sabato 24 settembre 2022

L'ascesa di Sigismondo Pandolfo Malatesta

 


Calunniato nei secoli da storici ecclesiastici e dalla macchina propagandistica di Pio II, Sigismondo Pandolfo Malatesta nato il 19 giugno 1417 fu un abile condottiero, illustre generale, governatore e soprattutto colto mecenate.

Lo zio Carlo I Malatesta, senza figli, affidò a Lui la signoria di Rimini e Fano che  assunse nel 1432, appena 15enne. 

Sposò subito Ginevra D'Este, legandosi alla dinastia ferrarese e nello stesso anno l'Imperatore Sigismondo lo investì ufficialmente come cavaliere del Sacro Romano Impero. Appena due anni dopo inoltre papa Eugenio IV lo arruolò capitano generale della Chiesa.

Già nel 1437 commissionò la sua prima grande opera: Castel Sismondo, la rocca che domina Rimini dall'allora piazza del mercato, un sito strategico a fianco della cattedrale (e al tempo sede vescovile) di Santa Colomba e dietro la piazza del Comune.


A titolo di Cavaliere dell'Impero e Capitano generale della Chiesa partecipò al Concilio di Ferrara del 1438 e di Firenze indetto per tentare di unificare le chiese d'oriente e occidente, ove alla corte estense e a quella dei Medici poi conobbe la delegazione bizantina e, ascoltando i discorsi del filosofo gentile neoplatonico Giorgio Gemisto Pletone ne rimase colpito e divenutone discepolo si avvicinò alla Tradizione Gentile, approfondendo anche la filosofia Neoplatonica.


Frequentando le corti ferrarese e fiorentina Sigismondo entrò in contatto, oltre che con la famiglia Estense, a cui era già legato, anche con quella Medicea e con alcuni dei più importanti letterati e artisti dell'epoca, alcuni dei quali si trasferirono alla sua corte a Rimini.

Ben presto la città divenne un polo rinascimentale secondo solo a Firenze grazie anche all'apporto del poeta Basinio da Parma autore del poema Hesperis, e lo storico Roberto Valturio autore del De Re Militari dedicato proprio a Sigismondo Pandolfo, lodato come l'ultimo Imperator.

Anch'essi erano seguaci di Gemisto Pletone, creando nella città che fu porta d'Italia forse la più grande corte umanistico-filosofica nonché gentile dopo quella Medicea.


Tralasciando i pur gloriosi e importanti successi militari del Sigismondo contro lo storico nemico Federico da Montefeltro e un altro matrimonio combinato con Polissena Sforza nel 1442, il suo più importante legame affettivo fu con Isotta degli Atti che conobbe quasi da ragazzina. La loro relazione divenne pubblica solo nel 1449 anche se ebbero un figlio morto poco dopo nel 1447 poiché morì la allora moglie di Pandolfo, Polissena Sforza. [continua...]


Gianluca Vannucci

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