Damaso è una figura poco conosciuta, assai in ombra ad esempio rispetto ad Ambrogio, l'eminenza grigia dietro al golpe teodosiano di cui ho trattato nell'articolo-inchiesta: Ambrogio: l'eminenza grigia dietro il golpe che trasformò l'Impero Romano eppure non è affatto un personaggio di secondaria importanza, anzi è la seconda colonna, dopo appunto il vescovo di Milano, di questa macchinazione ai danni dell'Impero, di Roma e dei Gentili tutti.
Tanto per cominciare Damaso fu il primo papa per come intendiamo oggi questa figura, infatti una volta che l'imperatore Graziano rinunciò, sotto consiglio di Damaso e Ambrogio al pontificato massimo la carica divenne vacante e di fatto la figura religiosa più importante dell'epoca divenne proprio il vescovo di Roma, fino ad allora non così predominante neppure nell'alveo della cristianità.
Cominciando con l'analisi di questo papa, venerato come santo dalla Chiesa cattolica l'11 dicembre, iniziamo col dire che di Damaso si sa ben poco prima della sua elezione a vescovo romano.
Dovrebbe essere nato a Roma nel 305, fatto sta che nella feroce lotta per il potere, che già allora caratterizzava la chiesa e il clero (alla faccia della purezza primigenea che spesso si sente nominare) Damaso emerse sostenuto come "candidato" al soglio papale da una fazione cristiana romana contrapposta ad un'altra che sosteneva invece Ursino.
Nel 366 avvennero così tremendi tumulti nell'Urbe, scatenati da queste fameliche fazioni che come ci racconta lo storico Ammiano Marcellino crearono una vera e propria guerriglia in città, si legge infatti:
«L'ardore di Damaso e Ursino per occupare la sede vescovile superava qualsiasi ambizione umana. Finirono per affrontarsi come due partiti politici, arrivando allo scontro armato, con morti e feriti; il prefetto, non essendo in grado di impedire i disordini, preferì non intervenire. Ebbe la meglio Damaso, dopo molti scontri; nella basilica di Sicinino, dove i cristiani erano riuniti, si contarono 137 morti e dovette passare molto tempo prima che si calmassero gli animi. Non c'è da stupirsi, se si considera lo splendore della città di Roma, che un premio tanto ambito accendesse l'ambizione di uomini maliziosi, determinando lotte feroci e ostinate. Infatti, una volta raggiunto quel posto, si gode in santa pace una fortuna garantita dalle donazioni delle matrone, si va in giro su di un cocchio elegantemente vestiti e si partecipa a banchetti con un lusso superiore a quello imperiale.»
(Res Gestae, XXVII, 12-14)
Insomma Damaso si configurò da subito come un uomo molto materialista e senza scrupoli, considerato tale sia dalla componente Gentile romana che da quella cristiana perfino, avendo Damaso corrotto il praefectus urbi Vivenzio quest'ultimo fece esiliare Ursino da Roma. Nell'episodio sopra citato da Ammiano inoltre i due contendenti procurarono durante un tumulto nella basilica liberiana ben 137 morti, uccisi cristianamente da chi non aveva pietà nemmeno per gli stessi correligionari, alla faccia dei buoni sentimenti e della pietà cristiana.
Nella Collectio Avellana si cita un altro sanguinoso episodio: i sostenitori di Ursino si erano rifugiati nella basilica liberiana, ma lì furono assaliti dai seguaci di Damaso il 26 ottobre, e alla fine degli scontri si contarono 160 morti e molti feriti.
Nel 367 entrò in carica in qualità di praefectus urbi l'illustrissimo Vettio Agorio Pretestato, uomo di virtù umanamente quasi irranggiungibili, Pontefice e iniziato ai Misteri. Ursino allora si appellò all'Imperatore Valentiniano affinché potesse tornare a Roma, dato che fu esiliato dal precedente prefetto, corrotto da Damaso. Il ritorno fu concesso ma appena Ursino tornò il 15 settembre del 367 scoppiarono nuovi tumulti tra le due fazioni.
