Secondo la Tradizione inizialmente erano i 12 figli del pastore Faustolo, che si prese cura di Romolo e Remo, da qui l'appellativo di fratres.
I Fratres Arvales erano dediti al culto dell'arcaica Dea Dia e di Marmar (nome arcaico di Marte) e a loro era affidata la protezione dei campi coltivati.
Si auto definivano figli della madre terra, del resto anche Arvales deriva da "arvum", terreno coltivato e vivevano nel tempio della Dea Dia vicino al lucus a Lei consacrato, circa nell'attuale quartiere Magliana.
Erano tutti vestiti di bianco in quanto la teologia degli Arvali e il loro compito, riguardano la fecondità della terra e la difesa del territorio
Erano tutti vestiti di bianco in quanto la teologia degli Arvali e il loro compito, riguardano la fecondità della terra e la difesa del territorio
Nel mese di Maggio celebravano la cerimonia Ambarvalia, dove si invocava la Dia affinchè fosse propizia per la fertilità, ma anche Marte e i Lares affinchè difendessero i confini degli arva.
Danzando al ritmo di 3/4 tripodiato e pronunciando una formula (il Carmen Arvalum) in antichissimi versi saturnii percorrevano il perimetro di tutte le terre coltivate della città, rendendole immuni da nemici ed entità malevole.
Erano anche custodi, nelle olle dentro all'aedes, delle sementi fondamentali per l'Urbe in caso di semina o bisogni eccezionali.
Il sodalizio nella tarda repubblica perse sempre più importanza fino a che fu rinnovato da Ottaviano Augusto, che ne prese parte portando il numero degli Arvali a 13.
Da allora gli Arvali iniziarono a compiere anche sacrifici per la salute dell'Imperatore.
Cessò purtroppo di esistere a causa degli editti teodosiani, che vietavano ogni religione all'infuori di quella cristiana, di Teodosio prima e Onorio poi intorno al 400 e.v.
Gianluca Vannucci
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