armi romani.

Da Essa discenderebbero anche le varie caste (sacerdotale-guerriera-artigiana/contadina) e forse anche il Tricolore sacro alla nostra Saturnia Tellus in quanto possiamo trovare corrispondenza nei colori: il Bianco simboleggia la Sovranità giuridica, tipica di Iuppiter, il Rosso è caro a Mars e la difesa del territorio, il Verde a Quirino, alla pace e prosperità del popolo.

Sotto influenza dei Re etruschi la Triade divenne Capitolina, composta cioè da Iuppiter, Iuno e Minerva ed era ospitata nel Tempio di Giove Ottimo Massimo sul Campidoglio, fatto erigere dai tarquini.


Ricostruzione Tempio di Giove Capitolino

La Triade protettiva dello Stato romano. Sempre presieduto da Iuppiter Optimus Maximus, a tutela dello Ius e garante dello Stato Sacro, da Iuno Regina, genitrice di ogni forma di vita ma anche Regina appunto e protettrice dello Stato; Minerva, patrona di tutte le arti e degli artigiani, classe che diveniva sempre più importante in una società statale ramificata non più tanto arcaica.

Il 23 del mese poi, è anniversario della nascita del Divo Augusto.

Triade Capitolina, Museo archeologico Rodolfo Lanciani di Guidonia di Montecelio.
Al centro Iuppiter, alla Sua sinistra Iuno, alla destra Minerva

Ma Settembre inaugura, sul finire come già detto la fase calante dell'anno e in particolare l'Equinozio era sacro allo "sposalizio" tra Vertumnus e Pomona.

Vertumnus, il Dio che presiede ai mutamenti del Fato e a quelli stagionali, e massima divinità etrusca, come tramandato da Ovidio, avrebbe corteggiato Pomona, la Dea regina delle Hesperidi e custode dei frutti deliziosi ai limiti dell'Occidente, attraverso varie trasformazioni.

Pomona infatti proprio in questo periodo ci consegna i frutti più succosi (dalle mele, all'uva e tutti i frutti autunnali), gli ultimi, in vista del tramonto dell'anno.

Alle funzioni proprie del Suo culto era preposto il Flamen Pomonalis.


Statua di Pomona (I secolo e.v.)


Gianluca Vannucci

giovedì 6 agosto 2020

Diana, agosto e il Rex Nemorensis

Se il giorno delle Kalendae di Sestile era la festa più importante per i Galli (vedere l'articolo: l'Assemblea di Lugos) le Idus di Agosto coincidevano con una ricorrenza altrettanto importante per gli antichi Latini.  


In questo giorno, corrispondente al plenilunio infatti ricorreva una grande festa di Diana, antichissima Dea di origine italica.

Il Suo santuario si trovava presso il Bosco di Nemi, vicino ad Ariccia, la sede della Federazione Latina arcaica.

Statua di Diana a Nemi


Il Sacerdote preposto al culto di Diana era detto Rex Nemorensis, che custodiva una quercia sacra alla Dea all'interno del Tempio, dalla quale era proibito staccarne i rami.
Il Rex Nemorensis infatti doveva sempre difendere la Sua carica in quanto uno schiavo aveva facoltà di romperne un rametto ed immediatamente acquisire il diritto ad un combattimento col Sacerdote al termine del quale, qualora il pretendente alla carica vincesse, "sacrificando" il vecchio Re, veniva investito dell'auctoritas divina per presiedere egli stesso il Santuario boschivo.

Questo anche ricordando il Dio Virbius, (il Dio/Re Quercia, il cui culto è testimoniato anche attraverso la figura di un Flamine Virbialis) raffigurato come un uomo anziano, che come la natura muore e rinasce più forte, così come il Rex Nemorensis, una volta divenuto vecchio doveva soccombere di fronte al nuovo sfidante, giovane e forte, simboleggiando simpateticamente il vigore maschile della natura, presieduta da Diana Nemorensis.


Il valore sacrale del Re di Nemi continuò ad essere riconosciuto per tutta la durata dell'Impero.
Testimonianze della sopravvivenza del rito ci giungono dal fatto che l'Imperatore Caligola, ritenendo che il Sacerdote fosse durato troppo a lungo, assoldò un uomo per affrontarlo. E ancora un viaggiatore greco del II secolo riferisce che il sacerdozio di Diana Nemorensis venisse conferito al termine di un duello.