Qui Pretestato decise alora di intervenire schierandosi con Damaso per il bene dell'Urbe e fece nuovamente bandire Ursino e i suoi seguaci da Roma. Ma gli ursiniani, radunatisi fuori dalle mura vennero ferocemente ataccati dai seguaci di Damaso.
Gli scontri continuarono con diversi capi d'accusa sia da parte di Damaso contro Ursino che viceversa. Damaso come già detto era visto come un uomo dissoluto, ben lontano dalla santità. Era quasi sempre attorniato da donne e matrone facoltose e dal lusso più sfrenato, tanto sembra da far impallidire la corte imperiale.
Fu quindi spesso accusato di gravi crimini tra i quali l'adulterio e l'adescamento soprattutto ai fini di estorcere da vedove cospicue eredità a beneficio del clero e della chiesa.
Venne infatti colpito da un editto di Valentiniano (il quale garantiva massima tolleranza religiosa) che vietava ad ecclesiastici e monaci di perseguire vedove ed orfani al fine di ottenere da loro donazioni e lasciti.
Il giro di boa per Damaso avvenne, come per Ambrogio, con la morte di Valentiniano e l'ascesa alla porpora di Graziano, un giovane succube del proprio precettore cioè lo stesso Ambrogio.
Nel 378 fu mossa infatti un'ennesima accusa a Damaso di adulterio che, durante un processo farsa fu scagionato (ovviamente) prima da Graziano stesso e in seguito da 44 vescovi (leggermente parziale come processo!) che scomunicarono gli accusatori di Damaso.
Con Graziano dalla sua parte Damaso trovò sponda sicura anche presso il vescovo di Milano grazie al quale riuscirono ad imbastire una strategia.
Inanzitutto Graziano fu indotto ad abdicare la carica di Pontifex Maximus, carica essenziale per il culto pubblico statale fino ad allora detenuta da ogni imperatore e garante di ogni culto lecito e della Pax Deorum Hominumque. Quindi Graziano, ormai imperatore profano, sempre spinto da Ambrogio provvedette a confiscare le proprietà terriere dei templi e proibì i lasciti testamentari di beni ai sacerdoti di culti pagani e alle Vestali, sospendendo i contributi dello Stato per il culto Gentile.
Nel 380 venne emanato da Graziano e Teodosio con approvazione e incoraggiamento univoco di Ambrogio e Damaso, l'editto di Tessalonica che stabiliva come religione di stato il cristianesimo cattolico niceno, quindi nel 382 sotto ordine di Ambrogio Graziano fece rimuovere l'altare della Vittoria dal Senato (Damaso sostenne Graziano e i cristiani attivamente nella rimozione) e nello stesso anno soppresse i collegi sacerdotali pagani, anche i più antichi e venerati come quello delle Vestali. Vettio Agorio Pretestato ne morì di crepacuore nel 384, mentre i Senatori finanziando di tasca propria permisero la continuazione dei culti e le attività dei templi fino ai decreti tedosiani del 391.
Damaso, una volta che Ambrogio sollecitava Graziano e Teodosio e dato il suo contributo potè quindi dedicarsi anch'esso all'opera di cristianizzazione di Roma e del Suo Impero.
Inanzitutto grazie anche al sostegno di Ambrogio, che coniò il detto "dov'è Pietro là è la chiesa" il sinodo di Antiochia del 378 stabilì la legittimità di un vescovo solo se riconosciuto tale da quello di Roma. In questo modo il vescovo di Roma divenne appunto "il papa" come lo intendiamo, con facoltà di deporre vescovi a lui non confacenti.
Damaso fu il primo vescovo di Roma ad invocare il primato della Sede Apostolica. Da Damaso in poi, infatti, si nota un marcato aumento del volume e dell'importanza delle pretese di autorità e di primato da parte dei vescovi romani.