Il mese di agosto insomma sembra essere legato al concetto di regalità, presso i Galli come abbiamo visto alle Kalendae, poi durante l'epoca imperiale divenne il mese del Divo Augusto e dell'impero ma già era legato al concetto di regalità latina..
Diana infatti sancisce chi ha diritto a divenire Re o rimanere schiavo

IL CULTO DELLA DEA

Diana Nemorensis, antichissima Dea italica identificata con Hekate Trivia.
Anima Mundi, Ianua, "la Porta" e Ianus il Dio degli Dèi e degli inizi.
Dea anche della luce filtrata tra le fronde e soprattutto della Vita, delle nascite, Signora della Luna e protettrice di ogni donna e da esse ampiamente venerata.
In particolare in questi giorni, le donne che desiderassero figli o anche per facilitarne il parto, la loro venuta alla Luce, si recavano in processione con delle torce nel Bosco di Nemi offrendo degli ex-voto alla sorgente sacra alla camena Egeria per poi trovarsi nel folto del bosco, in cerchio attorno al lago quando la luce delle torce e della Luna piena si specchiava in esso.

Moneta con Diana Nemorense, raffigurata triplice


Tutte queste festività e celebrazioni furono inglobate successivamente dal Divo Augusto nelle feriae augusti, il nostro sbiadito Ferragosto (guardacaso festa della Madonna).

Il culto di Diana fu portato a Roma da Servio Tullio, che le dedicò un tempio sull'Aventino, al culto erano ammessi anche gli schiavi.

Come intuibile infatti Diana era molto venerata anche dagli schiavi, essi solo avevano facoltà di partecipare al duello iniziatico e ad essi era permesso venerare la Dea anche in Roma sull'Aventino.
In quanto Signora della vita e della morte infatti le erano legati anche perchè la loro condizione era equivalente alla morte giuridica e in quanto tali chiedevano anche una nuova "vita" come cittadini liberi.

Il culto di Diana fu uno dei più longevi in assoluto e continuò,anche dopo i decreti teodosiani, nelle campagne per tutto il Medio Evo fino all'età moderna.
Numerose sono le fonti che riportano tracce del Suo culto nei campi da parte dei contadini italici e non.
Veniva anche invocata come protettrice dagli oppressi dalla Chiesa e dal clero e si invocava la misteriosa figura di Aradia o Erodiade, sua Figlia (evidente crasi di Hera e Diana).

Gianluca Vannucci

lunedì 20 luglio 2020

L'Assemblea di Lugos



Alle Kalendae del mese di Augustus, identificabile con Aedrinios (secondo il Calendario di Coligny) nella Gallia Cisalpina e in tutte le aree gallo-romane si svolgeva forse la più grande celebrazione gallica dell'anno, festa del raccolto annuale nel mese di picco dell'anno e raduno di tutte le tribù galliche: la grande Assemblea di Lugos.

In questo solenne giorno di festa tutte le tribù galliche erano solite radunarsi per dividere il raccolto in parti stabilite dal Rix, che veniva celebrato in questo momento come all'apice della Sua forza e avatar divino di Lugos, il sommo Dio gallico.

Una volta ristabiliti i patti, fatte le parti del raccolto e giurato fedeltà al Rix, si celebravano le nozze del Dio con la Sua Divina Sposa, Rosmerta. 
Si offriva l'ultimo covone di grano raccolto e si festeggiava mangiando pani, focacce e bevendo birra, prodotti ricavati da questo divino dono.
Si svolgevano gare di eloquenza, di poesia, ludi cavallereschi e in epoca successiva grandi folle si spostavano per parteciparvi nel grande anfiteatro delle Gallie.

Con l'avanzare dell'espansione romana la ricorrenza non perse di valore, anzi acquisì ulteriore importanza.
Il Divo Augusto infatti, identificato come Avatar di Lugos e molto amato dalla popolazione gallica sia cisalpina che transalpina, nella Sua grandiosa opera di riformazione religiosa stabilì in accordo coi rappresentanti sacerdotali gallici l'accorpamento nei collegi sacerdotali romani dei druidi attraverso la figura del Sacerdote di Roma e Augusto presso la confluenza dell'Arar e il Rodano e la costruzione, nel 12 a.e.v. di un Santuario federale delle Gallie.

Annualmente infatti si teneva l'Assemblea di Lugos alla quale partecipavano i rappresentanti di tutte le nazioni delle Gallie in un luogo già sacro ai Galli, come testimoniato dal ritrovamento di un tempio a Lugos risalente al IV secolo a.e.v., ove poi venne fondata la colonia romana di Lugdunum, l'odierna città di Lione, sulla base di un insediamento gallico. Come ci tramanda infatti Plutarco, Lugdunum, capitale delle Gallie sarebbe stata fondata e inaugurata dal druido Momoros e il rix Atepomaros: 

"L'Arar è un corso d'acqua della Gallia celtica, così chiamato fino alla sua riunione con il Rodano (…) Nei pressi di questo fiume si alza un monte chiamato Lougdounon; ha cambiato nome per il seguente motivo: Mômoros e Atepomaros, cacciati dal potere da Seseroneus, si stabilirono su questa collina, obbedendo ad un oracolo, per fondarvi una città. Quando scavavano le fondamenta, d'un colpo apparvero dei corvi, volando d'ogni lato, che riempirono gli alberi. Allora, Mômoros, esperto nei presagi, chiamò questa città Lougdounon. In effetti, nel loro dialetto, il corvo si chiama lougos e una collina dounon come scrive Clitofone nel libro 13 delle fondazioni urbane."

(Plutarco, De fluviis, VI)

L'Assemblea, formata da 64 delegati, scelti dal Senato tra i membri aristocratici di ogni città gallica mantenne la sua funzione politico-religiosa anche in epoca imperiale sostituendo, tramite il Sacerdote di Roma e Augusto, l'Imperatore al Rix identificandolo come Avatar di Lugos e offrendo e rinnovando annualmente la fedeltà delle Gallie a Roma.

IL DIO LUGOS




Lugos è il sommo Dio gallico, una figura Divina molto complessa e ricca di sfaccettature.
Sebbene infatti il Divo Iulio lo avesse identificato con Mercurius, la Sua sfera di azione è molto più ampia, similmente a Dèi del calibro di Wodan per i Germani o Visnu per gli Indù.

Egli infatti è sì il patrono dei viaggiatori e dei commerci nonchè dell'eloquenza, come Mercurius, ma è anche guerriero difensore del raccolto, similmente a Mars e Dio solare, patrono della poesia e delle arti come Apollo.
Spesso infatti lo troviamo raffigurato triplice.


Bassorilievo del Dio Triplice, Museo di Reims


Egli è il Logos, il Soffio vitale cosmico, che si manifesta e procede per Avatar ciclici, e il suo animale il Corvo.

Sua ipostasi è il Dio Lugh della successiva mitologia irlandese medievale.
Lugh nei racconti è rappresentato come nipote di Balor, un fomore, un Entità simile ad un Titano con un occhio solo e mortale che Egli stesso sconfiggerà bandendo l'aridità (sia agricola che spirituale).

Esso è quindi duplice: titanico e divino, ricomprende tutto il Kosmos (inteso come Dharma);
Solare e apollineo e al contempo mercuriale e notturno.

La Sua importanza presso i Galli è nota, moltissime città furono a Lui dedicate, non solo Lugdunum (fortezza di Lug), odierna Lione ma anche Lugo di Romagna, Lugano, Lugo in Spagna e altre ancora.


Sua Divina Sposa è Rosmerta, la Grande Dispensatrice, Colei che tutto elargisce, una Dea dell'abbondanza e dei successi del destino.


Rilievo di Rosmerta a fianco Mercurius, Autun


Il fatto che l'Assemblea di Lugos, solenne celebrazione del Dio oltre che raduno politico, abbia luogo in agosto, mese anche per i Romani sacro a Iuppiter, ad Augusto e all'Impero fa capire molto dell'importanza data a questo Dio.
Questa somma festa del pane, del governo, del popolo sugella la nostra Tradizione Gallo-Italica. Qualora infatti Roma non fosse intervenuta avremmo probabilmente assistito ad un imbarbarimento e successivamente a una scomparsa della Tradizione Gallica, unicamente orale. I Galli infatti divennero di lì a poco i più strenui difensori dell'Impero e della Tradizione, gli "usurpatori" che tentarono di porre fine alle tirannidi costaniane e teodosiane vennero dalle Gallie, e i loro soldati ed epigoni si spinsero fin oltre le sorti dell'Impero occidentale.

La Necessità ha voluto che Essa fosse inglobata, giungendo a nuova linfa nella Tradizione Romana e oggi è parte integrante della nostra identità.


Gianluca Vannucci









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