Con questo prestigio ottenuto inutile dirlo, aumentò a dismisura lo sfarzo del vescovato romano, furono infatti ritrovate diverse coppe dorate con inciso "DAMAS".
"orientali portano doni a Papa Damaso" Fontana Luigi |
Fu lui poi a definire un canone biblico, fu infatti lui il primo papa a decidere i libri annoverati nel canone e considerati veri e per questo fine convocò Girolamo, che revisionò le vecchie fonti bibliche e stabilì la traduzione corretta (anche qui chiedersi quale traduzione fu fatta e quali libri furono esclusi). Il canone venne ultimato e deciso nel 382 al Concilio di Roma ed è quello osservato ancora oggi dalla Chiesa cattolica.
Come Ambrogio e Agostino fu poi casualmente grandissimo scopritore di presunti martiri:
Andava in sostanza in giro per catacombe alla ricerca di nomi e quando trovava un nominativo o un semplice augurio inciso in una lapide lo riteneva un martire e dilettandosi nella poesia, componeva degli epigrammi che faceva incidere su placche dorate affisse nelle tombe, scriveva anche delle passioni, ideate probabilmente al momento o sulla base di intuizioni e bias personali, di questi presunti martiri che furono poi materiale durante il Medio Evo per adorazioni posticce e invenzioni di culti.
Ma non era semplice creduloneria o mecenatismo, come scrivono le fonti storiografiche. Tutto ciò malcelava l'intento di una cristianizzazione, a costo di invenzioni e menzogne, dell'Impero. Il caso più eclatante fu quello dell'invenzione del culto di san Cesario, della quale vicenda ho già trattato in questo articolo che invito a leggere per una maggior comprensione: Cesario, il santo creato per sostituire il culto imperiale. Alla morte di Valentiniano, Damaso fece traslare le spoglie di questo Cesario martire sul Palatino, luogo inviolabile fino a quel momento, e creò un elaborato culto ponendo la venerazione di questo santo il giorno del Natale di Roma il 21 aprile al fine di cristianizzare il culto imperiale dei Cesari.
Furono in questo modo inventati numerosi culti di martiri proprio in questo periodo da Damaso, Ambrogio, Agostino e Paolino da Nola. Eresse poi varie chiese dedicate a questi martiri, scrivendo di suo pugno le passioni e le agiografie in epigrammi.
Dall'indole poi non proprio modesta, come più volte detto, fece erigere per sè stesso e i suoi familiari una chiesa tra le catacombe di Callisto e Domitilla e addirittura compose per sè un epitaffio, che fa capire la megalomania di quest'uomo e soprattutto lascia intendere del perchè fosse così fanaticamente cristiano:
«Colui che camminando andava / sulle salate acque marine, che ai semi / morenti della terra dona la vita, / che seppe sciogliere i letali legami / dopo il buio della morte, che poté / resuscitare a Marta suo fratello, / a tre giorni dalla morte, credo / che farà risorgere Damaso una volta morto.»
l'autoepitaffio di Damaso |
Insomma l'unica speranza e disperazione di Damaso era quella: essere resuscitato da Cristo una volta morto in modo da poter gozzovigliare tra gli agi e le donne nuovamente. L'epitaffio fu effettivamente apposto sul suo sepolcro l'11 dicembre del 384, giorno della sua dipartita.
Abbiamo quindi eviscerato anche la seconda figura chiave del golpe teodosiano, papa Damaso, certo meno conosciuto rispetto ad Ambrogio ma non meno importante in negativo. Lungi dall'essere un fine teologo o chissà quale pensatore ebbe fiuto per gli affari e pragmaticamente attuò un processo al fine di esautorare l'autorità imperiale e la cultura Gentile romana in modo da accrescere il potere spirituale e temporale papale, soprattutto pensando all'importanza che accrebbe il Vaticano successivamente, e che tuttora detiene.
Gianluca Vannucci
Nessun commento:
Posta un commento